Negli ultimi due anni, Taranto ha scoperto il cosplay, ovvero la tendenza degli appassionati di fumetti (ma anche di cinema, animazione, serie televisive e videogame) a mascherarsi per interpretare i propri personaggi preferiti, all’interno di circuiti ufficiali come le fiere e le gare a tema. Può sembrare una bizzarria estemporanea, ma è una pratica che ha quasi un secolo di vita alle spalle, anche se il suo successo è storia relativamente recente, che parte da America e Giappone – il termine è attribuito a Takahashi Nobuyuki, reporter nipponico che nel 1984 aveva visitato le convention statunitensi dove aveva osservato gli appassionati e appreso così la loro usanza.
Nell’arco di un paio di decenni, i cosplayer sono così diventati figure imprescindibili nell’ambito degli eventi legati al fumetto, sorprendenti nella loro varietà e costanti nell’impegno con cui realizzano le loro esibizioni, prestandosi ai flash dei fotografi più o meno amatoriali: sono organizzati in comunità articolate e spesso dimostrano un approccio professionale alla loro passione, tanto che non pochi gestiscono ormai con successo siti personalizzati e fanpage dove esibiscono le loro creazioni, fino a girare letteralmente l’Italia. Che la pratica fosse d’uso comune anche fra gli appassionati tarantini, però, è una notizia che ha sorpreso non pochi osservatori. Ma di cosa parliamo realmente quando affrontiamo l’argomento cosplay?
A fare luce sul tema, sui suoi aspetti peculiari e, perché no, sulle contraddizioni della comunità, ci aiuta Antonella Fazio, proprietaria dal 2014 della fumetteria Nakama – Comics & Manga, organizzatrice di eventi sul tema e, naturalmente, cosplayer per passione. Con lei abbiamo parlato di cosplay, ma anche delle mutazioni interne al mercato del fumetto, alla luce del successo riscosso da queste pratiche antiche, ma ancora relativamente giovani.
Quando hai iniziato a fare cosplay?
È stato nel 2012, avevo circa vent’anni e frequentavo un gruppo di amiche che provenivano un po’ da tutta la Puglia. Avevamo in comune la passione per i fumetti e ci incontravamo il sabato per visitare le varie fumetterie della provincia e organizzare feste nella mia villa al mare. Così, a un certo punto è nata l’idea di iniziare a vestirci come i personaggi dei fumetti. Il mio primo cosplay è stato quello di Arale, realizzato in solo due giorni, ho cucito da sola anche il cappellino con le ali, e la cosa non si è rivelata affatto semplice! E’ nato tutto per gioco, dalla passione e senza nessuna pretesa di “fare sul serio”: d’altronde all’epoca non sapevo neppure bene cosa fosse il cosplay.
In quel periodo c’era già una comunità tarantina di appassionati che praticavano il cosplay?
Sì, ovviamente non come si è sviluppata negli ultimi due anni, ma era già attivo l’Onigiri’s Group, che oggi unisce più o meno tutta la Puglia. Comunque tutto era praticato di nascosto, io stessa quasi mi “vergognavo” di questa passione, era un periodo in cui tutti gli interessi che oggi gravitano attorno ai fumetti erano visti dalla gente comune come semplici “stranezze”. Con il cosplay, naturalmente, la cosa era molto più marcata, visto che implica il mascherarsi, un’usanza che quasi tutti associano soltanto al Carnevale.
Per l’appunto, che differenze ci sono fra il cosplay e il mascherarsi per Carnevale?
La differenza sta nell’interpretazione: cosplay nasce dalla contrazione di “Costume Play”, quindi non devi solo indossare la tua maschera, ma un po’ “diventare” il personaggio, nelle pose e nelle esibizioni sul palco. Sebbene sia nato in America, il cosplay ha raggiunto la notorietà grazie ai giapponesi, che hanno trasformato questo concetto in una moda che ha poi invaso tutto il mondo, dagli anni Ottanta e Novanta in poi. Non a caso i personaggi preferiti dei cosplayer sono quelli degli anime e dei manga, i supereroi hanno preso piede soprattutto adesso, grazie al successo dei film. Anche i videogame sono un fenomeno relativamente recente, legato all’incirca agli ultimi quindici anni.
Torniamo alla comunità tarantina: com’era articolata all’epoca?
Le persone c’erano, ma all’inizio si riunivano tutte in forma privata, un po’ come facevo anch’io con le mie amiche. C’è voluto invece tempo perché si rivelassero, iniziando magari da piazze esterne, come quella di Lucca Comics & Games: io stessa ho usato Lucca come occasione per “svezzarmi”, appena ho avuto la possibilità di viaggiare da sola. Poi ho partecipato a Romics e infine ho iniziato a frequentare le fiere pugliesi.
Il primo costume te lo sei realizzato da sola: so che ci sono delle scuole di pensiero, alcuni considerano il “vero” cosplayer chi, per l’appunto, fa da sé, rispetto a quello che, invece, preferisce comprare l’abito già fatto.
