Il maggior risultato di Bray è stato proprio quello di invertire la tendenza. Egli […] ha saputo parlare del patrimonio con il vocabolario della Costituzione: cioè non in termini di ‘petrolio’, ‘profitto’ e ‘valorizzazione’, ma di ‘cittadinanza’, ‘comunità’, ‘conoscenza’. In questo modo Bray ha tentato, e con successo, di ridare dignità a un mondo-quello della tutela del patrimonio–umiliato, delegittimato, marginalizzato. (Tomaso Montanari)
Il 17 novembre scorso Taranto ha ospitato il Ministro dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini (PD) per mostrargli i gioielli di famiglia: dopo Francesco Rutelli nel 2007, e Massimo Bray lo scorso anno, anche Franceschini è stato portato in visita al M.Ar.Ta., accompagnato dalle massime autorità del Museo e della città; naturalmente, ha incontrato anche il candidato alle primarie del centro-sinistra per le prossime regionali, Guglielmo Minervini. Il Ministro si è detto entusiasta della città e delle sue potenzialità, ripetendo che “bisogna investire”. Gli è stata, poi, posta l’immancabile domanda sulla “Taranto spartana” e, anche lì, ha risposto che “Sparta è un brand che nel mondo ha un successo incredibile. Tutto il mondo. Nel mondo dello sport e in tanti settori…”.
Sarebbe stato interessante capire quali sono i “tanti settori”, essendo la spartanità associata soprattutto a formazioni sportive che fanno perno sulla caratteristica principale dei Lacedemoni, ovvero quella di essere guerrieri – non certo letterati – che ben si sposa con un contesto di competizione agonistica. Un po’ meno con la cultura.
Il Ministro è stato anche accompagnato in Città Vecchia a vedere gli ipogei. Al di là del mantra “bisogna investire” e “bisogna valorizzare”, andrebbe capito se ci sia un piano per la Città Vecchia. Perché, in caso contrario, non è ben chiaro cosa si debba brandizzare! Non è possibile alcun progetto di rilancio turistico della città se non si va incontro al risanamento della Città Vecchia – propedeutico alla sua valorizzazione – e, in generale, della città tutta. Non si può sperare che un turista a Taranto debba limitarsi alla visita dei “sepolcri imbiancati” con la città intorno che, se ci si scosta appena dagli assi principali, diventa impraticabile. Si otterrebbe l’esatto contrario del turismo, ovvero un passaparola virulento che porterebbe la gente lontana da Taranto in quanto non rispondente alle aspettative decantate attraverso il brand.
Concetto che pare di difficile assimilazione: dopo il servizio della trasmissione televisiva “Alle falde del Kilimangiaro” nel quale veniva mostrato lo stato reale della Città Vecchia (il servizio qui), c’è stata la levata di scudi da parte di una fascia dell’opinione pubblica che ha contestato il fatto che l’immagine turistica della città sia stata “falsata”. Peccato che tutto ciò che si è visto nel servizio è reale ed è costantemente sotto gli occhi di tutti. Non si comprende, ancora, cosa si vorrebbe brandizzare.
Poi: “investire”, “valorizzare”… Chi investe? Con che soldi si valorizza?
Il meccanismo della cultura pare essersi inceppato.
Diversi film – tra cui uno che ha tra i protagonisti la showgirl Belen Rodriguez – hanno ricevuto finanziamenti dal MiBACT per 200.000 euro l’uno in quanto ritenuti di “interesse culturale”; il Ministro Franceschini ha fatto propria la battaglia per il rilancio del Colosseo come arena (sito che i turisti vanno a vedere a prescindere) quando, in realtà, ci sarebbero un milione di cose da salvaguardare o, semplicemente, valorizzare (intendendo con valorizzazione il “far conoscere” e non il “far moneta”); il Ministro è sempre quello che ha “riformato” il MIBACT depotenziando le Sovrintendenze e che ritiene eccessive le preoccupazioni sullo “Sblocca Italia” da parte del FAI che teme la cementificazione del Paese; poi però i reperti archeologici vengono mandati da Roma in America per essere studiati – a che servono i ricercatori in Italia? – e la Soprintendenza Capitolina deve fare appello ai volontari per tenere aperti alcuni siti di pubblico interesse – a che servono gli operatori culturali in Italia? Le parole di Giuliano Volpe, presidente del Consiglio Superiore per i Beni Culturali, sono delle frustate quando si esprime a proposito del nuovo progetto per il Colosseo dicendo: “Basta con i feticismi, spieghiamo ai visitatori cosa è stato il Colosseo e quali funzioni ha svolto”. Il feticismo sarebbe la tutela e conservazione tal quale del monumento così come ce l’ha restituito la storia? La funzione del Colosseo si ricava da qualunque libro di storia o storia dell’arte: basta aprirlo. Sembra di essere tornati al Medioevo, quando per far comprendere dei concetti a un popolo analfabeta si doveva ricorrere alle immagini esplicative.
Nel suo piccolo la città di Taranto offre uno spaccato della deriva culturale di questo Paese: si pensa alla creazione dell’immagine di qualcosa che nella realtà non c’è, sfruttando un lembo della sua variegata storia della città (lunga giusto qualche millennio!): un momento che peraltro ha tramandato, materialmente, poco o nulla di sé. E non è attraverso una rievocazione storica in costume una tantum che si attira la gente in città. Il turista va a Torino, Milano, Firenze, Roma, ecc., perché vuole vedere quello che si è conservato nel tempo: ciò che l’esistenza di un clima culturale ha permesso di conservare. Qui si vuole costruire dal nulla sfociando, oltre che nel cattivo gusto, nel folklorismo (e non folklore, che è espressione della tradizione popolare che ha, comunque, una radice culturale).
Le emergenze di Taranto sono quelle che abbiamo sotto gli occhi; e anche il suo patrimonio. Forse si sarebbe dovuto maggiormente insistere su una Pinacoteca Civica, su una Galleria d’Arte Contemporanea, sui luoghi della cultura che a Taranto scarseggiano, sulla supremazia della competenza sull’improvvisazione – lasciare, ad esempio, che ad accompagnare i turisti siano le guide abilitate. Ricordo il 29 dicembre del 2013 quando Massimo Bray venne condotto da Angelo Cannata – presidente de “Le Sciaje” e guida turistica abilitata – nella Città Vecchia, a vedere le contraddizioni: il bello e il degrado. Allora un processo pareva in atto, Bray tornava a Taranto nel febbraio promettendo tutto il proprio impegno nella tutela innanzitutto del centro storico, fornendo delle risposte. Poi, sappiamo com’è andata a finire con l’avvento di Renzi.
Oggi il Ministro Franceschini parla di investire “anche sul suo centro storico e sugli altri monumenti che [la città] possiede”, esaltando progetti sui quali ci siamo già espressi e legittimando, in tal modo, la vendita di un territorio per quello che non è (e che non ha!).
Franceschini, d’altronde, non ha mai fatto mistero della sua idea di patrimonio culturale: il “petrolio d’Italia”, praticamente un balzo indietro rispetto a quanto portato avanti da Bray. Sarebbe forse il caso di approcciarsi in maniera un po’ più critica ai punti di vista di un Ministro che, se non fosse un politico, farebbe di professione l’avvocato.
Altrimenti, immaginate di chiedere una consulenza medica al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin.
Vi fidereste ciecamente?
StecaS