Ieri 26 Gennaio, nel cuore della Città Vecchia, si è tenuto un incontro molto stimolante indetto dalla Scuola di Bollenti Spiriti. Il tema ha riguardato gli spazi e le modalità con cui “abitare l’abbandono” attraverso “pratiche di recupero e riutilizzo di luoghi dismessi”, come indicato dal titolo dell’iniziativa. Si tratta di un filone di ricerca dall’elevata rilevanza politica e culturale, che abbraccia un’idea di città complessa e articolata, nonché il diritto alla città volto a rendere le aree urbane conformi ai nostri desideri più profondi esercitando un potere collettivo sul processo di urbanizzazione. Il tema è stato affrontato con Werther Albertazzi, di Planimetrie Culturali (Bologna), e Isabella Inti, di Tempo Riuso (Milano).
Mentre le politiche europee e il Governo Renzi cercano disperatamente di elaborare soluzioni per affrontare una crisi senza precedenti storici, in Italia esistono esempi virtuosi che, partendo dalla critica dell’esistente, risultano essere depositari di immaginazione e buone pratiche, ipotizzando sistemi e circuiti sociali in grado di uscire da logiche corporative e ponendo così le basi per una società migliore.
Albertazzi, presidente dell’associazione, dopo 10 anni di occupazioni sul territorio, concorre alla nascita di Planimetrie Culturali nel 2004. Essa mira al recupero di spazi industriali abbandonati al fine di convertirli in catalizzatori culturali e sociali. Albertazzi introduce l’esperienza di Senza Filtro, sesto progetto dell’associazione. Si tratta di una ex fabbrica di proprietà privata che versava in uno stato di totale degrado. È stata bonificata strappandola dalla blacklist della città. Il processo ha visto l’interrelazione tra tre attori: l’amministrazione comunale, la proprietà privata e l’associazione referente (Planimetrie Culturali). Bonifica, messa in sicurezza, ristrutturazione e ripristino dei servizi hanno consentito la restituzione del luogo alla comunità. È stato ottenuto il comodato d’uso gratuito in cambio dello svolgimento di attività socio-culturali. In totale si contano 12000 mq divisi in 27 aree che ospitano un sottobosco in fermento di 22 associazioni che, sommate a quelle satellite, giungono ad un totale di 76 associazioni che hanno svolto la propria attività ricreativa e mutualistica per un anno. Planimetrie Culturali è un’ASP (associazione di promozione sociale) nata da un collettivo di cittadini che si autofinanziano e che hanno a cuore la riappropriazione dei luoghi abbandonati, del territorio e della città per essere protagonisti del presente. Riappropriarsi delle aree verdi abbandonate e delle tante strutture fatiscenti equivale a dar loro una seconda vita e un’altra possibilità. Questa esperienza rappresenta il capovolgimento di un paradigma: la co-creazione di un tipo di città che vogliamo in cui ripensare le relazioni sociali, il rapporto con l’ambiente circostante e con le risorse disponibili. Il diritto alla città, che vede un potente intreccio fra urbanizzazione, produzione e uso delle eccedenze di capitale, diviene nella pratica un’opportunità per concretizzare altre strade percorribili, nonché uno degli obiettivi principali delle lotte politiche contemporanee. Il percorso dell’esempio bolognese ha un impatto importante in altri contesti. Oltre al Regolamento per l’affidamento dei beni comuni (anche in Puglia: approvato a Brindisi e in esame a Bari) Planimetrie Culturali mette in luce il problema della mancanza di una legislatura mirata al riuso temporaneo di immobili in disuso da destinare ad attività di aggregazione sociale, culturale ed artistica. Nel giugno 2015 l’associazione, con un vademecum delle proprie attività svolte, cercherà di spingere per una proposta di legge che possa garantire l’utilizzo dei luoghi abbandonati per lavorarci e svolgere le proprie attività a costo zero per un periodo temporaneo di 3 anni, come modello supplementare alle startup.
