Il 28 Novembre i Rettori delle Università del Sud hanno voluto ed ottenuto un incontro con il Ministro Carrozza in merito al Decreto sui Punti Organico, il quale regola la capacità di assumere personale da parte degli Atenei e penalizza fortemente le realtà meridionali[1].
In concomitanza di questo incontro è partita una mobilitazione generale in tutto il Mezzogiorno da parte degli studenti, dopo la pubblicazione di un appello alla sospensione della didattica nato in Puglia[2] e poi esteso anche in altri Atenei del Sud Italia, con iniziative di vario genere per informare gli studenti sulla situazione ed i rischi a cui si potrebbe andare incontro.
Su iniziativa del prof Paolo Stefanì (Senatore Accademico e docente del Dipartimento Jonico) è stata organizzata un’assemblea pubblica aperta a docenti e studenti presso l’aula 2 della sede universitaria della città Vecchia (ex Caserma Rossarol), alla quale si è registrata attiva partecipazione sia del corpo docente che degli studenti.
L’assemblea è stata introdotta da un intervento del prof Stefanì, al quale sono seguiti quelli di docenti e studenti.
I docenti si sono soffermati sulle conseguenze dirette che questo decreto avrà sul Polo Jonico: il mancato ricambio del personale per il blocco delle assunzioni può mettere a serio rischio la didattica; i corsi di laurea sono destinati alla chiusura perché mancheranno i docenti garanti stabiliti per legge, attraverso i parametri del c.d. “Decreto AVA”[3]. Quello che non è stato detto esplicitamente (ma che è facilmente immaginabile) è che nel momento in cui i vari dipartimenti si ritroveranno senza personale docente necessario a garantire i corsi di laurea di Bari, potrebbero chiedere ai docenti che attualmente insegnano a Taranto di fare da garanti per i corsi della sede centrale; in questo modo si avrebbe – indirettamente – la chiusura dei corsi del polo jonico.
L’analisi dei docenti si è soffermata anche su un punto fondamentale: l’università non deve essere un esamificio; deve essere “l’anello che congiunge la formazione con la professione”. Non deve essere considerata una prosecuzione della scuola superiore. La didattica è importante, ma non è la sola cosa che fa di un Ateneo un’eccellenza: si deve dare ampio spazio anche alla ricerca, e questo nel Polo Jonico non viene fatto anche per la mancanza di fondi.
La ricerca è importante anche perché attraverso di essa i giovani talenti riescono a far fruttare la formazione ricevuta consentendo lo sviluppo ed il progresso del proprio territorio. Se una sede universitaria non porta avanti la ricerca, i giovani talenti emigrano portando le loro conoscenze altrove, e conseguentemente impoverendo il territorio che ha permesso loro di acquisire una determinata formazione.
Infine, si è anche discusso dell’ipotesi che questa serie di provvedimenti legislativi – che mirano a creare delle università di seria A ed altre di serie B – sfocino poi nell’abolizione del valore legale del titolo di studio, la cui conseguenza sarebbe appunto il differente valore dato al titolo di laurea a seconda dell’Ateneo nel quale viene conseguito.
Conclusi gli interventi dei docenti, hanno preso parola gli studenti. Il pensiero comune è che bisogna cercare di sensibilizzare tutti affinché si venga a conoscenza di quei provvedimenti che possono danneggiare l’Università, e quindi anche il Polo Jonico. Chiudere le sedi universitarie significa negare il diritto allo studio ad una parte della popolazione studentesca; non tutti infatti hanno la possibilità economica di studiare fuori, e sappiamo benissimo che non tutti i “capaci e meritevoli ma privi di mezzi” (art. 34 Cost.) ricevono le borse di studio, in quanto i fondi non sono sufficienti.
Questo è ciò di cui si è discusso durante la giornata, ora va fatta una riflessione.
Come ho accennato nel mio intervento durante l’assemblea, il decreto sui Punti Organico non è che l’ultimo di una serie di provvedimenti che – a partire dal 2008 – hanno smantellato progressivamente l’Università Pubblica. Ognuno di questi provvedimenti ha avuto delle conseguenze dirette sul Polo Jonico: chiusura dei corsi di laurea, tagli di servizi agli studenti, problemi di manutenzione delle strutture non risolvibili per mancanza di fondi, aumenti delle tasse.
A questo si aggiungono i tagli ai fondi del diritto allo studio, i quali a Taranto hanno causato una diminuzione del 25% sulla copertura delle borse di studio (precisazione: la copertura del 100% dello scorso anno si è avuta grazie alla battaglia portata avanti da LINK, grazie alla quale la Regione ha stanziato dei fondi extra derivanti dai fondi Europei inutilizzati).
Per ognuno di questi provvedimenti ci sono stati tentativi di sensibilizzazione e di coinvolgimento degli studenti, ma nella maggior parte dei casi l’indifferenza ha fatto da padrona.
Va detto poi che quello del 28 è stato uno dei rari momenti (se non davvero l’unico) dove i docenti si sono mobilitati per creare un’assemblea pubblica riguardante un provvedimento che danneggia il Polo Jonico.
Forse la verità va ricercata nel fatto che a Taranto non esiste una vera cultura universitaria. L’Università viene vista come un esamificio: il luogo dove si svolgono le lezioni e si consegue la laurea; non come un mezzo per poter far crescere questo territorio, farlo uscire dalla monocultura dell’acciaio e far risvegliare la nostra città dal torpore che la governa da ormai troppo tempo.
Quando si parla di ILVA, o di qualsiasi altra azienda importante del territorio che rischia la chiusura (es. caso Vestas) partono nell’immediato mobilitazioni, lamentele, interventi di istituzioni ecc .; quando si parla di Università no. C’è chi cerca di fare sensibilizzazione sul tema, ma dalla popolazione non arriva una risposta – e questo atteggiamento poi si ripercuote sui ragazzi che l’Università la vivono ogni giorno.
Non si riesce a capire che avere un Polo Universitario di qualità non solo è un modo per evitare la “fuga di cervelli” dal nostro territorio, ma anche un modo per attrarre studenti dalle regioni limitrofe (es. Basilicata/Campania) che – nel periodo di studi – si stabilizzerebbero qui portando una boccata d’ossigeno all’economia della nostra città.
Dell’incontro tra Ministro-Rettori non ne è uscito nulla di buono: vi è l’assenza di impegni concreti sul ripristino dei 300 milioni di euro sottratti dal Governo Monti e dei 41 milioni di fondi straordinari per gli atenei, così come nessun correttivo sul DM Punti Organico 2013, né tanto meno sulla contribuzione studentesca che in questo contesto potrebbe aumentare vertiginosamente.
Quindi cosa si può fare ora?
La “strategia” da seguire dovrebbe essere quella di creare continue assemblee tra docenti e studenti, informarsi, informare, sensibilizzare. Solo se vi è una mobilitazione di tutti si è in grado di costringere le istituzioni a cambiare rotta. Con l’indifferenza generale non si arriva da nessuna parte; semplicemente si facilita il lavoro di chi vuole tagliare e distruggere ciò che rimane della nostra Università.
L’auspicio quindi è che quella del 28 non rimanga l’unica forma di mobilitazione del Polo Jonico.
[1] http://www.siderlandia.it/2.0/index.php/decreto-punti-organico-come-affossare-ulteriormente-luniversita-pubblica/