Siderlandia reloaded
Ci risiamo. Siderlandia torna anche per questa stagione, la quarta dalla sua nascita. Lo fa con un nuovo collettivo e con un’altra veste grafica, ma con la stessa voglia di raccontare una città, Taranto, che resta sotto molti aspetti “incognita” (talvolta persino ai suoi stessi abitanti) nonostante il bombardamento mediatico degli ultimi mesi. Le cronache nazionali infatti hanno confezionato un preciso stereotipo – quello della città-fabbrica, stretta nella morsa del ricatto Salute/Lavoro –, ma non hanno mostrato quello che c’è oltre e in profondità.
Lì dove in pochi hanno voglia di guardare c’è una città che ha perso da tempo la dimensione di comunità a causa della folle corsa alla cementificazione. Una città sfilacciata fra periferie anonime e zone centrali sempre più degradate.
C’è una città in cui l’emarginazione sociale sta dilagando, trascinando nel baratro anche gruppi che fino a poco fa si ritenevano “garantiti”. Una città che umilia i suoi giovani, condannandoli a lavori sottopagati, a mansioni squalificate, all’emigrazione. Una città che diventa sempre più vecchia, ma in cui gli anziani sono affidati quasi esclusivamente alle famiglie.
C’è una città in cui i rapporti di genere assumono spesso i connotati di divisioni nette, con pesanti strascichi di sessismo. Una città in cui le principali opportunità di lavoro riguardano quasi esclusivamente mansioni “maschili” (operaie, in primis) e alle donne quindi non resta che il “focolare”, la fuga o il lavoro più povero – quello che non garantisce indipendenza.
C’è una città che di fronte alle minoranze (etniche o sessuali) preferisce la rimozione. Una città che sfrutta il lavoro dei migranti ma si disinteressa delle loro condizioni di vita. Una città che costringe omosessuali e transessuali all’anonimato e talvolta all’autorepressione.
Ma c’è anche una città che non si arrende al degrado, all’abbandono, all’indifferenza. Una città che quotidianamente lotta per immaginare e sviluppare alternative economiche, per rivendicare una formazione di qualità, per costruire spazi dove praticare una socialità libera. E c’è infine una città oltre i confini della città, composta da migliaia di “fuorisede” il cui cuore continua a pulsare – di rabbia, d’amore, di nostalgia – per il luogo dei primi affetti, al quale continuano a sentirsi legati.
Insomma, c’è una città non molto diversa dalle altre periferie d’Europa e del globo, anzi parte integrante di quel Sud del mondo che oscilla fra rischio di crollo e voglia di riscatto.
Questa città noi vogliamo raccontare, con gli occhi e la mente di chi vi è immerso ogni giorno. Non siamo giornalisti, ma osservatori partecipi. Non vogliamo limitarci a descrivere le cose come se non ci appartenessero, ma crediamo che la scrittura sia uno strumento per agire nella realtà, per provare a cambiarla. Perché, in definitiva, questo vogliamo: che Taranto diventi una città degna di essere vissuta, in un mondo diverso e migliore.