Isabella Inti, attivista di Tempo Riuso (Milano) e ricercatrice, ha posto l’analisi sul tema dello spopolamento e dell’incompiuto. Vi è un abbandono del circa il 50% del patrimonio immobiliare e su 4395 comuni in Italia 1 su 5 soffre di spopolamento. Per quanto concerne l’incompiuto una delle regioni maggiormente esposte è la Sicilia. Un’eccessiva cementificazione e costruzione selvaggia hanno condotto ad un consumo di suolo inutile e dannoso. Lo Sblocca Italia recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche ecc”, contribuisce ad alimentare questa situazione di divoramento delle risorse disponibili creando un’ eccedenza. L’esperienza di Tempo Riuso prova ad invertire la rotta attivando processi di riuso temporaneo di spazi abbandonati e sottoutilizzati convogliando il lavoro svolto nella direzione di una battaglia dalla valenza giuridica. Il fine è approdare ad un insieme di norme approvate da Amministrazioni intelligenti (non è il caso di Taranto!). Realtà come l’Olanda, la Germania e anche l’Italia (il caso di Bologna sul regolamento dei beni comuni è tra i primi nel nostro Paese) riconoscono il riuso temporaneo di luoghi abbandonati. In maniera complementare al Welfare pubblico (in Italia totalmente smantellato) si tende a riconoscere quelle realtà che hanno contribuito a innovare e migliorare la qualità della vita e che, mosse dal loro diritto alla città come resistenza e autoaffermazione, sono state in grado di attuare un welfare locale solidale come base di una nuova socialità. Isabella Inti ha illustrato le esperienze di Tempo Riuso a Sesto San Giovanni e a Milano, nella zona dell’ex mercato delle carni, area dove avrebbe dovuto svolgersi EXPO 2015. Qui con il centro sociale Macao si è svolta la battaglia per riaprire le aree pubbliche. I risultati sono stati eccezionali: concessione gratis degli spazi, manutenzione straordinaria non a carico di intermediario (tempo Riuso) e degli usufruttuari. Il fine è stato attivare assi di finanziamento pubblico sul riuso temporaneo destinato ad associazioni e società civile per scopi artistici, culturali e di volontariato. Alla base c’è l’idea di un vero e proprio processo INCREMENTALE: all’aumentare degli spazi deve corrispondere un aumento delle comunità di cura (coloro interessati all’utilizzo dei luoghi dismessi).
L’iniziativa ha avuto un indubbio valore culturale. Ha offerto input preziosi e aumentato la voglia di continuare a combattere per una Taranto più consapevole delle proprie risorse grazie alla condivisione di strumenti ed esperienze. Tra il pubblico era presente l’assessore comunale Francesco Cosa, con cui si è acceso un dibattito inerente alla tematica degli spazi in città. È noto il patrimonio in disuso del Comune, i cui costi ricadono da anni sulla collettività. Inoltre incalcolabili i costi sociali derivanti dal progressivo deterioramento dei ricettori celebrali dopo il confronto con le risposte dell’assessore. Apparentemente disponibile all’ascolto attivo e al dialogo, Cosa ha previsto la possibilità di poter dotare l’Amministrazione Comunale di un regolamento simile a quello di Bologna. Tuttavia le vicissitudini dell’ex scuola Martellotta (destinata agli uffici del Comune per una logica di abbattimento dei fitti passivi, e non più a realtà sociali come il Cloro Rosso in grado di animare l’humus culturale di una città degradata), le avventure di Officine Tarantine, con lo sgombero e i finti tavoli tecnici del Comune, e la triste vicenda del cantiere Maggese, non ci lasciano ben sperare. L’ assessore in merito al decantato rispetto della legalità ha fatto un infelice passaggio sulla vicenda della multa ai ragazzi di Ammazza che Piazza, giustificando tale provvedimento dietro il necessario rispetto di norme e regole. Ma la politica non è terreno arido e grigio. Essa è passione, conoscenza tacita e non, potere trasformativo, capacità immaginifica e volontà. Quasi esilarante è stata la risposta in merito alla gestione del Cantiere Maggese: “Il Maggese rappresenta il fallimento del mondo dell’associazionismo tarantino” ha ribadito Cosa. Partendo dall’assunto che non tutte le realtà associative hanno lo stesso modus operandi di Carisma, ci chiediamo come intervenire a seguito di questo fallimento? L’assessore Cosa, o chi per lui, avrebbe potuto alla terza sanzione revocare l’assegnazione dello spazio, ma ha ben pensato di prorogare questa concessione penalizzando chi ha realmente intenzione di rendere quel luogo un contenitore di attività ad alto valore sociale per il territorio. Il successo dell’operazione Costa Concordia incoraggia le operazioni di smantellamento delle tante strutture fatiscenti anche a Taranto. Il progetto per il Comune è di concatenarlo su pattini saponati e farlo slittare lentamente, fino al nostro porto, dove con un’operazione mai tentata prima e ripresa televisiva, sarà finalmente affondato!
Concludendo, gli esempi virtuosi esplicati in altre realtà (come abbiamo visto Bologna e Milano) costringono a ripensare modalità di gestione dei luoghi e dispositivi di ingegneria sociale in grado di tramutare l’oblio e la crisi in opportunità. Inoltre, questa attuale fase storica e sociale richiede un impegno ancor prima che politico squisitamente culturale. I cari e vecchi ammortizzatori sociali, iniqui, asimmetrici e carenti non bastano più: sia per le scarse risorse economiche, sia per il lavoro precario, sommerso, a tempo, invisibile e quindi maledettamente non garantito. L’opportunità politica della crisi è data da una campagna per la redistribuzione del reddito e forme di welfare e di protezione sociale che partano dall’attivazione e dalla valorizzazione delle reti sociali nei vari territori, dentro e oltre la crisi.