Il 2016 a fumetti tarantino si è aperto con la seconda edizione di Mangames, fiera itinerante pugliese, inaugurata a Gioia del Colle nel 2014 e per l’occasione spostatasi nella città dei due mari. Il weekend del 9 e del 10 Gennaio ha quindi visto tornare alla ribalta negli spazi del PalaMazzola cosplayer, negozi specializzati, artisti e appassionati di vario genere, a meno di un mese dal Taranto Comix. La presenza di due grossi eventi di questo tipo a Taranto – al di là delle pur ovvie perplessità dettate da una vicinanza eccessiva – testimonia ancora una volta la centralità che questa piazza sta assumendo all’interno dei flussi che regolano le varie subculture pop in Puglia.
Nei due giorni dell’evento, è stato possibile assistere a varie attività, che hanno testimoniato l’impegno profuso e la crescita rispetto alla prima edizione. La giornata di Sabato è risultata più interlocutoria, con qualche lamentela da parte degli espositori per un numero di visitatori inferiore alle aspettative e una gestione degli spazi e degli appuntamenti perfettibile. Qualche doverosa correzione di tiro ha però favorito una Domenica più apprezzata e molto riuscita, in grado di liberare le energie dei vari ambiti dell’intrattenimento cari agli organizzatori: il cinema, con proiezioni di fan-film e le scenografie del gruppo “The Props Maker”, ispirate a celebri successi cinematografici e televisivi, da The Walking Dead a Jurassic Park, a Harry Potter; la musica con le esibizioni di artisti pugliesi come la violinista Lucia La Rezza e le Shiki Project (gruppo musicale ispirato alle idol giapponesi), e personalità che hanno invece fatto la storia della televisione italiana come Enzo Draghi, celebre autore e cantante di sigle cult per I cinque samurai, Una spada per Lady Oscar e Lupin l’incorreggibile Lupin; lo spazio giochi e video, con i Player Inside a rappresentare la categoria degli YouTuber; i cosplay, con l’immancabile gara, presentata da Giorgia Vecchini (più nota come Giorgia Cosplay), figura di rilevanza internazionale, premiata in Giappone nel 2005 al World Cosplay Summit di Nagoya; e naturalmente i fumetti, con le realtà locali di Labo Fumetto e Grafite, e ospiti come Don Alemanno, al secolo Alessandro Mereu, irriverente vignettista, autore di Jenus, parodistica rivisitazione della vita di Gesù e fortunato rappresentante della satira religiosa come possibilità di infinite variazioni creative e abbattimento dei tabù.
Un magmatico ensemble, insomma, pensato per restituire la complessa articolazione della cultura pop contemporanea, forte quando riesce a far confluire le sue proposte l’una nell’altra, secondo il principio dei vasi comunicanti: per questo, ospiti come i doppiatori Leonardo Graziano e Pietro Ubaldi riescono a richiamare contemporaneamente l’animazione (Naruto per graziano, Doraemon per Ubaldi), i telefilm (Graziano è una delle voci di The Big Bang Theory) e il cinema (Ubaldi è anche la voce di Capitan Barbossa/Geoffrey Rush nella saga dei Pirati dei Caraibi).
Creata dai fratelli Giovanni e Piero Bencresciuto, Mangames ha doverosamente introdotto quest’anno nel suo organico alcune forze tarantine nello staff organizzativo, come Raffaele Cavallo, Valentina Barbato e Cosimo Battista. Per capire meglio il senso del progetto e la scelta di Taranto come tappa del percorso compiuto dalla fiera, abbiamo intervistato uno dei due creatori, Vanni Bencresciuto, proprietario fra l’altro della fumetteria Fumetto Nascosto a Gioia del Colle.
Come nasce Mangames?
Nasce dalla voglia di avere più eventi possibili di questo settore nel Sud Italia, proprio perché siamo un po’ carenti rispetto ad altre aree nazionali (la Campania è un po’ più affermata grazie al Comicon di Napoli). Così abbiamo deciso di metterci in gioco.
Avevi già organizzato altri eventi del genere?
Sì, una parte del gruppo che ha organizzato Mangames si occupa anche di WonderCon, a Bari. La prima edizione di WonderCon si è svolta lo scorso anno, il 6 e il 7 Giugno, è stata un successo e così ora abbiamo replicato, proponendo la seconda edizione di Mangames.
Che differenze ci sono tra le due fiere, WonderCon e Mangames?
