Ritorna la classifica dei migliori album dell’anno secondo Perle ai Porci o quanto meno di quelli che mi hanno fatto più compagnia; mentre la redazione è alle prese con lo smaltimento dei grassi in eccesso su questa rubrica continuiamo a gozzovigliare. Spero che il vostro 2016 sia stato musicalmente interessante e che vi siate tenuti alla larga da certe stronzate sonore che solo in Italia possono attecchire. Ma bando alle ciance e buttiamoci come un amministratore su di un appalto pubblico nella lettura della classifica
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Childish Gambino – Awaken, My Love
questo disco è la dimostrazione che le classifiche non andrebbero mai fatte a novembre, come fatto da molti giornali del settore, altrimenti ci si perderebbe un album come questo che invece merita di esserci.
Uscito il 2 dicembre è una perfetta sintesi tra r&b e il funk anni 70, quello vagamente psichedelico dei Funkadelic di George Clinton. Un must dei miei ascolti. Particolare divertente: il suo nome d’arte viene da un sito dove è possibile generare il proprio nome d’arte per entrare nel Wu Tang Clan, tanti saluti da me Irate Ninja.
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Chris Cohen – As If Apart
dopo il bellissimo Overgrown Path del 2012, mio disco preferito di quell’anno, il buon Chris ritorna col suo pop rock intimo, il suono è meno casalingo rispetto al passato, ma ti arriva ancora al cuore, le influenze sono ancora saldamente negli anni 70 e Chris dimostra di saper ancora ricreare quell’atmosfera. Su tutto svetta la sua voce sussurrata e calda, il disco delle mie domeniche primaverili noiose.
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Parquet Courts – Human Performance
una band che in Italia in pochi conoscono, ma che negli Stati Uniti si è già fatta un nome con sei album in sei anni. Human Performance è il sesto ed è un’altra tappa in quel percorso tra new wave e rock anni 90, fatto bene, anche con una vaga aria intellettuale. L’album alterna momenti più pop e diretti a piccole sperimentazioni o semplici stranezze ricercate che non appesantiscono mai l’ascolto. Lunga vita a loro.
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Adam Green – Aladdin
questo album è la colonna sonora dell’omonimo film girato da Adam Green ed ispirato alla famosa fiaba della lampada di Aladino, solo che in questa trasposizione il genio realizza i desideri stampandoli con una stampante 3D! L’album asseconda questo spirito folle con un folk rock condito in salsa psichedelica. Ascolto consigliato in cuffia sull’autobus in giornate uggiose, dà un sapore diverso alle giornate.
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The Last Shadow Puppets – Everything You’ve Come To Expect
stile a tonnellate per gli TLSP, una vera garanzia. Dopo il capolavoro The Age Of Understatement sembrava difficile ripetersi ed invece eccoli qua Alex Turner e Miles Kane che confezionano un album che ha ancora gli elementi di forza del precedente, grandi orchestrazioni e il pop anni 60 più scintillante, ma adesso vanno ad assecondare le chitarre perdendo quella posizione di preminenza che avevano nel primo disco; ci sono ancora grandi pezzi rock come Used To Be My Girls o Aviator e ci sono le grandi ballate, come Everything You’ve Come To Expect, la mia preferita, dove le orchestrazioni ritornano vere protagoniste, un disco da ascoltare in completo Paul Smith.
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Iggy Pop – Post Pop Depression
con questo album Iggy ha dichiarato di voler abbandonare le scene. Se fosse vero, ha pure 70 anni, sarebbe un addio in grande stile. Grazie alla collaborazione di Josh Homme, leader dei Queens Of The Stone Age, abbiamo avuto quest’anno un grande album, decisamente oscuro e debitore dei due album, The Idiot e Lust For Life, prodotti a suo tempo da David Bowie, ma rinfrescato, o accaldato visto che si parla di musica che viene dal deserto della California, dallo stoner di Homme la cui collaborazione è stata azzeccata. Ciao Iggy, ti ricorderò sempre per la tua musica e per quegli addominali che non riuscirò mai ad ottenere.
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The Winstons – S/T
disco inglesissimo, che più inglese non si può, ma assolutamente italiano nella composizione della band. Dietro infatti ci sono Enrico Gabrielli (Calibro 35 e non solo), Roberto Dellerea (Afterhours) e Lino Gitto. I riferimenti musicali vengono tutti dalla Perfida Albione: prog, psichedelia, jazz; oppure per fare prima e fare i fighi con gli amici potreste chiamarla: “Scena di Canterbury”.
Il trio conosce bene la materia che maneggia e ne trae un album di inediti che fa viaggiare con la mente, come dovrebbe fare qualsiasi disco voglia definirsi anche vagamente psichedelico. Cosa non secondaria è suonato da Dio (ovviamente Dio è Jimi Hendrix).
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Thee Oh Sees – A Weird Exists
da che scrivo questa classifica credo di averci sempre inserito un loro album dentro. Se non altro perché ne fanno uscire uno, a volte due come quest’anno, all’anno e sono sempre un colpo duro allo stomaco. La formula è collaudata: garage rock acido e indiavolato. Un marchio di fabbrica che non invecchia mai e che riesce sempre a suonare fresco. Accanto alle classiche influenze da len due album crescono i riferimenti alla psichedelia, in questo album ancora più evidenti, che si amalgamo bene agli ingredienti della collaudata ricetta. Così adesso non solo ci si scatenerà alla loro musica ma si potrà anche viaggiare con la testa. Da vedere dal vivo.
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Kaytranada – 99,9
Louis Kevin Celestin è il nome del produttore dietro lo pseudonimo di Kaytranada, questo è il suo primo LP ed è una sorta di bignami della cultura black. C’è il rap più classico, l’r&b, il funk fino a sfociare in alcuni episodi vicini alla house e in ognuna delle tracce Kaytranada si trova a proprio agio, anche grazie alle collaborazioni di artisti sia di primo piano della scena hip hop, come Anderson Paak, che ad illustri sconosciuti. Le armi di questo produttore canadese sono bassi spessi che sfondano le casse e i sinth anni 80 e per tutto l’album questi elementi ricorrono senza mai abbassare la soglia dell’attenzione, anzi si passa da stati di esaltazione festaiola a momenti di quiete come nelle strumentali che diventano piccoli rifugi dove trovare un po’ di intimità.
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Cosmo – L’Ultima Festa
quando sei stato una rivelazione e ti confermi col tuo secondo lavoro bisogna assolutamente festeggiare. Marco Jacopo Bianchi è riuscito a replicare l’ottimo risultato già ottenuto col precedente lavoro Disordine. Non era facile proporre una commistione tra cantautorato ed elettronica, ma ci è riuscito. Rispetto al precedente disco si deve registrare una virata verso sonorità dance che sono state il vero successo del lavoro, sopratutto dal vivo; non mancano momenti più intimi e malinconici come le bellissime Dicembre e Regata 70, o sperimentazioni nei testi come nel flusso di coscienza di Cazzate. Unico rammarico, essermi perso il concerto a Taranto questa estate.
Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo:
Angel Olsen, My Woman, 2016;