Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
(Dante Alighieri, Inferno, XXVI, vv. 118-120)
C’è molto più del vandalismo di cui scandalizzarsi nella questione della fontana della “Barcaccia” berniniana, presa d’assalto lo scorso 19 febbraio dai tifosi del Feyenoord in trasferta per una partita di Europa League contro la Roma. C’è di più perché sotto le 110 ferite che hanno leso il monumento di Piazza di Spagna si celano diversi aspetti che passano in second’ordine ma che, in un Paese attento al patrimonio culturale al punto tale da inserirne la tutela nei principi fondamentali della propria Costituzione, dovrebbero essere di primaria importanza.
Il Ministro Franceschini grida alla “punizione” – sacrosanta, ci mancherebbe! – parlando di vandalismo! Anche il premier Renzi taccia il gesto di inciviltà dicendo che «noi non andiamo in giro a fare queste figuracce». L’opinione pubblica è indignata per il comportamento dei tifosi olandesi. La domanda più interessante la pone, tuttavia, il Sindaco di Roma, Ignazio Marino: «Perché la Barcaccia non è stata protetta? Sono inaccettabili queste falle nella sicurezza dell’Italia!». Questo attacco di Marino alla gestione della pubblica sicurezza e la risposta del Questore («Meglio disordini che morti!”) permette di fare una riflessione. Questa è legata essenzialmente al valore – inteso come etico e civile – che ha il patrimonio storico-artistico nella visione di chi governa: un valore che si misura nei risicatissimi fondi destinati alla tutela che, tra i suoi compiti principali, ha anche, se non soprattutto, la diffusione della conoscenza del patrimonio stesso, riconoscendogli quella funzione educativa utile allo «sviluppo civile della collettività e per la più completa valorizzazione dell’individuo» (dai verbali delle Commissioni Papaldo). Una funzione che pare essere totalmente dimenticata da chi governa oggi e, di conseguenza, non si può immaginare fatta propria da chi fa della logica del “meno peggio” la sua arma di difesa: poteva morire qualcuno, ma non è successo. Vero! Meno male! Peccato che sia successo tutto il resto!
Data l’irruenza dei tifosi del Feyenoord – che pare avessero annunciato di voler mettere a ferro e fuoco la città – e, in generale, la particolare predilezione dei vandali per il vituperio delle fontane monumentali (per restare a Roma – e citarne solo alcune – la fontana della Navicella del Sansovino, quella delle Api di Gianlorenzo Bernini; ancora contro Bernini, la Fontana dei Fiumi; per non parlare dei ripetuti assalti alla fontana del Nettuno dell’Ammannati – il cosiddetto Biancone – in Piazza della Signoria a Firenze), forse ci si poteva aspettare un comportamento del genere.
Probabilmente la colpa è nella scarsa conoscenza che si ha del patrimonio, del suo valore educativo, del suo essere cerniera tra passato e futuro: ci si sta preoccupando del fatto che la fontana fosse appena stata restaurata – peraltro da un privato – e di chi adesso debba risarcire i danni, se l’Olanda, la squadra di calcio o qualche altro privato di buon cuore… Tutti devono sostituirsi a uno Stato disattento, superficiale e tremendamente goffo in questo rimpallo di responsabilità (il Comune, il Questore, il Ministro Alfano, gli hooligans, gli olandesi, ecc.). Il non saper salvaguardare in casa propria è una “figuraccia” probabilmente peggiore delle “figuracce” che il premier Renzi sostiene non vengano fatte dagli italiani all’estero (ma ho i miei dubbi!). La “figuraccia” di non saper difendere il bene della collettività e, se succede qualcosa, di non sapersene prendere cura è ineguagliabile! Così come lo è quella di non aver dato il giusto peso al valore civile che quelle testimonianze hanno: nel Seicento la Fontana della “Barcaccia” fu voluta da Papa Urbano VIII, che la commissionò a Pietro Bernini (coadiuvato dal brillante figlio), per permettere all’Acqua Paola di arrivare a tutti gli abitanti di quella zona; la Fontana della “Barcaccia” è sin dalla sua origine un monumento per la collettività, per la publica utilitas. Accettare, con tutta l’indignazione che il caso solleva, che ad occuparsene debba essere qualcun altro dopo che non la si è riusciti a difendere è una resa incondizionata, la dimostrazione che per la tutela del nostro patrimonio si devono invocare terzi, che lo Stato rinuncia a prendersene cura. E se rinuncia a questo, rinuncia ad occuparsi dello sviluppo della cultura, della formazione della coscienza civica dei propri figli. Di questo passo, presto – molto presto – i segni del passato saranno pezzi morti e privi di significato agli occhi delle generazioni che si succederanno e che li lasceranno deperire. E, una volta deperiti, non ci sarà più nessun patrimonio.
La “Barcaccia” che affonda sotto i colpi della barbarie del XXI secolo porta con sé, potenzialmente, il nostro futuro: è il segno tangibile del fallimento delle classi dirigenti in materia di politiche culturali; l’episodio più clamoroso del dissesto del ostro patrimonio; e, purtroppo, se non ci si schianta contro un muro certe cose non le si riesce proprio a capire. Caro premier, non c’è bisogno, come vede, di andare all’estero per fare “figuracce”…
E non è vero che non ci sono soldi: semplicemente si decide di non avere soldi per la cultura quando si sceglie di averne per le armi, ad esempio. Ed è utile, a questo proposito, citare Salvatore Settis che, in un convegno di fine 2013 all’Associazione Bianchi Bandinelli, intervenne con un bellissimo contributo sulla Cultura come Bene Comune parlando dello squilibrio nella ripartizione dei finanziamenti:
«Trentanove miliardi per prepararsi a bombardare gli altri, un miliardo per coltivare la pace e formare i cittadini, le nuove generazioni, i nuovi italiani che risultano dalla massiccia immigrazione senza la quale crollerebbe la nostra economia. Questo disequilibrio […] non è l’effetto di disattenzione ma di malgoverno, non è disordine amministrativo ma voluta marginalizzazione della cultura. Non è miopia, è cecità. Non è leggerezza, è suicidio.»
Decidano, gli Italiani, se preferiscono continuare a finanziare morte piuttosto che investire nel futuro…
StecaS
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Per la Fontana della Barcaccia e, più in generale, per Gianlorenzo Bernini invito a guardare “La libertà di Bernini”, a cura di Tomaso Montanari: http://www.rai5.rai.it/dl/PortaliRai/Programmi/PublishingBlock-597bd97e-4d5c-4359-9e91-9dfcccf404f2.html?ContentItem-060f0c46-104f-4213-9d30-64e4d3c41c57
Si consiglia la lettura di T. Montanari, “Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà”, Roma 2014, con interessanti spunti e aperture per un manifesto della cultura.