WonderCon è più grande, proprio a livello di spazi, si svolge infatti alla Fiera del Levante. Anche sul versante degli ospiti ci sono delle differenze, perché si punta di più sulle personalità del web e sul lato videoludico. Possiamo definirla più “commerciale”. Mangames sicuramente può considerarsi più “piccola” come fiera, ma abbiamo in ogni caso voluto puntare sulla qualità, orientandoci maggiormente sul fumetto, con artisti e disegnatori, e ospiti che potremmo definire più “storici”, come Enzo Draghi e doppiatori come Pietro Ubaldi. Naturalmente abbiamo avuto anche altri ospiti più amati anche dal pubblico giovane, come Leonardo Graziano e Giorgia Cosplay. E’ un evento che possiamo definire più equilibrato.
La prima edizione di Mangames si era svolta nel 2014 (il 27 e il 28 Dicembre) a Gioia del Colle.
Sì, e quell’esperienza è servita da trampolino di lancio per tutto quello che è venuto dopo. Lì abbiamo provato a creare: quando ci siamo resi conto di cosa significava organizzare un evento del genere ci siamo detti che potevamo fare di più. Così sono nati prima WonderCon e poi la nuova edizione di Mangames.
Mangames però ha anche una particolarità: è pensata come una fiera itinerante, come dichiarato nel comunicato stampa. Significa quindi che ogni anno si svolgerà in un luogo diverso?
Su questo aspetto daremo più informazioni in seguito, al momento posso dire che non dobbiamo necessariamente parlare di “anno” fra le varie edizioni.
Cosa vi ha spinto a scegliere Taranto come prima città “fuori porta” per proporre la formula di Mangames?
A Taranto c’è già un altro evento del settore (il Taranto Comix), noi abbiamo deciso di portare una fiera strutturata secondo i canoni tipici delle grandi città delle altre regioni. Quindi con un determinato allestimento e un programma strutturato in modo molto diversificato, con tanti appuntamenti e workshop per tenere il flusso dei visitatori sempre in movimento.
Nello specifico, vorrei capire come viene visto dall’esterno il fermento che attualmente caratterizza la città di Taranto sul tema dei fumetti e dell’intrattenimento pop.
Il settore sta crescendo molto velocemente e anche per questo servono eventi in grado di indirizzare il pubblico, che altrimenti reagirebbe in modo un po’ spaesato. In questo modo si permette al settore stesso di mostrarsi al meglio.
Quali sono le figure locali cui vi siete rivolti per mettere in piedi la nuova edizione?
Da un lato ci sono state le varie fumetterie che ci hanno sostenuto e, per la prima volta, anche una libreria, Mandese, che non si era mai approcciata a questo mondo, ma ha creduto nel progetto e ha vissuto la cosa con grande divertimento.
Dall’alto lato ci sono ragazzi tarantini come Raffaele Cavallo o Valentina Barbato, che rientrano nel gruppo che ha lavorato all’organizzazione della fiera e che sono subentrati quest’anno. Per la seconda edizione, infatti, abbiamo creato l’Associazione Mangames, di cui loro ora fanno parte.
Mangames propone dunque un programma diversificato, con ospiti di rilevanza nazionale, ma è attenta pure alle realtà locali, come Labo Fumetto o Grafite: come si gestisce l’equilibrio fra queste diverse anime?
In realtà noi trattiamo anche le realtà locali come se fossero ospiti di rilevanza nazionale, perché è importante spingere le nostre risorse. Le figure “importanti”, in fondo non vivono soltanto nel Nord Italia. Infatti abbiamo avuto anche spettacoli come quello della compagnia teatrale itinerante Fatti di sogni, di Barletta, intitolato “Più di un sogno”, con le coreografie basate sui più celebri film animati Disney. Ci sono state poi le Shiki Project, il gruppo formato da quattro ragazze che provengono da vari paesi della provincia di Bari. E ancora le già citate scuole di fumetto Labo e Grafite: tante realtà che si impegnano e cui è importante offrire il giusto spazio.
Fra l’altro gli spazi di Labo e Grafite il primo giorno erano collocati nella sala conferenze, un po’ staccati da tutto il movimento dell’area stand, poi per fortuna sono stati ricollocati vicino al palco principale.
