Com’è noto sono quasi tre anni che la ribalta della questione ambientale legata all’ILVA ha focalizzato l’attenzione tanto locale quanto nazionale: una questione che non si può pensare risolvibile con il decreto 1/2015 emanato dal Governo Renzi. Nell’affrontare tuttavia un’altra questione, quella legata al recupero di alcuni spazi alla collettività (paventata nell’art. 8), proviamo dunque a percepire le possibili aperture fornite dal presente decreto, sebbene non riteniamo che la materia urbanistica vada inglobata in una normativa che dovrebbe sottendere e, possibilmente, tentare di risolvere la grave situazione attorno e dentro la fabbrica tarantina.
Città Vecchia: l’illusione del turismo nella città che non c’è
Il recupero della Città Vecchia è un argomento tanto dibattuto quanto evanescente. Si parla tanto di turismo e delle opportunità che deriverebbero dal recupero della parte storica della città. Quello di cui però non si è tenuto debitamente conto – e riteniamo che sia stato frutto non di miopia, ma di totale cecità delle amministrazioni comunali che si sono succedute – è che l’esigenza di rimettere in sesto la Città Vecchia è innanzitutto legata alla sicurezza del cittadino e al decoro urbano. Non possiamo pensare al turismo se non siamo in grado di tenere un pezzo di città in condizioni di agibilità. Sono dunque la messa in sicurezza degli stabili attraverso interventi di consolidamento e il recupero della loro agibilità azioni propedeutiche rispetto a qualunque altra sulla Città Vecchia; si parla tanto di stimolare l’iniziativa privata, ma è necessario restituire all’Isola la sua funzione abitativa, “sociale”, come sottolineato anche dal Presidente di quest’Ordine Massimo Prontera in un recente intervento sull’argomento. È un concetto, quello di ri-abitare i centri storici, che si sta cercando di riabilitare tanto dal punto di vista urbanistico quanto da quello culturale grazie all’intervento di personalità di rilievo, come Tomaso Montanari, che ha riaffermato recentemente questo principio, oltre che nelle sue pubblicazioni, in un incontro tenutosi a Ginosa, mettendo in guardia dall’idea di trasformare le città in un “Luna Park del passato”. Non vorremmo mai che si finisse col credere che la svendita degli stabili ai privati possa salvare la Città Vecchia! I centri storici vanno considerati nella loro integrità, come sancito dalla Carta di Gubbio del 1960, pertanto non si può pensare di scegliere cosa alienare perchè essi vanno tutelati come blocco e la disciplina della tutela spetta allo Stato. Così come riteniamo che non si possa continuare a imbiancare i sepolcri per dare a Città Vecchia una parvenza di decoro con determinate iniziative – non solo all’interno dell’Isola – che finiscono per creare un’immagine distorta della realtà, costituendo il palliativo che si somministra a un malato terminale. È fondamentale che Città Vecchia torni ad essere il cuore pulsante di Taranto, dal punto di vista della vita stessa del cittadino: giova ricordare che Taranto è stata la prima città d’Europa, alla fine degli anni Sessanta, a progettare il recupero del Centro Storico (il cosiddetto Piano Blandino): un’esperienza, purtroppo, non proseguita e le conseguenze di questo abbandono sono sotto i nostri occhi, nonostante si cerchi di affermare che nel corso dei decenni si sia lavorato per evitare tutto questo. Nulla smentisce, a quarant’anni di distanza, il duro – e profetico – giudizio di Antonio Cederna che riteneva la Taranto moderna “la smentita di ogni decenza urbanistica”.
Coordinamento e razionalizzazione delle attività culturali
Ci si augura, dunque, che i fondi in arrivo servano innanzitutto al restauro della Città Vecchia – sulla quale si sono espressi in maniera ineguagliabile Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi, Gillo Dorfles – e, in seconda istanza imprescindibile dalla prima, a una razionalizzazione, di cui dovrebbe farsi carico un’amministrazione capace, delle attività culturali sul territorio, con l’affidamento delle stesse a personale qualificato e, possibilmente, stipendiato. Il grande lavoro svolto da gruppi di giovani come i ragazzi dell’Archeoclub, delle Sciaje, di Tarantinidion, della Biblioteca Popolare, della Domus Armenorum, delle Officine Tarantine – per citarne solo alcuni – va riconosciuto e valorizzato: il pubblico dovrebbe sostenere economicamente queste attività che, nascendo dal desiderio di rendere più vivibile la città e di creare un sentimento di coscienza civica, meritano di poter continuare a incidere sul territorio senza le difficoltà derivanti dalla mancanza di un reddito, su tutte la discontinuità nell’azione culturale.
