La settimana della “My Little House” tarantina è stata una sette giorni di pioggia. Cristina Pancini, la poliedrica artista aretina ospite di casa Cafarelli in Città Vecchia, non si è lasciata intimorire e ha portato avanti il progetto dal titolo En plein air sfidando, con l’equipe del progetto e i cittadini che si sono messi a disposizione per prendere parte in maniera attiva all’evento, le intemperie in nome della creatività. Abbiamo fatto una chiacchierata con lei, a esperienza conclusa, e ci ha raccontato un po’ di sé e del progetto.
Cristina, se dovessi parlarci del tuo stile, come lo definiresti? Quali sono i punti fermi nella tua concezione artistica?
«La mia intenzione è quella di partire da un’urgenza legata ad un luogo o una situazione e, di volta in volta, modellarvi un linguaggio, con ambizioni di precisione tali da farla rivivere a chi assista o partecipi.»
Com’è avvenuto il tuo incontro con “My Little House”?
«Mi sono imbattuta su My Little House circa un anno fa. Ne sono rimasta colpita, perché appena reduce di un’esperienza molto simile: avevo trascorso un mese a Lipsia, nella camera di Natasha, una ricercatrice russa mai incontrata che mi aveva affidato la sua stanza tutta piena degli oggetti intorno ai quali, nel tempo, è nato (nothing but) Flowers, che a oggi conta una grande serie di disegni e un’installazione.
Ricordo la curiosità quando, rientrata a Milano, lessi di un progetto di “arte domestica” contemporaneo e affine al mio. Decisi così di contattarli, per verificarne la vicinanza di motivazioni ed intenti. Ricordo l’entusiasmo per un incontro fitto di chiacchiere in cui emerse la necessità comune di dialogo e ospitalità. E così, qualche mese fa, con mia grande gioia, mi hanno invitata a sviluppare un progetto a casa della Famiglia Cafarelli a Taranto Vecchia.»
Come si è svolta l’esperienza all’interno della casa?
«Partirei da Taranto Vecchia, che ho iniziato a conoscere prima di arrivarci, attraverso ricerche fatte di libri, video e lunghe chiacchierate con amiche originarie di lì. Mi sono resa subito conto, e purtroppo, che non sarebbe stato possibile andare a Taranto e ignorare la presenza dell’Ilva. Non sarebbe stato credibile però, se fossi stata io a parlarne, non ne avrei avuto l’esperienza. E’ nato così En plein air, approccio diretto verso la natura e titolo tendenzialmente cinico di questo percorso. Il progetto ha avuto inizio in salotto, con una piccola lezione di storia del paesaggio in pittura. La famiglia Cafarelli e alcuni dei loro amici hanno ascoltato la storia della Scuola dei Barbizon, i pittori francesi che, a partire dalla metà dell’800 decisero di ritirarsi nei pressi della Foresta di Fontainbleau (prima Riserva Naturale d’Europa nata per volere degli artisti e della popolazione tutta), per fuggire da città trasformate dall’industrializzazione e vivere a stretto contatto con la natura. En plein air erano le loro sessioni di pittura ed En plein air è stata la seconda fase del progetto che ha visto tredici adulti, concentrati e resistenti (sotto la pioggia!), dipingere dal vero uno dei paesaggi più deturpati d’Italia, quello che dal Mar Piccolo comprende l’Ilva. Con i dipinti degli adulti in mano sono corsa a casa per sottoporli ai bambini che hanno dato il via all’ultima importante e meravigliosa fase di questo progetto. I dipinti degli adulti, eredità di paesaggio sfigurato e problematico, sono stati ritagliati dai bimbi e da loro riutilizzati per creare “il paesaggio in cui ci piacerebbe vivere”. In un costante e ragionato confronto, su di un foglio di circa due metri per un metro e mezzo, hanno preso forma la sabbia, il mare, tre alberi giganti, nuvole da cui piovono diamanti commestibili, Kingo collo lungo, il pesce tromba, la scimmia cavalletta alata, il cavallo camaleonte, una para-monglfiera e tanti altri. L’uomo ne è stato escluso “altrimenti costruisce un’altra Ilva” mi ha detto uno dei bambini. Il grande paesaggio resterà dove è nato, a casa della Famiglia Cafarelli, perché è lì che ha valore.»
Cosa ti ha lasciato Taranto?
«Grazie a questa esperienza ho rafforzato in me un sentimento così forte da non prevedere sbavature, quello di urgenza di fronte a situazioni scomode. Credo che l’incredibile coinvolgimento, le tante risate e la commozione di quei giorni e le amicizie che ne sono nate abbiano avuto origine da lì. Delle persone che ho conosciuto, porterò con me la vitalità, il coraggio e la fiducia nel perseverare, nel lottare per il futuro dei loro bambini e della loro terra. Soprattutto, porterò con me la resistenza nel sostenere la bellezza, oltre i soprusi.»
Ringraziamo Cristina, il suo temperamento così aperto all’ascolto e pervaso dalla curiosità per ciò che la circonda, per aver regalato a Taranto una bella, ariosa finestra sull’arte e su ciò che essa, nel XXI secolo, tende a esprimere. Ricordando che la mostra è visitabile, su prenotazione, sino al 28 marzo (scrivendo a questo indirizzo email: anto.scaramuzzino@gmail.com), quello che ci preme sottolineare è che, quando le iniziative sono frutto del lavoro di team competenti, come quello di “My Little House”, i risultati sono veramente sorprendenti. Il coinvolgimento della cittadinanza – nonostante, occorre ribadirlo, la pioggia battente – a ogni livello di età, il bel clima di ospitalità e calore che si è respirato in casa Cafarelli all’apertura delle porte sull’esperienza di Cristina and Friends sono il risultato di un’apertura verso l’esterno, di una luce che viene da fuori: dall’idea di un progetto partorita nella Milano che si prepara all’EXPO ma che ha scelto probabilmente di allontanarsi, di portare, come una spora sulle ali del vento, una parte di sé in uno di quei luoghi non contemplati dall’ennesima occasione persa dell’Esposizione Universale del 2015 che, singolarmente, mostrerà come feticci opere e copie di grandi capolavori dell’arte italiana del passato, sottolineando la sua incapacità di guardare al futuro; dalla presenza di un’artista che, nata nella Toscana madre delle belle arti, sente sempre l’esigenza di spostarsi per lasciarsi sedurre dai luoghi con cui viene a contatto; dalla lungimiranza della famiglia Cafarelli che ha accolto con un sorriso – ho nella mente quello di Aglaia, sotto l’ombrello, carico di positività e colore – la sfida artistica lanciata su Taranto.
Per questa terra “My Little House” è stata la dimostrazione che la qualità e la creatività di oggi possono entrare a far parte anche del nostro immaginario. Lo diciamo così, forte ma senza retorica…
StecaS