“La democrazia non è solamente la possibilità ed il diritto di esprimere la propria opinione,
ma è anche la garanzia che tale opinione venga presa in considerazione da parte del potere,
la possibilità per ciascuno di avere una parte reale nelle decisioni”. (A. Dubček)
Domenica 28 Settembre i 516 consiglieri comunali, i sindaci, gli ex consiglieri provinciali e l’ex presidente della Provincia di Taranto eleggeranno il nuovo Presidente e il nuovo Consiglio provinciale, composto da 12 membri (più lo stesso presidente). Questo organo governerà un ente svuotato di poteri dalla riforma Del Rio (legge n. 56 del 7 Aprile 2014). Le province quindi non spariscono, come aveva annunciato il governo Renzi; piuttosto si trasformano in enti “di area vasta”, con funzioni fortemente ridimensionate. Contestualmente, i loro organi di governo cessano di essere eletti direttamente dai cittadini (Presidente e Consiglio saranno affiancati da un’assemblea dei sindaci dei comuni jonici). Nell’elezione del Presidente e del Consiglio però i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia non avranno voti uguali. C’è infatti un complicato calcolo che porterà alla ponderazione del voto a seconda della fascia di popolazione in cui sono divisi i comuni: in estrema sintesi, il voto di un consigliere di un Comune più grande varrà molto di più di quello di un Comune più piccolo.
Possono essere eletti alla carica di Presidente della Provincia i sindaci il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data di svolgimento delle elezioni, nonché i consiglieri provinciali uscenti. Sono eleggibili alla carica di consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali dei Comuni compresi nel territorio della provincia di Taranto e i consiglieri provinciali uscenti. Il Presidente della Provincia, comunque, non avrà diritto a un ulteriore stipendio, ma percepirà sempre la stessa indennità prevista per la carica di sindaco; lo stesso vale per i consiglieri. Questi enti, se pur svuotati delle loro precedenti funzioni, continueranno ad avere competenza su pianificazione territoriale, tutela e valorizzazione dell’ambiente, servizi di trasporto in ambito provinciale, costruzione e gestione delle strade provinciali, programmazione della rete scolastica. Inoltre, le regioni e gli stessi comuni potrebbero passare alle nuove province ulteriori funzioni.
L’8 Settembre sono state presentate le candidature per la presidenza e le liste a loro sostegno. A sfidarsi saranno il Sindaco di Laterza, Gianfranco Lopane, sostenuto dal Partito Democratico e dagli altri partiti del centrosinistra (Sinistra Ecologia e Libertà compresa), e il Sindaco di Massafra, Martino Tamburrano, sostenuto dal centrodestra ed indicato inizialmente quale candidato unico dalla stessa direzione provinciale del PD tarantino, in virtù delle “larghe intese” con Forza Italia. In realtà però le cose sono più complesse di quanto appaia: i due Michele – Pelillo e Mazzarano -, che di fatto controllano il PD jonico, pare non abbiano digerito l’indicazione della direzione regionale del partito (“no alle larghe intese”), e il responso di domenica prossima potrebbe riservare qualche sorpresa…
La tanto esaltata riforma della pubblica amministrazione si rivela in realtà un enorme bluff, che smaschera il Governo Renzi e questa classe politica, il cui solo obiettivo sembra consistere nell’occupare posizioni ed ottenere compensi. Se pur non retribuiti, infatti, il Presidente ed i consiglieri potranno comunque godere di rimborsi spese, oneri previdenziali e contributi di rappresentanza. Le principali vittime della “riforma Del Rio” sono invece i cittadini, colpiti nel loro diritto costituzionale di eleggere democraticamente i propri rappresentanti, e quindi di controllare l’operato dell’Ente.
La gravità della cancellazione del diritto universale all’elettorato attivo e passivo sta nel fatto che decisioni cruciali per il futuro del territorio (basti pensare all’annosa questione delle discariche!) saranno prese da “rappresentanti” non legittimati da alcun voto popolare. I consiglieri comunali, eletti per occuparsi dell’amministrazione dei rispettivi comuni, si trovano così nelle mani un potere molto più ampio, che possono esercitare senza alcuna considerazione degli elettori. A giovarsi di tutto ciò sono soprattutto i partiti più grandi (PD e Forza Italia), che contano il maggior numero di consiglieri e quindi possono condizionare in maniera decisiva l’elezione di Presidente e Consiglio, e di conseguenza le politiche dell’ente. Oltre tutto, la norma (introdotta dal decreto Del Rio) per cui il bilancio provinciale dovrà essere approvato dal Consiglio con una maggioranza dei 2/3 di fatto istituzionalizza le “larghe intese” (con buona pace di chi si è opposto all'”inciucio” sul nome di Martino Tamburrano). Insomma, invece di allargare la partecipazione democratica, coinvolgendo maggiormente i cittadini nei processi decisionali, la “casta” si chiude ancora di più in se stessa, creando un unico blocco di potere che include sia centrodestra che centrosinistra. Se queste sono le “riforme” che Renzi intende attuare anche ad altri livelli, prepariamoci al peggio.