Attivista “storico” del movimento ecologista, parlamentare europeo, allevatore. Questo e molto altro è José Bové, sbarcato oggi in Salento per prendere visione della situazione in cui versano gli ulivi colpiti da Xylella. Accompagnato dai membri del comitato “La Voce dell’Ulivo“, ha visitato le campagne fra Alliste e Racale, uno dei primi focolai dell’infezione. L’europarlamentare francese ha quindi assistito a una pratica agronomica che, negli auspici dei coltivatori, dovrebbe consentire di salvare le piante infette. Si tratta di un innesto di varietà di ulivo “Leccino” e “Frantoio” su piante di tipo “Ogliarola”/”Cellina”. “L’innesto – dichiara La Voce dell’Ulivo -, utilizzando gemme delle varietà che fino ad oggi sembrano non mostrare la tipica sintomatologia da Co.Di.Ro., consente di sfruttare uno dei mezzi di autodifesa della pianta stessa, rappresentato dalla capacità di compartimentalizzazione vascolare”. Se la sperimentazione andasse a buon fine, si potrebbe sperare di salvare gli ulivi tanto dal batterio quanto dalla distruzione.
A margine dell’iniziativa, José Bové si è soffermato con noi su alcuni aspetti particolarmente delicati della questione, come la responsabilità dell’Europa e i risarcimenti agli agricoltori. Non risparmiando qualche stoccata a una parte del movimento ambientalista locale.
Dopo la sua visita nelle zone del Salento colpite da Xylella, qual è sua impressione sulla situazione attuale?
C’è chiaramente un grande disastro: per gli agricoltori, per l’ambiente, per la cultura mediterranea. E’ una peste vegetale, che ha creato una situazione che non ho mai visto prima; le persone qui sono di fronte a una vera catastrofe: il batterio sta attaccando gli alberi e al momento non c’è alcuna soluzione per fermare l’invasione. In Salento si sta vivendo una situazione drammatica. Ho incontrato diversi agricoltori, che sono molto provati, e che tuttavia tentano di fronteggiare questa situazione. E’ questo il motivo per cui ho deciso di venire in Salento: per vedere cosa sta succedendo esattamente e per capire come possiamo fermare la diffusione del batterio.
Nei mesi scorsi lei ha partecipato a delle iniziative sulla questione Xylella in Corsica. In generale, quali sono gli umori in Francia?
Gli olivicoltori in Francia, sia in Corsica che in molte altre regioni, sono molto spaventati . Se la Xylella si diffonde al di fuori della regione, potrebbe essere una catastrofe anche per altre parti di Italia e persino per altri paesi. E’ un problema globale ora, non solo locale. Per questo dico dall’inizio che è necessario adottare serie protezioni soprattutto nei confronti delle importazioni da paesi terzi di vegetali che possono essere infettati (le specie ospiti ndr), in particolare quelli provenienti dal Sud america. Ma dobbiamo anche essere certi che i vegetali provenienti da questa area non circolino in Europa. E’ necessario avere ampie misure di protezione e dobbiamo trovare il modo di supportare gli agricoltori di questa zona.
Aldilà di questa emergenza, per evitare problemi simili in futuro, come dovrebbero essere modificati i sistemi di controllo sulle importazioni di vegetali extra UE? Ci sono sistemi in altre parti del mondo che si possono prendere a modello?
Alcuni mesi fa in Francia abbiamo intercettato una piante di caffè proveniente dal Costa Rica che era infetta da Xylella, ed è stata bloccata non appena è arrivata. Ogni paese dovrebbe fare lo stesso: sono necessari controlli severi in ogni porto in cui giungono importazioni da quelle aree, che vanno fermate. Paesi come l’Australia hanno dei controlli molto severi su tutte le piante in arrivo; non a tutte è permesso di entrare nel paese. Se l’Australia è in grado di farlo, perché non dovremmo farlo anche noi? Dobbiamo essere estremamente rigidi su questo perché potrebbe essere cruciale. Ma dobbiamo anche essere estremamente rigidi sulla circolazione interna all’Unione Europea per le piccole piante di olivo o anche per le piante ornamentali che potrebbero essere infette. Per questo sono andato in Corsica. I Corsi hanno ottenuto il blocco completo delle importazioni di vegetali; lo stesso è accaduto in paesi come Marocco Tunisia. E’ necessario implementare misure analoghe per far sì che il batterio non si diffonda.
