A sentir parlare il Ministro Giannini, la “Buona Scuola” di Renzi è una riforma epocale che porterà l’eliminazione del precariato, una didattica di qualità, miglioramento delle strutture. Ecco perché si stupisce quando viene contestata, ed arriva addirittura a chiamare “squadristi” quelli che manifestano contro di lei con qualche urlo e dei cartelli in mano, affermando che si tratta di gente che la riforma non l’ha nemmeno letta, considerando che (secondo lei) si parla a sproposito di privatizzazione delle scuole pubbliche ed instaurazione di un sistema di clientelismo fra presidi e docenti.
C’è però un dato di fatto, le manifestazioni contro la “Buona Scuola” si sono diffuse su tutto il territorio nazionale (il 23 aprile c’è stato un flash mob anche a Taranto) ed i sindacati hanno indetto lo Sciopero Generale Nazionale della Scuola, al quale si uniranno anche gli studenti. Loro il DDL lo hanno letto, ed hanno fatto delle osservazioni interessanti che si discostano parecchio dagli slogan di Renzi.
Fin dai primi articoli del DDL si comprende l’idea di Scuola di Renzi: un ente di formazione finanziato con soldi pubblici ma che in parte diventa privato e viene gestito dal Preside-Manager, il quale vede aumentare in modo esponenziale i propri poteri decisionali e non si deve limitare a saper organizzare al meglio le attività didattiche ed il personale, ma deve cercare di rendere “appetibile” il proprio istituto agli occhi dei privati e delle famiglie per far in modo di avere ulteriori fondi da poter impiegare nella didattica.
Il Preside-Manager decide infatti in tutta autonomia il Piano Triennale dell’Offerta Formativa e determina le risorse (docenti) necessarie per attuarlo, inoltre individua anche le aziende per lo svolgimento dell’alternanza scuola/lavoro. Il Consiglio di Istituto (organo composto da docenti, studenti e personale ATA) da organo decisionale in materia di offerta formativa diventa quindi un mero organo consultivo. A questo va aggiunta una questione alquanto spinosa riguardante la scelta degli insegnanti: il Preside può procedere alla chiamata diretta dei docenti (attingendo da un albo territoriale) rendendo pubblici i criteri per la sua personale “selezione”, ed inoltre a fine anno scolastico si occupa della valutazione dei nuovi docenti sulla base di una istruttoria predisposta da un tutor (sentiti il collegio docenti e il consiglio d’istituto), sparisce quindi il ruolo del “Comitato di Valutazione”; in fine decide a quali docenti attribuire il “Bonus annuale delle eccellenze” (per il quale il MIUR stanzierà 200 milioni di euro l’anno) ai docenti che, a suo giudizio, ne sono meritevoli. Queste ultime sono disposizioni molto pericolose, che potrebbero innescare quel sistema clientelare (già presente nelle Università con i famosi “baroni”) a causa del quale i docenti potrebbero essere assunti non per le loro reali competenze, ma per favoritismi e raccomandazioni.
Sindacati e Studenti accusano Renzi di privatizzare la scuola pubblica a causa di alcune disposizioni riguardanti anche l’ingresso dei privati nelle stesse, che potrebbero portare a degli squilibri fra le diverse scuole. Parliamo innanzitutto della possibilità di destinare il 5×100 alla Scuola Pubblica, la norma prevede che si possa scegliere a quale scuola destinarlo; a questo si aggiunge lo School Bonus (il cui costo si aggira sui 7,5 milioni nel 2016, 15 milioni nel 2017, 20,8 milioni nel 2018, 13,3 milioni nel 2019, 5,8 milioni nel 2020), si tratta di un credito di imposta (che va dal 65% dei periodi di imposta successivi al 2014 al 50% dei periodi di imposta successivi al 2016) applicato sulle donazioni effettuate dalle persone fisiche, enti non commerciali ed enti titolari di reddito d’impresa in favore di un determinato istituto scolastico. Queste donazioni possono essere utilizzate per il potenziamento delle strutture, attività per l’occupabilità, si potrebbero creare quindi squilibri tra le scuole frequentate da figli di famiglie ricche o inserite in un contesto produttivo pieno di imprese e quelle situate in zone più povere da questo punto di vista.
L’UDS su questi punti fa un’osservazione giustissima: la Scuola Pubblica deve essere finanziata interamente dallo Stato, perchè ogni istituto deve avere le stesse possibilità degli altri, invece con queste norme Renzi non fa altro che aumentare le disparità attribuendo al Preside anche il ruolo di manager, cioè quello di procacciatore di finanziamenti privati e di contributi volontari. Considerando i sempre più esigui fondi statali, da queste forme di finanziamento “alternative” dipende anche l’ampliamento dell’offerta formativa attraverso le materie “opzionali” (istituite sulla base delle informazioni contenute nel “curriculum dello studente”, il quale a livello scolastico serve appunto per valutare quali materie opzionali inserire).
A questo si aggiunge l’ennesimo favoritismo per chi iscrive i propri figli alle scuole private: detrazioni fino a 400€ per chi iscrive i propri figli a scuole paritarie (asili nido o scuole elementari).
