In pochi mesi, in Svizzera viene bocciato il referendum che voleva fissare un tetto agli stipendi dei grandi manager e vince il referendum per bloccare i lavoratori immigrati e frontalieri provenienti anche dall’Europa Occidentale. Il referendum contro “l’immigrazione di massa”, promosso dall’Unione di Centro, il partito conservatore e xenofobo di Christoph Blocher, ha visto la vittoria del “Si” con il 50,3%, con uno scarto di appena 19.516 schede e punta a rigettare la libera circolazione delle persone in vigore con la Ue ed a reintrodurre le quote di ingresso per i lavoratori stranieri. Le conseguenze di questa votazione saranno pesanti perché il referendum impegna il governo Svizzero a rinegoziare entro tre anni tutti i trattati internazionali sulla circolazione degli stranieri in vigore dal 2002. Ma in gioco c’è ben altro.
Nel referendum svizzero sull’immigrazione, hanno vinto le destra nazionaliste e razziste, che vogliono la libera circolazione dei capitali e delle merci, e che parallelamente voglio bloccare le persone. Assistiamo così al paradosso di popoli ricattati da imprenditori e banchieri, che spostano i capitali e delocalizzano le produzioni a loro piacimento, e che vengono spinti a a pensare di poter risolvere i propri problemi prendendosela con i più deboli. In questi anni si è rafforzata la presenza occupazionale degli italiani nel Canton Ticino, cresciuta grazie alla crisi. Molti lavoratori del nostro paese si sono rivolti al ben più florido mercato svizzero dopo la chiusura delle aziende italiane causate dalla recessione dell’eurozona. Finché gli italiani portano nelle banche di Lugano i soldi evasi, oppure aprono, come accade sempre più spesso, le loro aziende pochi metri oltre il confine per ottenere vantaggiose agevolazioni fiscali, tutto va bene. Per gli imprenditori del paese con il reddito pro capite più alto del mondo non è male neppure sfruttare i lavoratori stranieri e italiani che costano meno. La destra radicale svizzera capeggiata dall’Udc è riuscita a far credere ai cittadini svizzeri che tutte le emergenze sono provocate dagli stranieri, mentre è cosa nota che i dirigenti di questo partito sono gli stessi capi d’industria che creano problemi con il loro bisogno di una mano d’opera a basso costo.
Il problema di questa votazione, che magari non è immediatamente percepibile all’estero, è che si stratta di una proposta che è stata respinta nelle città, ma che ha avuto una gran presa in provincia. Quest’ultima percepisce l’Unione Europea come qualcosa di lontano e forse minaccioso. Vede negli stranieri un problema che in realtà non comprende. In queste zone vanno a votare persone che hanno un’informazione approssimativa e non corretta che sono chiamate a esprimersi sulla base di dati tendenziosi. In altri termini, hanno votato per limitare la libera circolazione i cantoni che hanno meno immigrati, a conferma del lato ideologico di questa posizione, mentre hanno votato contro le zone che più dipendono dalla manodopera straniera.
La Svizzera è forse il paese dove il confronto tra i costi e i benefici dell’immigrazione è più nettamente sbilanciato verso i secondi. In Svizzera il tasso di disoccupazione si attesta su 4%, quindi le preoccupazioni legate all’impatto occupazionale non sono particolarmente fondate. Gli immigrati, e con essi i frontalieri, arrivano in Svizzera, come in qualsiasi altra parte del mondo, principalmente perché esiste una domanda di lavoro insoddisfatta dai lavoratori locali. Senza gli immigrati si creerebbe una pressione sui salari, perché le imprese faticano a trovare lavoratori e sono quindi disposte a pagarli di più. Ma questo si traduce però in meno occupazione e meno ricchezza complessiva. Sul versante occupazione, invece, secondo gli economisti del Credit Suisse, il probabile rallentamento degli investimenti dovuto al clima di incertezza potrebbe far saltare circa 80.000 posti di lavoro in tre anni.
La Ue ha avvertito Berna sulle conseguenze del voto sulla limitazione della libera circolazione. Ha già minacciato che a questo punto, potrebbe essere rivisto l’intero insieme delle relazioni euro-svizzere, compreso il negoziato sullo scambio di informazioni in ambito bancario. Bruxelles ha annullato la riunione del 17 Febbraio con la Svizzera sull’elettricità, dove era previsto continuare la discussione in vista dell’entrata della Confederazione Elvetica nella rete elettrica comunitaria per utilizzarne le reti. Per il momento, la Ue, non parla di sanzioni contro Berna, molto dipenderà da come il governo federale recepirà ed attuerà il risultato del referendum. Qualora diventasse carta straccia il trattato sulla libera circolazione delle persone, andrebbe rivista tutta una serie di norme di reciprocità relative al diritto di ingresso e di soggiorno, di accesso ad una attività economica, di residenza e previdenza sociale; per non parlare di tutte le intese bilaterali sul libero commercio, sull’agricoltura, appalti pubblici, sul trasporto aereo e su rotaia. Insomma si tratta di un vero e proprio terremoto nel cuore dell’Europa che costringerà Berna a riaprire negoziati su più fronti laddove è quasi sempre la Ue a fare la voce grossa.
La libera circolazione delle persone fa il pari con quella dei capitali. In un mondo globalizzato ed in una Europa a pensiero unico, i capitali vanno dove i fattori di produzione costano meno (salari) e contemporaneamente abbassano i salari domestici (ricatto Electrolux). C’è bisogno che l’Europa allinei i salari domestici di portoghesi, spagnoli, greci, italiani e irlandesi a quelli dei lavoratori del nord Europa per non costringerli ad emigrare, ma la piena occupazione non è nell’agenda politica europea.