I miei li ho sempre realizzati da sola, ma devo dire che non concordo con questa distinzione. Alla fine questa regola non è mai stata formalizzata, l’importante è indossare e interpretare: “Costume Play” vuol dire quello in fondo. Poi, naturalmente, realizzare il costume da sé è qualcosa che dà maggiore soddisfazione, e oggi il cosplay è diventata anche una gara fra chi realizza il costume più bello. Da questo punto di vista la creatività si è raffinata, oggi anche gli accessori – che un tempo venivano comprati – sono realizzati in proprio.
Quali sono le fiere pugliesi che hai frequentato dopo Lucca?
Prima ancora di aprire la fumetteria ho partecipato al DeFalComics di Pulsano, nel Maggio 2014, dove peraltro ho avuto il mio primo stand. Lì ho passato tutti e due i giorni della fiera in cosplay, prima come Chopper di One Piece e poi come Erza Scarlet di Fairy Tale, con cui ho partecipato alla gara che inaspettatamente ho vinto. Le fiere locali, essendo più piccole, mi hanno permesso di fare esperienza sul campo e di conoscere i miei futuri colleghi, come Vanni Bencresciuto di Gioia del Colle, che mi ha dato molti consigli per la mia attività.
Come sei passata, poi, da semplice cosplayer a organizzatrice di eventi?
Ho sempre avuto la voglia di mettermi in gioco, ma in verità è avvenuto quasi per caso: sono stata contattata dall’organizzatore del Grottaglie cosplay, che si è svolto sempre nel 2014, il 7 Agosto, per partecipare come standista. Essendo anche cosplayer, mi hanno poi chiesto di dirigere la gara (non di organizzarla, le iscrizioni erano già state fatte). La cosa è andata molto bene, e da lì ho proseguito: un mese dopo, a Settembre del 2014, c’è stato il Crispiano Comics dove ho esordito come organizzatrice vera e propria per la sfilata. E poi dopo ancora sono arrivati il Taranto Comix e l’AdolescenDay dove ho organizzato e presentato gli eventi Cosplay.
Qual è la differenza fra una sfilata e una gara?
Per quelli che sono i miei parametri, la differenza principale è che nella gara c’è un premio che va al migliore cosplay, valutato da una giuria di esperti. Cambiano anche i tempi: nella sfilata ogni partecipante ha a disposizione circa 15 secondi per esibirsi, nella gara invece 2 minuti (per i gruppi 3 minuti). Naturalmente dipende anche dall’organizzazione e dal tempo complessivo che è destinato alla gara, in alcuni casi la competizione può essere a numero chiuso, in modo da non sforare sulla durata totale. La gara ha poi un regolamento, che può variare a seconda degli organizzatori, e ogni partecipante deve firmare le liberatorie per il trattamento dei dati personali: per i minori è obbligatorio che la liberatoria sia firmata da un genitore o un tutore legale.
Siamo quindi arrivati al Taranto Comix!
Sì, anche lì ero stata contattata per presenziare con lo stand, ma già alla prima riunione gli organizzatori Luigi Minonne e Danilo Curatti mi hanno chiesto di organizzare anche la gara cosplay perché, nelle loro parole, ero “la referente del cosplay a Taranto”. Ovviamente questa definizione è esagerata, all’epoca avevo alle spalle solo le poche esperienze già citate, ma in ogni caso non mi sono tirata indietro, in fondo sono sempre disposta a dare una mano. Nella prima edizione abbiamo fatto solo una sfilata, invece quest’anno abbiamo avuto la gara che è andata benissimo.
Quanto è importante il fatto che Taranto abbia la “sua” fiera?
E’ molto importante, sin dal nome di Taranto nel “titolo”, perché fa capire subito il legame con questa terra. Poi è un evento che è nato qui ed è destinato a crescere qui, con i giusti tempi. In effetti la risposta della città è stata entusiastica – questo senza voler fare per forza confronti con il Mangames, che è una fiera itinerante e quindi ha altre finalità.
Hai affermato che per te il cosplay è solo un divertimento. Ma esiste anche un cosplay “professionale”? Può diventare addirittura un lavoro?
Lo diventa nel momento in cui riesci a guadagnarci, e abbiamo degli esempi di professioniste che sono riuscite a trasformare la loro passione in una fonte di reddito. Le possibilità sono varie: alcune forniscono indicazioni su come realizzare i costumi, magari attraverso i tutorial su YouTube – si tratta in fondo di un’estensione del lavoro di sarta; in altri casi si punta sul talento da indossatrici: alcune riescono a rendere così bene il personaggio da diventare poi famose e essere chiamate come ospiti (a pagamento) delle principali fiere del settore.
Il fenomeno in sé si è insomma ingrandito e diversificato: ad esempio c’è chi si esibisce in cosplay da supereroe in occasione di feste di compleanno o fa volontariato negli ospedali per dare un po’ di felicità ai bambini malati.
Questa cosa in realtà non nasce adesso, in passato magari ci si rivolgeva a chi si era vestito da supereroe per il Carnevale, perché tirasse fuori il costume dall’armadio in occasione di una festa di compleanno. Ora con il cosplay la cosa ha assunto una maggiore sistematicità e c’è più gente che può intervenire in queste occasioni. D’altra parte, con il boom dei supereroi, è anche aumentata la richiesta e il cosplay ha finito per rispondere a un’esigenza precisa.