Arsenale, Ricerca e Cultura: assenze da trasformare in presenze
Per quanto concerne l’Arsenale Militare, tornato alla ribalta perché nel suo muraglione è stata riconosciuto il nuovo capro espiatorio contro cui scagliarsi, si approva l’idea che possa caratterizzarsi sotto il profilo culturale: si ritiene che l’area delimitata dal muro monumentale possa costituire un’interessante sito di archeologia industriale, oltre a essere uno dei pochi polmoni verdi di Taranto. Le ragioni di un abbattimento del muraglione legate al recupero dell’affaccio sul mare sembrano troppo deboli per giustificare l’eliminazione di un pezzo di architettura militare di grande rilievo anche estetico: basta osservarlo al suo interno. Sarebbe auspicabile pertanto l’apertura di varchi che permettano al cittadino il libero accesso all’area che, va detto, è stata preservata proprio grazie a quelle mura dall’ennesima colata di cemento e dalla costruzione di palazzi che, esattamente come avviene su Viale Virgilio, avrebbero comunque occultato la vista della costa e in maniera irreversibile. Si torna in possesso di un’area che non possiamo permetterci di ridurre come i Baraccamenti Cattolica! Il grande edificio che dà su Via Di Palma, se tornasse a disposizione, potrebbe andare a sopperire ad alcune assenze importanti nel tessuto culturale tarantino, su tutte quella di una Pinacoteca Civica e di una Mediateca, data l’indisponibilità cronica di un altro palazzo papabile: quello degli Uffici. Anche in questo caso non ci si dovrebbe focalizzare solo sul binario della conservazione, ma muovere anche la macchina della ricerca, promuovendo innanzitutto un censimento dei beni mobili e artistici della città e della provincia (molte opere d’arte già a Taranto sono oggi in deposito esterno in varie città); operazione necessaria se si vuole ricostruire un pezzo di storia totalmente sconosciuto ai più.
La cittadinanza attiva al tavolo con le istituzioni
Come appare evidente in questa breve analisi, i piani di azione sono talmente interconnessi da non permettere di ritenere in alcun modo sufficienti le briciole che il Governo Renzi ha pensato di fornire a una città dilaniata sotto tutti i punti di vista, con l’articolo 8 del decreto. Non si può, inoltre, ridurre il momento decisionale sulle sorti della città a un tavolo istituzionale come quello previsto ex art. 5, che non contempla la partecipazione della società civile. Il modello di riferimento dovrebbe essere quello di una governance partecipata, proprio come questo momento a cui oggi siamo stati chiamati a prender parte grazie alla lungimiranza e apertura dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Taranto, a cui va il nostro plauso per la particolare sensibilità dimostrata in più occasioni e la prontezza d’azione: l’iniziativa dell’Ordine L’iniziativa dell’Ordine di porsi come interlocutore costante con la società civile non può che essere salutato con grande entusiasmo. Auspichiamo che questo possa essere solo la prima di una serie di occasioni di confronto tra società civile, ordini professionali e politica su tematiche così importanti per il territorio. Come da tempo affermiamo, è indispensabile che le “forze sane” della Città avviino uno sforzo progettuale condiviso, che proietti Taranto oltre la crisi che sta attraversando – una crisi potenzialmente catastrofica per la nostra comunità.
“Mens sana in corpore sano”
Il problema, infatti, non riguarda solo la Città Vecchia, ma l’intero tessuto urbano, dove si continua a registrare un ampliamento inutile e dannoso del perimetro della città a discapito della qualità della vita nelle periferie e del commercio nel borgo, totalmente schiacciato dallo strapotere dei grandi centri commerciali (e sulla questione del raddoppio dell’Auchan ci siamo opposti con tutte le nostre forze). Appare singolare come il decreto parli della Città Vecchia e dell’Arsenale senza toccare il problema di ciò che c’è in mezzo e li lega: il borgo.
Non possiamo dunque voler creare una realtà culturale dal nulla, né vendere con improbabili marchi un prodotto che non esiste; bisogna approcciarsi al problema con l’idea che certi processi sono di lungo periodo e che solo con il tempo e la buona progettualità – che sia lungimirante e non tesa a ottenere liquidità tutta e subito, impoverendo materialmente il patrimonio pubblico e dando vita a un consumo che, in quanto tale, è irreversibile – si possono ottenere risultati duraturi (e Matera insegna); perché se una mente sana è in un corpo sano, non si può pensare che una città possa avere un rilancio culturale se il suo assetto urbano è fatiscente.
StecaS
*Rielaborazione dell’intervento tenuto all’incontro organizzato, in data 2 febbraio 2015, dall’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Taranto relativamente al decreto legge del 5 gennaio 2015, n. 1, recante “Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto”, con riferimento all’art. 8 inerente le prospettive di recupero della Città Vecchia e la valorizzazione dell’Arsenale Militare.
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Ci sono diversi libri che, in relazione a queste tematiche, forniscono spunti di riflessione e approfondimento. Mi limito a citarne alcuni:
– A. Cederna, I vandali in casa, Bari 1956.
– S. Settis, Paesaggio, Costituzione, Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile, Torino 2010.
– V. De Lucia, Nella città dolente. Mezzo secolo di scempi, condoni e signori del cemento dalla sconfitta di Fiorentino Sullo a Silvio Berlusconi, Roma 2013.
– T. Montanari, Le pietre e il popolo. Restituire ai cittadini l’arte e la storia delle città italiane, Roma 2013.