Sabato 14 febbraio, presso la Sala dell’Università di Palazzo Nervegna a Brindisi, si è tenuto un incontro aperto riguardante il Regolamento per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani, approvato dal Comune di Brindisi lo scorso dicembre. L’incontro organizzato dall’associazione SEI, dal Forum del Terzo Settore e dal Csv Poiesis Brindisi è stato un primo momento di confronto volto ad illustrare le potenzialità di tale strumento. Al momento sono 25 i Comuni che lo hanno adottato e 55 quelli che hanno avviato l’iter per l’approvazione. Il Regolamento è stato ideato e realizzato da (Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà) in collaborazione con il Comune di Bologna, prima amministrazione in Italia ad averlo approvato il 21 Febbraio del 2014.
Il nostro ordinamento è costituito da un set di norme che si fondano su un paradigma bipolare che ha sempre presupposto l’esistenza su diversi piani di chi amministra e di chi è governato. Ciò ha sotteso un sistema che ha definito i cittadini come meri utenti passivi di politiche pubbliche. Il Regolamento approvato a Brindisi rovescia questo paradigma: pone le basi per trasformare i cittadini-utenti in soggetti attivi promotori del cambiamento e conferisce ai singoli e agli associati un potere d’intervento pari a quello delle amministrazioni.
Il Regolamento per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani è ispirato al principio di sussidiarietà (art. 118 comma 4) e rappresenta una vera e propria innovazione nel regolare il rapporto tra cittadini, associazioni, cooperative e più in generale il mondo del terzo settore con l’Amministrazione Comunale. Il Regolamento presentato sabato a Brindisi va oltre il principio di sussidiarietà e la sua problematica applicazione. Esso chiama le persone al dovere di responsabilità nelle comunità in cui vivono, in un momento storico caratterizzato dall’erosione dei diritti e da risorse sempre decrescenti. Apre un ventaglio di possibilità enorme e un terreno di sperimentazione e di ricerca i cui risultati si valuteranno tra anni. Avvia un percorso in virtù del quale i cittadini stessi divengono amministratori dei beni comuni senza incorrere in sanzioni di alcun tipo. In passato non era del tutto scontato poter esercitare una funzione pubblica: ad esempio, la pulizia di una piazza o di una spiaggia a titolo volontario era passibile di sanzione amministrativa.
Il Regolamento di Brindisi si compone di una quarantina di articoli e poggia su alcuni princìpi fondamentali: fiducia reciproca tra amministrazione e cittadini; massima inclusività e soglia d’accesso bassissima in modo da praticare realmente esperienze di scambio e confronto superando i propri orticelli d’interesse; informalità e flessibilità nella partecipazione al fine di evitare che i formalismi della burocrazia amministrativa possano rallentare i processi di cura e rigenerazione dei beni comuni.
Nella pratica il Regolamento si traduce in tre fasi.
- Proposta di cura dei beni comuni nel proprio territorio
- Coprogettazione sulla proposta tra amministrazione e cittadini
- Patto di collaborazione e attività concreta
Una volta individuato il bene comune e definito l’obiettivo da raggiungere è fondamentale la trasparenza. Tramite piattaforma web è possibile rintracciare i patti di collaborazione sottoscritti tra cittadini, associazioni, cooperative e mondo del terzo settore con l’Amministrazione Comunale; inoltre si possono verificare gli obiettivi raggiunti e le risorse impiegate affinché il patto di collaborazione vada nella giusta direzione.
I confini della portata innovativa di questo regolamento sono infiniti, ma è necessario che si pongano le giuste premesse. Da un lato l’effervescenza sociale e culturale attorno alla tematica dei beni comuni può essere ancor più stimolata da un regolamento di questo tipo; dall’altro lato è fondamentale che le istituzioni attuino realmente un’opera di smontaggio della macchina amministrativa con azioni semplici liberandosi di residui borbonici e di steccati burocratici. Il punto di maggior criticità è dato dalla realizzazione di un apposito ufficio di intermediazione dei patti di collaborazione a causa di risorse economiche limitate e di una situazione di sotto organico. Tuttavia potrebbe rappresentare una soluzione efficace la creazione di un ufficio intercomunale che darebbe più forza ai processi che il Regolamento promuove, grazie ad un rafforzamento delle reti sociali nei vari territori. In Puglia Brindisi è stata la prima città ad approvare il Regolamento. A Ostuni e Bari è in via di approvazione, mentre a Carovigno e Ceglie si sta avviando l’iter per giungere a questa conquista normativa. L’art. 14 del Regolamento fa cenno ai beni privati come ad esempio gli immobili abbandonati e in disuso. Questa categoria di beni, oltre a comportare costi per le amministrazioni o i privati, può divenire una preziosa risorsa in grado di ridisegnare socialmente e culturalmente i nostri territori e il tipo di città che vogliamo. Proviamo a immaginare sulla scorta dell’esempio brindisino gli effetti che avrebbe un Regolamento di questo tipo a Taranto, una città soggetta ai fenomeni di abbandono e spopolamento, una città in cui l’accesso ai bandi pubblici appare sempre più una beffa che un diritto a partecipare e costruire alternative possibili. Il Comune di Taranto come giustificherebbe la non adozione di uno strumento così innovativo? Preferirebbe continuare ad aggravare i propri bilanci con costi inutili derivanti da immobili in disuso e non avere lungimiranza politica o tenterebbe l’ultima carta per ripulirsi l’immagine dopo anni di clamorosi fallimenti nella gestione e tutela dei beni comuni? La funzione di pedagogia sociale insita nella protezione dei beni comuni andrebbe sempre più sostenuta e incentivata poiché muove le leve della sussidiarietà e della cooperazione solidaristica tracciando l’orizzonte per un innovativo concetto di benessere sociale, all’interno di un processo faticosamente costruito dal basso, dentro e oltre la crisi.