Mercoledì 21 ottobre, a Palazzo di Città, si è tenuto un incontro organizzato dall’AICC (Associazione Italiana di Cultura Classica) dal titolo “Nuove ricerche sulla colonizzazione greca: il caso di Saturo“. L’iniziativa ha focalizzato l’attenzione sugli scavi effettuati nell’area di Saturo, presentati dal professor Enzo Lippolis, accademico dell’Università La Sapienza di Roma e, dal 2008, direttore dei recenti scavi archeologici compiuti al Santuario della Sorgente e sulla cosiddetta “acropoli”.
Gli scavi di Saturo sono avvenuti in diversi periodi del ‘900: all’inizio del secolo sotto la direzione di Quintino Quagliati, negli anni ’40 con Ciro Drago, e negli anni ’60 con Felice Gino Lo Porto. Gli scavi sull’acropoli hanno portato alla luce diverse fasi di vita appartenenti a differenti epoche storiche. Sul promontorio sono state scoperte tracce di un villaggio proto-appenninico risalente al 1800-1700 a.C.; questo fu abbandonato tra il XV e il XIV secolo a.C., per poi essere ricostruito nel XIII a.C., in epoca tardo-appenninica. La presenza di questo villaggio è segnalata dal ritrovamento di buchi per alloggiamenti di pali, muretti e lavorazioni del banco roccioso appartenenti a capanne che fungevano da “abitazioni”. Coeva è inoltre una struttura composta da pietre di medie dimensioni sbozzate ed allettate a secco, emersa nello scorso anno, delle dimensioni complessive di circa 16 × 4,50 m, con orientamento nord-ovest/sud-est, che si conserva per un elevato di massimo 0,60 m. La larghezza dello spazio interno tende a ridursi progressivamente verso l’accesso, posto sul lato sud-orientale e chiuso da due brevi ante, dove raggiunge i 3 m circa. La sua pianta ricorda molto un “megaron“, il palazzo simbolo del potere nella società micenea, con la quale la popolazione autoctona di Saturo aveva intensi scambi commerciali, come si può notare nei numerosi frammenti ceramici ritrovati nell’area e datati all’Età del Bronzo Recente.
Il villaggio è delimitato da un muro ad aggere, che costituiva il sistema di fortificazione che iniziava dall’acropoli e proseguiva fino alla baia di Porto Perone. Tra l’XI e il X secolo a.C. avvennero una serie di cambiamenti nell’insediamento, che portarono all’abbandono del promontorio, il quale sarebbe stato rioccupato fra il IX e l’VIII sec. a.C. da genti iapigie, che ripresero le comunicazioni con l’area greca. Al villaggio iapigio appartenevano una serie di capanne con buchi di palo e muretti di pietre. Tuttavia il ritrovamento più significativo ha riguardato un ambiente ipogeico nel banco roccioso, identificato dal Lo Porto come una “cucina”, per via della presenza al suo interno di quattro fornelli a ferro di cavallo. Alla fase iapigia si sovrappone una presenza greca, iniziata presumibilmente con la colonizzazione spartana dell’area a partire dalla data canonica del 706 a.C. Infatti nella parte settentrionale del promontorio sono stati intercettati quattro blocchi isodomici appartenenti ad una struttura rettangolare che si addossa al banco roccioso, come dimostrano le tracce degli incassi dei blocchi sulla pietra calcarenitica. Il santuario fungeva da limite territoriale controllato dai cittadini di Taranto e mostrava una certa attività tra il VI e V secolo a.C., come si evince dal ritrovamento di due stipi con materiale votivo.
Il professor Lippolis si è anche soffermato sugli altri scavi effettuati nel pianoro a Nord del promontorio, dove vari saggi di scavo hanno individuato strutture (oikoi). Queste ultime sono di epoca greca e riferibili ad un contesto sacro appartenente al culto di Afrodite Basilis. Secondo una teoria del professore, esse erano delle aree funzionali a banchetti per riti simposiali, al cui interno vi dovevano essere delle klinai (letti) sui quali si sdraiavano i conviviali. Il rituale è importato dai Tarantini dalla madrepatria Sparta, e il tipo stesso di queste costruzioni lo si può riscontrare nella tombe a camera tarantine di epoca arcaica – di cui la Tomba degli Atleti è la più esemplificativa.
