Con l’autunno ritornano le mobilitazioni degli studenti. Per domani, 10 ottobre, sono state convocate in tutta Italia (Taranto compresa) manifestazioni di protesta contro la riforma della scuola che ha in mente il Governo Renzi e che non entusiasma affatto chi, tra i banchi di scuola, si siede ogni giorno. La mancanza cronica di risorse e di una visione che consideri l’istruzione una vera ricchezza e un investimento sul futuro del paese, si riscontra soprattutto nello scarso finanziamento dei fondi per l’edilizia scolastica. Dove sono i soldi promessi dal Governo? Nonostante Matteo Renzi abbia annunciato il piano di edilizia scolastica a inizio luglio (stanziando solo 1 miliardo invece dei 3,5 promessi originariamente), finora non si sono visti né soldi né cantieri in gran parte degli istituti italiani.
Da una parte, quindi, ci sono Governo e Ministro dell’Istruzione che annunciano novità epocali e svolte tecnologiche, fino al punto di immaginare l’utopia cibernetica della scuola 2.0. Dall’altra parte c’è la realtà. Immaginiamo un docente che, appena ricevuto il suo tablet di ordinanza, si alza al mattino, prende la macchina, la parcheggia ed entra nell’atrio dell’istituto dove insegna. Vi troverà, in un quarto dei casi, muffe, infiltrazioni e umidità nelle aule e nei bagni. Corridoi dai muri scrostati e lesioni strutturali e sulle facciate esterne dell’edificio dove passerà dalla 18 alle 20 ore a settimana. E così anche gli studenti.
Dal 1986 esiste l’Anagrafe dell’edilizia scolastica, unico strumento per la modalità tecnica di rilevamento e completezza degli edifici censiti, che potrebbe rappresentare la base di partenza per adeguate politiche in materia. Il condizionale è d’obbligo perché il registro è ancora in fase di completamento, e quindi non ancora funzionante. Possiamo però farci un’idea sullo stato di salute delle nostre scuole consultando alcuni dati forniti dai rapporti sull’edilizia scolastica di Legambiente e CittadinanzAttiva.
Lo stato di sicurezza di tante scuole nel nostro paese è grave: quattro edifici su dieci hanno una manutenzione carente, oltre il 70% presenta lesioni strutturali, in un caso su tre gli investimenti strutturali non vengono effettuati, più della metà delle scuole si trova in zona a rischio sismico e una su quattro in zona a rischio idrogeologico. Questo è quanto emerge dall’XII rapporto sulla sicurezza, qualità e accessibilità a scuola presentato da CittadinanzAttiva. Da “Ecosistema Scuola 2013”, il rapporto svolto da Legambiente, si evince come più della metà degli edifici è stata costruita prima del 1974. Oltre il 60%. Il 5,4%, invece, è stato costruito addirittura prima del 1900.
Non esiste però solo una correlazione tra anno di costruzione ed esigenza di manutenzione straordinaria. Esiste anche la sicurezza e la salubrità degli immobili, che dovrebbe essere attestata da un’apposita certificazione, come il certificato di agibilità o il collaudo statico. Sempre lo stesso rapporto segnala che più del 40% di scuole è priva di certificazione.
Inoltre, qualche anno fa l’ex ministro Gelmini riuscì ad innalzare il limite degli alunni per classe. 29 nella scuola dell’infanzia, 27 nella primaria, 30 nella scuola secondaria di primo e secondo grado. E, nonostante questa furbizia, nel campione utilizzato ci sono 60 “classi pollaio”. Una situazione che rispecchia la media nazionale. Nel 78% delle scuole monitorate da Legambiente, mancano le porte con dispositivi antipanico, le scale di sicurezza e le uscite di emergenza; in molti casi mancano gli ascensori e quelli che ci sono funzionano a singhiozzo. Sono tutti ostacoli insormontabili per gli studenti disabili.
Occorre promulgare un decreto attuativo della legge sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, per quanto riguarda le scuole, omologando gli studenti ai lavoratori, definendo meglio i ruoli e responsabilità della sicurezza tra le mura scolastiche. A pesare sulla situazione, però, non c’è solo l’assenza di un archivio, ma anche una legislazione complessa che non facilita gli interventi, in particolare quelli di manutenzione ordinaria, oltre a finanziamenti intermittenti che rendono vischioso il passaggio del reperimento delle risorse all’apertura del cantiere. Inoltre esistono competenze diverse: per esempio, le scuole materne, elementari e medie sono di responsabilità del Comune; quelle superiori, anche dopo la Riforma Del Rio, dell’Ente Provincia. Sarebbe utile che gli enti locali facessero con regolarità sopralluoghi nelle scuole, soprattutto durante i periodi di chiusura e festività.
Le statistiche sopracitate trovano pieno riscontro anche nelle scuole della nostra città. Edifici in genere vecchi e carenti, strutture che crollano, laboratori trasformati in aule per mancanza di spazi, servizi mal funzionanti. Nel capoluogo jonico a destare maggiore preoccupazione è l’intero comparto dell’edilizia scolastica dedicato alla scuola secondaria. Di solito l’opinione pubblica si riattiva solo quando appaiono gli striscioni degli studenti contro il caro-libri, quando mancano gli insegnanti di sostegno, oppure quando i problemi dell’edilizia scolastica esplodono come con i licei “Ferraris” ed “Archita” di Taranto. Il primo è da più di dieci anni che ha una sede precaria, dopo il trasferimento dall’ex “Frisini” su via Mazzini, stabile del tutto abbandonato nel pieno centro di Taranto. Il secondo è anch’esso sparpagliato nell’intera città, in attesa che il cantiere del “Palazzo degli Uffici” venga riattivato. Non ultimo il caso del Liceo Artistico “Lisippo” di Taranto. E come questi tanti altri.
In uno scenario caratterizzato da una sempre maggiore scarsità di risorse finanziarie da destinare alla riqualificazione, alla manutenzione e alla gestione delle scuole, si rende quanto mai necessario agire in più direzioni per raggiungere risultati concreti a beneficio della popolazione studentesca. La messa in regola degli istituti decadenti, e che necessiterebbero di ristrutturazione o di una vera e propria nuova costruzione, oltre a migliorare il territorio e la vita studentesca, creerebbero nuovi posti di lavoro nel campo dell’edilizia. Se la Scuola, è un obiettivo strategico per il Paese, come spesso è stato ribadito in questi anni, allora occorre essere coerenti fino in fondo programmando massicci investimenti in questo settore. Non è possibile parlare di sviluppo prescindendo dalla scuola.