Da giorni i riflettori mediatici sono puntati su Cantiere Maggese. In realtà si tratta di una questione annosa e complessa, che nel corso degli anni ha visto disattendere le aspettative in merito all’attivazione di progetti ad alto valore sociale in Città Vecchia, a causa di una condotta del tutto discutibile della cooperativa Carisma, ente gestore della struttura. Oggi l’amarezza scaturisce non solo dal peso di un passato disastroso, ma anche dalla vicenda che vede un gruppo di giovani tarantine, legate all’associazione “Taranto Ribellati”, negarsi la possibilità di partecipare ad un bando pubblico al fine di rivitalizzare quello spazio. Sarebbe bastata una lettera di accordo del Comune (proprietario della struttura) per permettere alle ragazze di prendere parte al bando della Regione Puglia “Mettici le Mani” nell’ambito del Piano di Bollenti Spiriti 2014-2015 “Tutti i giovani sono una risorsa”.
Questo strumento parte da un’idea semplice: ai giovani servono spazi in cui esprimersi, sperimentare e ripensare i rapporti sociali e il rapporto con il proprio territorio; quali luoghi se non gli spazi pubblici riqualificati attraverso l’azione “Laboratori Urbani” e, più in generale, immobili sottoutilizzati di proprietà pubblica da destinare ai giovani? Al bando possono partecipare associazioni costituite da persone di età compresa tra i 18 e i 35 anni, già facenti parte dell’ente gestore della struttura o che detengono regolare partenariato con l’ente gestore. L’associazione Taranto Ribellati era giunta dopo una serie di incontri a ottenere l’accordo con la cooperativa Carisma, ma paradossalmente il fattore invalidante è rappresentato dal Comune di Taranto.
L’assessore Francesco Cosa si era offerto di seguire l’iter e di fungere da referente tra il gruppo di giovani e il Comune. Ma sono passati due mesi e mezzo dalla stesura del progetto, e la lettera di accordo non è mai stata redatta. Il fattore tempo in questa vicenda gioca un ruolo importantissimo perché il bando è a sportello: oltre alla qualità progettuale delle proposte contano i tempi di presentazione. L’occasione era ghiotta e poteva rappresentare un iter percorribile per invertire la rotta della gestione fallimentare di Carisma, all’interno di uno spazio nato nell’ambito del programma regionale “Bollenti Spiriti”. L’ambizione era quella di realizzare una falegnameria e una sartoria, recuperando il sapere tradizionale di questi antichi lavori manuali al fine di renderlo un potente vettore sociale in grado di creare coesione nella comunità dopo anni di abbandono. L’idea progettuale e relativi allegati protocollati avrebbero suscitato più di qualche malumore in Giunta comunale, forse per la natura dell’associazione proponente “Taranto Ribellati”, soggetto giuridico che fa capo ad Ammazza che Piazza, presa ripetutamente di mira dalle salatissime multe per affissione non autorizzata.
L’Amministrazione Comunale, in seguito alle richieste di chiarimento delle responsabili del progetto, ha tentato di giustificare il proprio immobilismo dietro un contenzioso aperto con la Cooperativa Carisma. Tuttavia vige una sorta di segreto di stato sulla questione. Non si comprende la natura di questo contenzioso, e la vicenda appare del tutto torbida e inspiegabile. Inoltre lo scorso 26 Gennaio all’iniziativa “Abitare l’abbandono. Pratiche di recupero e riutilizzo di luoghi dismessi” all’assessore Francesco Cosa, presente in sala, sono state poste alcune domande sulla gestione del Cantiere Maggese. Dalla discussione è emerso un dato interessante: dopo alcuni sopralluoghi della Polizia Municipale atti a appurare l’incuria e l’abbandono della struttura, sarebbe bastata una terza sanzione per revocare l’assegnazione dello spazio alla cooperativa Carisma, che sembrerebbe godere di un ulteriore proroga del mandato fino al luglio 2016.
Questa vicenda ha un sapore amaro e riguarda tutti. Se l’Amministrazione Comunale avesse tentato concretamente di porre le buone condizioni per il cambiamento (nello specifico con una semplice lettera, che non richiede alcun onere), queste buone condizioni avrebbero potuto trasformarsi in paradigmi capaci di modificare il senso comune nei nostri immaginari. La scelta del tipo di città che vogliamo non può essere separata da quella di un certo tipo di legami sociali, di rapporti con l’ambiente naturale, di stili di vita, di tecnologie e di valori estetici. Il diritto alla città non si esaurisce nella libertà individuale di accedere alle risorse urbane, ma è il diritto di cambiare noi stessi cambiando la città. Purtroppo il comune di Taranto ha una grande responsabilità nei confronti di questa possibilità negata, ma nel contempo alcune realtà cittadine continuano a produrre i propri anticorpi e a mettercela tutta per attuare nuove pratiche del comune. In questo desolato vuoto della politica occorre continuare a ripensare i rapporti umani e le nostre soggettività frammentate e imbarbarite intravedendo nella sapiente gestione dei beni comuni un dispositivo regolatore delle relazioni sociali.