Potete a buon diritto criticare la CGIL, l’organizzazione sindacale confederale che sabato ha portato nelle strade di Roma un milione di lavoratori, precari, disoccupati e pensionati. Ma non per quanto fatto sabato. Anzi, per rinforzare il vostro diritto alla critica e dargli una parvenza di coerenza, proprio sabato avreste dovuto scendere in piazza.
Potete dire che i rinnovi contrattuali al ribasso sottoscritti dal sindacato, a partire da inizi anni Novanta, hanno facilitato la deriva attuale sottraendo quote di salario ai lavoratori italiani (tacito accordo “padroni-sindacato”); è vero, ma il processo di “neoliberalizzazione” delle coscienze e delle politiche economiche prende vigore negli anni Ottanta in USA e Gran Bretagna e, con la caduta del Muro di Berlino, contagia l’Europa, tutta l’Europa, chi più chi meno. La quota di salari su reddito è crollata in tutto il mondo occidentale; ciò significa che tutte le organizzazioni sindacali, anche quelle svedesi, hanno subìto il processo di “colonizzazione neoliberista dei cervelli”, se proprio volete saperlo. La globalizzazione è stata il grimaldello attraverso il quale scardinare i confini per permettere ai capitali di spostarsi velocemente da un paese all’altro al grido “speculare è bello e redditizio”, spremendo ulteriori profitti dalla compressione dei costi del lavoro; un “sindacato mondiale” o, magari, una Confederazione Europea dei Sindacati che funzioni meglio non è molto semplice da realizzare. Converrete con me, spero, che il discreto fascino dell’individualismo liberista – che ha contagiato anche voi – e la buona novella secondo la quale “non esiste lo Stato ma solo gli individui” non costituiscono il brodo culturale migliore per intavolare trattative sui contratti collettivi nazionali. D’altra parte, un sistema di tutele universali dei “lavori” e non dei “posti di lavoro” contempla una tassazione diretta equa – la patrimoniale che ieri la Camusso reclamava dal palco – e la sostanziale riduzione dell’evasione fiscale: che responsabilità ha la CGIL in merito all’evasione fiscale italiana? E non ditemi che non avete subito il fascino della “scoperta dell’America” con le vostre comode piccole rate che vi hanno permesso di acquistare i beni di consumo che oggi vi circondano… Se non avete subìto questo fascino è perché potete comprarvi le cose senza fare rate – e quindi non vi serve un sindacato e, anzi, dalla compressione dei salari degli altri magari traete vantaggio – oppure perché non avete un lavoro o siete precari. E, in questo secondo caso, cosa fate? Proprio nel giorno in cui la Camusso (quindi la CGIL) ammette che l’organizzazione ha sottovalutato per lungo tempo il problema del precariato – pur avendo creato il NIDIL -, proprio nel giorno in cui Camusso chiede al governo a cosa serva il contratto a tutele crescenti se non si eliminano le altre forme di precariato e il decreto Poletti, voi restate a casa e criticate?
Potete dire che la CGIL è un poltronificio ed una rampa di lancio per futuri politici del PD o di SEL. La CGIL è un’organizzazione sindacale che, volente o nolente, fa politica e sceglie gli interlocutori che “non sono per sempre” e che sembrano essere più sensibili ai temi del lavoro inforcando gli occhiali, talvolta con lenti molto poco a fuoco, dei propri dirigenti. La CGIL è fatta da uomini e donne che, come tali, sbagliano ed hanno idee politiche anche mutevoli (ed il diritto di averle, aggiungerei); che le grandi organizzazioni siano burocratizzate non è una scoperta odierna, mi sembra: basta vedere come è gestito il M5S delle novità. Storia è, storia sarà e, se volete saperlo, la retribuzione dei segretari generali di categoria in CGIL è piuttosto nota e non certo faraonica, comunque molto più bassa degli emolumenti parlamentari di un qualsiasi inutile Di Maio a cinque stelle (restituzioni incluse), uno che “il sindacato ha contribuito a questo stato di cose”. Provate a dirmi, oggi, se il M5S non è un partito con un boss stralunato che, al netto degli immancabili richiami alla pancia degli elettori (tutto ed il contrario di tutto), ha difficoltà a elaborare strategie politiche ed economiche unitarie. E provate a dirmi che Renzi non è il contraltare piddino di Grillo (che ne è infatti spiazzato). E allora? Proprio quando l’organizzazione fa il suo mestiere, cioè difendere il lavoro e la dignità delle persone, proprio quando la CGIL va in piazza a smascherare le panzane berlusconesche di un “caudillo” eterodiretto da quei poteri forti che dice di voler combattere, proprio allora voi non scendete in piazza?