Lo scavo di Saturo si è rivelato molto importante per poter capire meglio l’occupazione del territorio prima della colonizzazione. Esso ha consentito soprattutto di ricavare molti dati sulla presenza costante dei Greci sulle coste della litoranea ionica sin da epoche protostoriche. Il ritrovamento di ceramiche e di strutture ispirate alla cultura micenea lasciano intendere come Micene avesse già formato nell’area degli “insediamenti” o forse degli empori per scambi commerciali – un altro di essi è stato ritrovato su Scoglio del Tonno alla fine del XIX secolo. I Micenei e la popolazione indigena, molto probabilmente, hanno vissuto pacificamente gli uni vicini agli altri; solo la caduta della potenza micenea portò l’insediamento di Saturo ad una destrutturazione. Il sito fu risanato in seguito all’arrivo di popolazioni iapigie, le quali riattivarono i canali di scambio con la Grecia. L’arrivo dei Parteni segnò la fine dell’insediamento indigeno nell’area. A Saturo i Greci stessi costruirono santuari come segno non solo di auspicio, dal momento che quella era la baia su cui sbarcarono i coloni, ma soprattutto come segno di confine dei territori da loro occupati.
Il professor Lippolis, seguendo le scoperte degli scavi a Saturo e le fasi della colonizzazione greca, ha potuto evidenziare un’affinità con epoche più recenti. Le colonizzazioni di età moderna hanno portato alle civiltà subalterne la cultura dei popoli occupanti; d’altro canto, gli stessi Greci esportarono in Magna Grecia il loro patrimonio di conoscenze, che venne assimilato dalle popolazioni autoctone. Nuovi rituali, nuove economie, l’alfabetizzazione crearono nelle aree di colonizzazione una cultura omogenea, che influenzò molto anche l’altra grande potenza nascente in Italia: Roma. In epoche successive, le modalità di colonizzazione degli Europei negli altri continenti sono state identiche a quelle che i Greci prima, e soprattutto i Romani poi, usarono nel Mediterraneo. Le popolazioni autoctone sono state trattate come schiavi e soggette ai voleri dei padroni; la loro cultura man mano ha risentito dell’invasione dei linguaggi e degli stili di vita degli occupanti, ma il momento finale ha coinciso con la loro totale assimilazione all’interno della cittadinanza e dell’apparato statale degli occupanti. Le nazioni dell’America sono un esempio della creazione di una società omogenea in cui convivono varie “etnie”. Nella nostra stessa epoca siamo soggetti ad una sorta di “colonizzazione mediatica” attraverso la quale culture esterne influenzano significativamente il nostro stile di vita – dall’aggiunta di parole straniere nel nostro parlato al modo di vestire.
In conclusione, vorrei esprimere alcune considerazioni personali. La settimana scorsa si è conclusa la campagna di scavo 2015 a Saturo, ed è stato il mio quinto anno consecutivo di partecipazione. L’esperienza didattica, professionale e umana che ho ricavato in questi anni mi ha dato modo di crescere sia sul piano prettamente archeologico, offrendomi l’occasione di imparare cose sempre nuove ogni giorno, sia come cittadino di Taranto. Poter assistere al rinvenimento di quella che è stata la base della creazione della mia amata città mi dà la forza per affrontare il nostro attuale periodo storico, e soprattutto un futuro fatto di incertezze che sembrano senza soluzioni. Tuttavia, la Storia che ho potuto studiare e veder risorgere dalla terra mi ha insegnato che, per quanto difficile sia la vita, c’è sempre il momento per poter rinascere ed illuminare il buio dell’epoca passata.
BIBLIOGRAFIA
G. LO PORTO, Satyrion, in Notizie degli scavi, 1964.
DELL’AGLIO, Il parco archeologico di Saturo-Porto Perone, Taranto 1999.
LIPPOLIS, C. M. MARCHETTI, V. PARISI, Saturo (TA), campagne di scavo 2007-2013, in Scienze dell’antichità, Roma 2014