La Commissione richiede misure dure in Salento per proteggere dalla diffusione del batterio gli altri Stati membri. A fronte di tali misure, cosa potrebbe e dovrebbe fare per sostenere gli agricoltori colpiti?
L’Unione Europea ha all’interno della Pac [Politica agricola comune, ndr] quelli che noi chiamiamo “fondi di crisi”. Questi ammontano a 400 milioni di Euro per anno. Ho chiesto apertamente che parte di questi fondi vengano utilizzati per supportare gli agricoltori che hanno perso la produzione e aiutarli a ricostruire la capacità produttiva per il prossimo anno. E’ necessario un supporto di lungo periodo per gli agricoltori del Salento, affinché possano vivere delle loro attività, e anche perché costruiscano delle alternative insieme agli scienziati: creare una nuova generazione di alberi resistente al batterio, o altre soluzioni possibili. La cosa più importante ora è comunque sostenerli per consentirgli di vivere nelle loro terre, perché molti hanno perso il loro reddito; gli alberi non producono e non si può realizzare olio. Per questo dobbiamo usare i fondi. I soldi ci sono; il governo dovrebbe chiedere con forza all’ Unione Europea di usarli.
Parte del fronte ambientalista salentino è convintamente schierato contro le misure di contenimento e eradicazione. In particolare si lamenta la mancanza dei test di patogenicità sull’ulivo, e si invoca il principio di precauzione contro la distruzione delle piante infette. Da storico esponente del movimento ecologista, condivide questo approccio al problema?
E’ folle dire che la Xylella non è responsabile di questo problema. La patogenicità del batterio è accertata molto chiaramente: da molti anni noi sappiamo chiaramente quali sono gli effetti di Xylella fastidiosa. Dire che non è il batterio il responsabile di questa situazione è completamente insensato. Coloro che affermano questo lavorano contro gli agricoltori! Dobbiamo essere molto chiari su questo: dire che non si tratta di Xylella equivale a dire che la terra è piatta; è totalmente contro la realtà. Chiunque combatte per l’ambiente, ed è stata la mia lotta per quarant’anni, non può andare contro le evidenze. L’evidenza ora è che noi abbiamo questo batterio in questa zona, e dobbiamo trovare le soluzioni per fermarlo prima che vada in altre aree; sappiamo che esiste un insetto vettore che può infettare diverse tipi di piante; sappiamo che sfortunatamente queste aree sono state attaccate: noi ora dobbiamo trovare delle soluzioni sia per proteggere le aree che ancora non sono state colpite sia per creare varietà resistenti. Questo è il lavoro che stanno facendo gli agricoltori insieme agli scienziati. Stanno lavorando insieme. C’è chi sostiene che gli scienziati sono responsabili della malattia: è totalmente falso. Sono qui anche per supportare la ricerca pubblica del Sud Italia, perché dobbiamo proteggere queste persone, che stanno facendo un ottimo lavoro al fianco degli agricoltori. Voglio dire agli attivisti: non sostenete battaglie sbagliate, non andate contro l’evidenza . Lavorate con gli agricoltori, e non contro di loro. Dovete supportarli e aiutarli perché possano coltivare ancora gli ulivi in futuro.
Sappiamo che la Ong italiana Peacelink le ha parlato “della cura messa in atto su centinaia di ulivi dall’olivicoltore Ivano Gioffreda, dell’Associazione salentina Spazi Popolari, e dai numerosi agricoltori locali che ne hanno seguito l’esempio”. Che ne pensa di questo metodo? Sulla base degli elementi che ha, ritiene che siamo di fronte a una “cura”?
Ho visitato gli alberi dove sono stati implementati questi metodi alternativi. Non funziona. Ho visto su internet le fotografie pochi mesi fa e ieri li ho visitati personalmente. Tutti gli alberi sono stati infettati. Queste persone non stanno raccontando la realtà riguardo il batterio. Da qualche mese essi sostengono che il responsabile del disseccamento è un fungo, e non la Xylella. Questo purtroppo non è vero, ed è necessario accettarlo, invece che continuare a sostenere pratiche errate. Voglio dire chiaramente che siamo in una situazione difficile, perché queste persone, invece che accettare la realtà tentano di cambiarla a loro favore. E questo non è un modo “ambientalista” di risolvere i problemi.
Paola Biasi