Come viene recepito a Taranto il fenomeno del cosplay dalla gente comune?
I più piccoli sono contenti, si capisce: alla fine è come vedere il proprio personaggio preferito che prende vita! Il pubblico adulto in generale sta rispondendo bene e non me l’aspettavo. In fumetteria ho venduto i biglietti delle fiere e mi sono resa conto che la domanda è stata più grande per i giorni in cui c’erano i cosplayer. Quindi alla fine è qualcosa che attira anche il pubblico generalista. Forse il ritardo con cui la nostra comunità si è rivelata ha dato al pubblico il tempo giusto per venire a conoscenza della cosa, abituarsi all’idea e poi accoglierla con curiosità e interesse.
Nell’attività della fumetteria quanto è importante il cosplay?
Per quanto mi riguarda è molto importante. Nakama è diventato ormai un punto di riferimento, sia per l’organizzazione degli eventi, che per la realizzazione dei cosplay. Da noi si vendono i costumi veri e propri, su ordinazione, e si realizzano anche gli accessori.
E le fiere invece?
Sono prima di tutto una vetrina, dove tutte le anime che compongono il mondo di quello che identifichiamo oggi come “fumetto” si mostrano e si conoscono: ci sono cosplayer che non leggono abitualmente comics o manga, ma dopo aver partecipato alle fiere hanno iniziato a frequentare il mio negozio. Poi, dal punto di vista commerciale, la fiera è diventata anche un momento ideale, perché hai a disposizione un bacino d’utenza privilegiato che ti permette di vendere tanto in poche ore. Certo, ultimamente gli eventi si stanno moltiplicando ed è bene che siano distribuiti in maniera adeguata nel tempo. In questo modo sarà possibile far coesistere tante fiere dando a ognuna il giusto spazio.
Possiamo affermare dunque che il ruolo della fumetteria sta cambiando?
E’ già cambiato: prima la “fumetteria” era soltanto un negozio specializzato nella vendita di fumetti. Poi i gadget hanno preso sempre più piede e ora ci si è allargati anche all’abbigliamento e ai vestiti per i cosplay. Nella mia attività, ad esempio, i fumetti non rappresentano l’introito maggiore. Un po’ mi dispiace perché in fondo il fumetto resta il cuore del settore, ma è pur vero che questa diversificazione ha aumentato le possibilità operative. Da questo punto di vista sono convinta di aver aperto la fumetteria nel momento migliore. La concorrenza non mi spaventava, da ex consumatrice sapevo su cosa puntare.
Quali sono i canali della comunità pugliese che pratica il cosplay?
A livello regionale ci sono ormai molte realtà consolidate, che hanno le loro pagine Facebook. Questa estate si è riattivata la pagina PugliaCosplay, dove sono attive alcune delle personalità che si occupano delle varie province (Vanessa Campagnolo per Lecce, Valentina Barbato per Taranto, Sissi Procura per Bari). Poi c’è il gruppo dei Cosplayer Pugliesi, che collaborano a vari eventi, e hanno da poco varato anche un controverso “corso di cosplay”. Qui da noi c’è poi il gruppo Cosplayer Taranto, dove ci si organizza per gli eventi e i raduni dentro e fuori la città, oppure si pianificano i set fotografici fra i vari cosplayer nei periodi di pausa fra i vari eventi.
Una comunità sicuramente molto articolata, insomma. I rapporti fra i vari gruppi sono buoni?
Purtroppo no, come in tutte le cose ci sono anche persone esibizioniste che finiscono per portare malumore e divisioni. Vale nella pratica del cosplay come nell’organizzazione di eventi: le persone che si propongono in questo ruolo stanno diventando parecchie e c’è la tendenza a scontrarsi con gli altri, anche soltanto per invidia. Invece, se vogliamo che il fenomeno prenda piede a Taranto nella maniera giusta, dovremmo collaborare e puntare sempre alla qualità del risultato finale.
In definitiva, rispetto ai tempi in cui si praticava di nascosto, ora tutto è cambiato, o sbaglio?
Adesso il cosplay fa tendenza, ma tuttora ci sono persone che non si rivelano e lo praticano solo attraverso canali selezionati (come può essere una Fanpage su Facebook), in modo da non essere riconosciuti dalle persone che hanno vicino.
Questo mi fa pensare a un possibile risvolto “negativo” del fenomeno, dove la maschera diventa un modo di esprimersi per persone che non sono capaci di vivere pienamente la propria vita.
Per gran parte purtroppo è così, il cosplay diventa un rifugio. Oppure è un modo per sentirsi al centro dell’attenzione, perché ormai si è capito che il fenomeno attira e piace. Però qualcuno ha anche tratto giovamento da questa dinamica: praticando il cosplay ha infatti sviluppato sicurezza, ha stretto amicizie, e fare cosplay è diventato un modo per socializzare. Quindi alla fine i risultati sono comunque positivi.