Lunedì 3 febbraio, presso la Libreria Mandese di Viale Liguria, Silvia Avallone ha presentato il suo nuovo romanzo “Marina Bellezza”.
Sono andata all’incontro con la semplice curiosità di scoprire – attraverso l’incontro con l’autore – come è nato un libro che ha particolarmente colpito e che racconta una realtà che forse non tutti conoscono fino in fondo; quell’incontro però non è stata una semplice presentazione dove viene spiegato come nasce un libro, è stato qualcosa di più.
Lo stile dell’autrice è sicuramente quello di raccontare particolari realtà del nostro paese, infatti nel suo precedente romanzo “Acciaio” aveva descritto la vita dei ragazzi di Piombino, dove il lavoro in fabbrica è l’unica possibilità di portare a casa uno stipendio e non c’è spazio per avere dei sogni, crearsi un’alternativa.
In “Marina Bellezza” invece si parla della Valle Cervo – nello specifico la zona del biellese – e questa volta vengono messe a confronto due personalità di una stessa generazione; da una parte c’è Marina, una ragazza intraprendente e determinata, che ha come obiettivo quello di andar via dalla Valle Cervo e diventare famosa grazie al suo talento canoro ed alla sua bellezza.
Dall’altra c’è Andrea, figlio di avvocato, potrebbe avere la strada spianata in qualsiasi campo ma ciò che gli interessa non è un’alta posizione nella società o il successo, lui non vuole un lavoro che si potrebbe fare ovunque, vuole tornare alle tradizioni della sua terra diventando margaro e producendo il maccagno come faceva suo nonno, anche a costo di andare contro la sua famiglia.
Durante la presentazione l’autrice ha spiegato il perché della scelta di due personaggi così diversi, ma così simili a molti giovani del nostro paese.
Marina, con il suo carattere sfacciato può apparire a primo impatto una ragazzina viziata e senza valori, che vuole diventare famosa perché per lei è il modo migliore per ottenere un riscatto sociale. In realtà, come ha sottolineato l’autrice, Marina è semplicemente figlia del suo tempo, di quel ventennio dove la televisione ha presentato lo stereotipo della donna che diventa “qualcuno” grazie alla propria bellezza esteriore, senza parlare di altri tipi di donna, quelle che – tanto per fare un esempio – semplicemente vengono riconosciute competenti nel loro lavoro, e che quindi hanno avuto il loro “riscatto” agli occhi della società perché considerate “migliori” dei propri colleghi uomini.
Andrea invece incarna quella generazione convinta del fatto che le possibilità bisogna crearsele, che il passato non va buttato e dimenticato ma deve essere utilizzato per crearsi un futuro, anche se la gente e le situazioni con cui si ha a che fare sembrano avverse.
Il romanzo, indirettamente, parla anche di un fenomeno sociale che si sta verificando in varie parti d’Italia: il ripopolamento delle province. Le grandi città costano, a volte deludono le aspettative che si avevano quando si è deciso di partire, ed una volta li si sente lo strappo dalla propria terra e dalle proprie origini, a quel punto – citando una frase del libro – tanto vale “ritirarsi sul confine” e crearsi un’alternativa.
Quando è stato chiesto all’autrice cosa la porta a scrivere su determinate tematiche, lei ha spiegato che – dal suo punto di vista – il compito dei libri deve essere quello di raccontare delle storie e delle realtà, perché gli altri mezzi (come ad esempio la tv) non sono in grado di farlo davvero. Nelle varie trasmissioni televisive si discute su temi più disparati (es. disoccupazione) ma da quelle trasmissioni non traspare cosa prova una persona che vive una determinata realtà, mentre attraverso un libro si “diventa” quella persona, si comprende davvero quali siano i problemi di fondo e quindi ci si può creare una determinata opinione, capire come si può agire e ribellarsi.
Silvia Avallone, durante l’incontro, è andata oltre la semplice presentazione del libro – ha raccontato una generazione che non si arrende, la quale si è resa conto che vivere il presente giorno per giorno non basta per costruirsi un futuro. Il futuro si costruisce guardando al passato, alle proprie radici, prendendo cosa c’è di buono e trasformandolo in opportunità.