Potete dire, come succede a Taranto con Ilva, che la CGIL non si occupa della salute di operai e cittadini per difendere lo sporco lavoro di fabbrica. La CGIL è un’organizzazione sindacale nata per difendere il lavoro e la dignità del lavoratore (quindi anche la salute), non per indicare soluzioni di politica economica ed industriale: questi sarebbero compiti dello Stato. Eppure anche a livello locale – come al livello nazionale attraverso il Piano del Lavoro – il sindacato ha indicato una propria strategia proprio perché è in ballo la salute degli operai e dei cittadini. A Taranto lo Stato ha dimostrato, ancora una volta, di esistere per difendere pochi interessi dell’imprenditoria italiana. Volete capirlo o no che qualsiasi soluzione “privata” o “mista” di bonifica si risolverà come è sempre stato negli ultimi decenni in un ulteriore enorme spreco di risorse pubbliche senza alcuna risoluzione dei problemi e con la perdita irrecuperabile dei posti di lavoro? Il pesce è marcio dalla testa: gli accordi di programma di Porto Marghera si sono risolti in una lotta all’accaparramento di suoli appetibili per gli speculatori edilizi. Bagnoli sta acora come sta dopo 30 anni. Guarda caso a Taranto ampi strati di quell’imprenditoria peracottara – che ha prima vissuto delle commesse pubbliche e private di ILVA – adesso si riposiziona sul mercato in modalità “ambientalista” prevedendo succulenti introiti. E vi siete scordati di Vestas, la multinazionale “verde” con i bilanci in attivo a Taranto, che ha minacciato di delocalizzare in Spagna salvo tornare sui propri passi dopo l’iniezione di liquidità da parte della Regione?
Potete dire che è inconcepibile manifestare accanto a Civati, Fassina e Bindi, contraddizioni viventi del PD dell’austerità. Si potrebbe rispondere che le analisi delle pirotecniche acrobazie intellettuali di questi professionisti della poltrona sono la passione mia e di altri miei amici – in attesa di capire come voteranno al momento della fiducia sul Jobs Act alla Camera dei Deputati. Ma, per difendere il mio diritto a protestare e fischiarli accanto a chi la pensa come me, essere lì è stata un’opportunità irripetibile.
Potete dire che non esiste più “destra e sinistra” oppure, come ho appreso da commenti su FB, che “la sinistra è morta e non lo sa” o “che la sinistra vera non era in piazza”, espressioni che fanno ridere i tanti che, nel tempo, hanno elaborato la propria strategia elettorale allontanandosi progressivamente dal PD in parabola destrorsa. Che i tempi di Berlinguer fossero migliori (e che la dirigenza PCI fosse molto migliore di questo PD) è un dato di fatto, ma il 25 Ottobre c’era la CGIL in piazza e la parola “sinistra” è tornata sulla bocca di molta gente. Si, perché è una parola che fa paura, soprattutto quando ad esorcizzarla si erigono i professionisti dell’evasione fiscale (quelli che Renzi non intende disturbare) e i manager della finanza e della produzione, quelli ai quali fa comodo avere a disposizione “manodopera anche intellettuale di riserva a basso costo” e che sponsorizzano poi le iniziative imprenditoriali private anche nella mia città. Rassegnatevi: voi siete di destra, amici miei, indipendentemente dalle casacche che indossate a giorni alterni. Poi ci sono quelli che “sono tutti uguali” e che, senza lavoro, tentano la strada dell’auto-imprenditorialità: vaglielo a spiegare che “il lavoro è un diritto” è un concetto di sinistra…
Potete chiedere con tono inquisitorio “chi ha fornito i mezzi alla CGIL per portare un milione di persone in piazza?”. Ecco, a voi – alcuni dei quali so per certo essere ex comunisti saliti sul carro del vincitore – dico semplicemente: vergognatevi! Dubito che siate capaci di farlo, purtroppo. Io personalmente conosco il bilancio della Fisac Taranto e della Fisac Puglia; so quali voci lo costituiscono e so che i Segretari Regionali si spostano in bus per fare economia. So quali sono le cifre spese per il vitto e, certamente, non parliamo dei finanziamenti milionari di Davide Serra, il CEO del fondo speculativo Algebris che ha scommesso soldi sul crollo del titolo MPS dopo aver diffuso notizie catastrofiche sul suo bilancio, ampliando le dimensioni della caduta e facilitando la “ristrutturazione” aziendale sulla pelle dei colleghi bancari. La paura senile per il futuro vostro o/e dei vostri figli, che si traduce nella tendenza a voltarvi come girasoli verso nuove fonti di luce, mi fa letteralmente schifo soprattutto se, come spesso accade, siete uomini di cultura. Rimanete piccoli.
Ciò che è successo sabato è tutto nelle parole dell’attempata signora proprietaria dei due barboncini bellissimi che ho voluto accarezzare in viale Aventino, uno dei rioni più “in” e suggestivi non solo di Roma ma del mondo. “Ma chi siete? E perché queste cose le organizzate sempre qui e ci disturbate? Andate a lavorare”.
Naturalmente non ho risposto, ma ho pensato che il 10% che possiede il 47% delle ricchezze italiane considera, oggi come nei secoli scorsi, semplicemente un fastidio la naturale esigenza di dignitosa sopravvivenza delle altre persone: tratterebbero meglio i cani, che non fanno domande e si piegano fedelmente ai voleri del padrone, ma non sopportano gli uomini che rivendicano la propria autonomia con dignità.
Mi dispiace, signora, ma tutti erano lì proprio per disturbare. Speriamo di esserci riusciti.