Altra misura poco chiara è l’alternanza scuola lavoro (non si tratta di un contratto, ma di un percorso formativo all’interno di un’azienda concordato con la scuola): il DDL prevede 200 ore di tirocinio per i licei, 400 per gli istituti tecnici, significa passare il 35%-40% delle ore totali annuali fuori dalla scuola e questo potrebbe danneggiare la preparazione degli studenti. Va poi aggiunto che non c’è chiarezza sui fondi disponibili, nelle linee sulla Buona Scuola presentate a settembre si stimava un fabbisogno di 100 milioni di euro annui per poter garantire 200 ore di alternanza scuola/lavoro agli iscritti degli istituti tecnici, nel DDL si aumenta il numero dei beneficiari di questa norma senza aumentare i fondi, quindi come verrà finanziata l’alternanza scuola lavoro?
Potrebbe trattarsi di una norma-spot del Governo, come quella per i “progetti digitali” (stanziamento previsto: 90 milioni nel 2014 e 30 milioni annui a decorrere dal 2016), sostanzialmente si tratta dell’adeguamento delle strutture scolastiche dal punto di vista digitale, ma questo è inutile se allo stesso tempo non si fornisce agli studenti un modo per usufruire di questi nuovi strumenti: cosa me ne faccio ad esempio di una piattaforma e-learning da dove poter scaricare materiale utile allo studio se non ho un pc o altro mezzo per poter studiare da quel materiale?
In fine per quanto riguarda la didattica, la FLC critica aspramente l’apprendistato, questo infatti può essere proposto già dai 15 anni (quando si è ancora in obbligo scolastico), inoltre viene denunciata la presenza di “percorsi formativi fortemente dequalificati e pesantemente orientati verso le specifiche richieste delle singole aziende. Non vi sono garanzie sui requisiti delle imprese, peraltro fortemente “sollecitate” grazie al meccanismo delle retribuzioni ridotte, alla promessa di incentivi e al mancato obbligo di trasformazione di una parte dei contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato”.
Il DDL appare povero di misure concrete sull’edilizia scolastica: vengono stanziati 300 milioni di euro per creare una struttura scolastica per regione efficiente ed innovativa dal punto di vista “architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficientamento energetico”, non sarebbe più utile investire per migliorare tutte le strutture che già ci sono? L’unica disposizione positiva da questo punto di vista è quella sull’anagrafe dell’edilizia scolastica, che avrà un ruolo fondamentale per l’assegnazione dei fondi statali per la messa in sicurezza degli edifici scolastici. In più vengono aggiunti 40 milioni di euro per indagini diagnostiche sui controsoffitti delle scuole.
Per quanto riguarda il reclutamento dei docenti e personale ATA, la FLC denuncia la mancanza di una risposta concreta per la stabilizzazione dei tanti precari che lavorano da anni nella scuola pubblica.
Non risulta credibile la copertura finanziaria, infatti nel DDL si legge che verranno stanziati 1 miliardo di euro nel 2015 e 3 miliardi a decorrere dal 2016 (come stabilito dalla legge di stabilità). Questi fondi copriranno tutte le misure per la realizzazione della riforma della “Buona Scuola”( ampliamento offerta formativa, alternanza scuola-lavoro, Piano Nazionale Scuola Digitale, riduzione del numero di alunni per classe, formazione docenti, merito, risarcimento danni per questioni inerenti l’edilizia, portale open data per la pubblicazione classifiche scuole e CV docenti, credito d’imposta per lo school bonus, detraibilità spese per studenti iscritti a scuole paritarie, interventi in edilizia scolastica) ed in più la dotazione organica complessiva di personale docente (una media di 1,9 miliardi di euro l’anno fino al 2025), più il “Fondo per la buona scuola” (per il miglioramento e la valorizzazione dell’istruzione scolastica, una media di 58 milioni di euro l’anno fino al 2022).
Questo DDL non fornisce soluzioni concrete ai problemi del nostro sistema scolastico: l’adeguamento degli edifici, reintegro di tutti i fondi tagliati negli ultimi anni, stabilizzazione dei precari, modifica dei canali di reclutamento, eliminazione delle differenze fra le varie scuole. Ed in più va aggiunto che il governo si attribuisce la delega per legiferare in materia di: semplificazione del Testo Unico della scuola (che regolamenta tra le varie cose le assemblee di classe e d’istituto), la valutazione degli insegnanti, la riforma dell’abilitazione all’insegnamento, del diritto allo studio, del sostegno e degli organi collegiali; tutti temi della massima importanza che andrebbero trattati tramite l’iter parlamentare.
A questo punto viene spontaneo chiedersi: chi sono i veri squadristi? Quelli che contestano una riforma sbagliata, oppure un Governo che attraverso un DDL sta dando il colpo di grazia alla Scuola Pubblica?
Se pensate che la risposta giusta sia la seconda, allora il 5 maggio dovete scendere in piazza.
Approfondimenti:
UDS: guida critica al DDL
FLC: commento al DDL