Sì, purtroppo non è stato semplice spingere il pubblico a recarsi nella zona sopraelevata (dove si trovava, appunto, la sala conferenze), alcuni non sapevano nemmeno che le scuole di fumetto fossero lì – anche se le zone erano tutte segnalate e noi dal palco annunciavamo sempre i workshop, dando tutte le indicazioni utili. Sarà stata la stanchezza o altro, ma la gente preferiva non muoversi dall’area principale. Quindi abbiamo deciso di spostarli, sempre per offrire loro la maggiore visibilità possibile. Abbiamo spostato non soltanto Labo e Grafite, ma anche gli artigiani presenti all’evento.
Una figura più controversa, su cui vorrei un tuo parere è quella dello YouTuber: per alcuni una risorsa, per altri quasi un corpo estraneo rispetto a simili eventi. Qual è la tua opinione in proposito?
Hai ragione, il tema è controverso e tende a dividere: in sé la figura dello YouTuber è sicuramente diventata importantissima, ma bisogna saperla indirizzare. Ad esempio noi abbiamo avuto ospiti i Player Inside, che sono appunto YouTuber che si occupano di videogame. Il settore in sé non offre troppe possibilità spettacolari, ha dinamiche sue che funzionano nel rapporto fra le persone e il gioco, va benissimo all’interno di un negozio, ma il rischio è che lo YouTuber, se portato sul palco, possa non funzionare. La scelta dei Player Inside è stata fatta anche tenendo conto di questo: sono ragazzi molto divertenti e che sanno intrattenere il pubblico, infatti hanno anche portato sul palco uno degli spettacoli che di solito fanno online e la cosa ha funzionato. E’ bello quindi far vedere al pubblico che gli YouTuber non sono soltanto facce dietro uno schermo, ma persone che sanno fare e hanno personalità.
Quanto l’attività di proprietario di una fumetteria è utile nell’organizzazione di questi eventi?
Tantissimo. Fra l’altro, quando si organizza una fiera di questo tipo, si tende spesso a tralasciare una componente importante, ovvero i negozianti, appunto, che presenziano con i loro stand. Spesso si dà per scontato che uno standista si “autogestisca”, ma non è così. Io per primo partecipo alle fiere come standista e voglio essere trattato bene: magari alla fine il risultato economico può essere anche positivo, ma se ho trovato degli intoppi nell’organizzazione degli stand non sono soddisfatto. Questa parte è un po’ lo scheletro della fiera, è importante curarla perché l’insieme non crolli.
Meno di un mese fa, qui in città, si è svolto il Taranto Comix. Come mai Mangames è arrivato a così breve distanza?
E’ stato un caso. La cosa realmente incredibile è che entrambe si siano svolte al PalaMazzola: praticamente abbiamo prenotato lo stesso spazio a distanza di un mese l’uno dall’altro e non lo sapevamo.
Però fra voi c’erano stati dei contatti, siete consapevoli della reciproca esistenza.
Certo, ci conosciamo bene, ma è una dinamica tipica dell’organizzazione di questi eventi: fino a quando non sono confermati non vengono divulgati per non creare confusione nel pubblico in caso di spostamenti o variazioni.
E perché invece non fare un evento unico, unendo le forze tra le due realtà?
Parlando anche con gli altri organizzatori, abbiamo deciso di lasciare due eventi distinti: in questo modo è stato possibile offrire spazio a più realtà possibili, il che è sempre positivo. Sicuramente, la prossima volta i due eventi saranno più distanziati.
Questo mi fa pensare che Mangames possa avere un futuro ancora a Taranto, nonostante la natura itinerante del progetto.
Non è da escluderlo. Alla fine Taranto si è dimostrata una bella piazza, il pubblico ha risposto molto bene e quindi non è detto che non si possa tornare.
Il bilancio della seconda edizione, comunque, qual è?
Non posso ancora dare cifre, posso dire che abbiamo avuto tanta gente. Meno il primo giorno, forse il pubblico ha voluto prima capire come si muoveva la cosa, ma la Domenica abbiamo avuto file lunghissime ai cancelli.
In conclusione, qual è secondo te la filosofia che muove questi eventi?
Alla fine la forza di questo settore è il divertimento, non in senso spicciolo, ma proprio perché in questi eventi non c’è malizia, non c’è pregiudizio, ognuno può essere se stesso con poco. C’è anche una componente più culturale, data dal fatto che i ragazzi (che costituiscono il target privilegiato per questo tipo di eventi) portano con sé i genitori e li spingono così a capire quel mondo, il loro mondo, e a ritrovare magari i ricordi di quello che hanno amato nell’infanzia.