Taranto, più di altre città italiane, è lo specchio dei conflitti di interesse che si intrecciano all’interno della società italiana producendo, come prodotto di risulta, inquinamento e delinquenza. Abbiamo parlato con Angelo Bonelli, portavoce della Federazione dei Verdi e Consigliere Comunale a Taranto, del momento storico particolarmente inquietante e pericoloso che la città sta vivendo.
Il gip di Milano Fabrizio D’Arcangelo ha trasferito nelle disponibilità del commissario straordinario del siderurgico ionico il denaro sequestrato nell’ambito dell’indagine sul rientro di capitali dall’estero: in particolare il tesoro dei Riva era stato individuato in otto società trust domiciliati nell’isola inglese di Jersey. Si tratta di 1,2 miliardi di Euro. Consigliere Bonelli, lei ritiene che siano sufficienti per implementare l’AIA in Ilva?
Innanzitutto lo sblocco delle somme sequestrate discende dall’applicazione di una norma di legge; i soldi saranno utilizzati per ammodernare gli impianti e vedremo se saranno sufficienti; ma chi pagherà per le bonifiche del suolo, per il ripristino delle falde acquifere, per il disinquinamento da diossina del Mar Piccolo e per i danni alle cose e alla salute delle persone? La legge approvata dal Parlamento avrebbe dovuto prevedere un sequestro di somme sufficiente a pagare le bonifiche. In questo modo nessuno pagherà le bonifiche, non verrà applicato il principio “chi inquina paga” e il disastro ambientale viene lasciato in eredità ai tarantini a futura memoria dell’attività produttiva con tutto il carico devastante di malattie e degrado che porta con sé. Il governo, con una mistificante opera di comunicazione, sta facendo passare l’idea che con quei soldi si faranno le bonifiche. Falso! Cercheranno di mettere a posto gli impianti, lasciando il disastro ambientale fuori dall’Ilva a continuare a provocare danni.
Il Commissario Ronchi aveva presentato un piano che prevedeva 1,8/2 Mld di Euro per l’AIA, 600 milioni per la sicurezza sul lavoro, 1,7 Mld per l’innovazione tecnologica degli impianti per un totale di 4,1 Mld fino al 2020. Vedremo se effettivamente questi soldi saranno stanziati e se l’attuazione dell’AIA rispetterà il cronoprogramma previsto: in caso contrario presenteremo esposti, uno lo abbiamo già presentato il 28 ottobre scorso; intanto il piano industriale – che avrebbe dovuto essere presentato 30 giorni dopo l’AIA – ancora non c’è.
Perché è necessario dire “No” a Tempa Rossa? Quali interessi sono in gioco? Quali rischi corre il nostro territorio?
Le motivazioni del “no” a Tempa Rossa sono note: com’è possibile parlare di futuro alternativo a Taranto se all’inquinamento prodotto da ILVA, ENI e Cementir si aggiungessero 3 tonnellate di greggio, che aumenterebbero in modo esponenziale i rischi di danni ambientali e di “incidenti estremamente elevati”? Se vogliamo imitare esempi europei di sviluppo alternativo il Porto non può essere al servizio di ILVA e del petrolio, uccidendo così qualsiasi progetto di incremento di trasporto merci e della retroportualità. E, in ultimo, si vanificherebbe ogni leggittima aspirazione turistica della città. E tutto questo per avere (forse) subito pochi posti di lavoro, che sarebbero comunque un numero irrisorio rispetto a quelli che si potrebbero sviluppare con progetti realmente innovativi: penso ad un “modello Bilbao” o “Pittsburgh”.
Nella sua visita a Taranto il premier Renzi ha affermato che Tempa Rossa non è in discussione, smentendo di fatto il PD locale (e lo stesso sindaco Stefàno), che si era schierato contro il progetto. I suoi colleghi consiglieri del PD la pensano ancora in quel modo?
Qualche settimana fa i consiglieri del PD erano schierati per il “no”, almeno a parole. Oggi il clima è completamente cambiato: sembrerebbero aver cambiato idea; non so spiegare perché sia successo: posso ipotizzare che i riferimenti parlamentari a Roma abbiano fatto pressione dopo il massiccio e costoso battage pubblicitario della Total a Taranto. Intanto il Consiglio comunale è convocato il 5 Novembre dopo essere stato rinviato, evidentemente al fine di rinforzare la linea del “si”: Cataldino e Guttagliere sembrerebbero aver già cambiato idea.
Come giudica l’allargamento della maggioranza consiliare al Nuovo Centro Destra, il gruppo di cui fanno parte i consiglieri Guttagliere, Castellaneta e Perelli, alla luce dell’inchiesta anti-mafia della Dda di Lecce?
Credo che questa maggioranza abbia perso ogni punto di riferimento anche valoriale e morale; quando ,dopo la vittoria delle elezioni, ho visto un sindaco festeggiare girando con la pistola alla cintola, a me che respiravo da poco l’aria di Taranto sembrava di vivere in un film ambientato nell’America Latina degli anni sessanta.
Quando, poche settimana fa, ho preso la parola in consiglio comunale per chiedere che il sindaco rispondesse alle accuse gravi che il Procuratore della Repubblica Antimafia di Lecce Motta aveva fatto in merito alla concessione comunale di un centro sportivo così importante a personaggi mafiosi [il Centro Magna Grecia, ndr.], mi sarei aspettato la collaborazione del Sindaco ed una risposta al procuratore Motta: invece no, ha preferito il silenzio nel luogo in cui avrebbe dovuto dare una risposta il consiglio comunale. Ritengo ci sia una sottovalutazione della vicenda da parte della maggioranza che governa il comune e questo mi preoccupa. C’è un patrimonio immobiliare pubblico del Governo di Taranto gestito ed occupato da personaggi il cui titolo al possesso o alla gestione è tutta da verificare. Noi sappiamo che ci sono altri “casi Magna Grecia”: la lettera della Corte dei Conti lascia trasparire l’incapacità da parte del Comune di esigere il dovuto dalla gestione o dall’affitto di questo patrimonio. Perché c’è questo lassismo?
Annuncio che la settimana prossima chiederò l’elenco delle società vincitrici di appalti pubblici o per la concessione e gestione di immobili comunali. Esistono, per esempio, conflitti di interesse in merito in capo a D’Oronzo? Un’azione di trasparenza è necessaria per la città anche per il rilancio dell’economia tarantina.
In merito al Nuovo Centro Destra, Guttagliere è indicato da Pomes nelle intercettazioni come “l’uomo nostro nel Comune”, il marito di Castellaneta è in carcere, la Perelli ha denunciato intimidazioni per votare una delibera in comune. Giudichi chi legge !
Di fronte a un quadro politico che vede emergere anche a Taranto un “partito unico” dei poteri forti è possibile costruire un’alternativa? E in che modo?
A Taranto le persone perbene, i movimenti e le associazioni devono stringere un “Patto per la Città” intorno ad un programma condiviso, indicando un candidato sindaco con le primarie; queste persone devono abbandonare divise, etichette e pregiudizi per riconoscersi in un progetto di cambiamento in grado di cancellare il volto della città, mandando a casa questa classe politica che i cittadini non meritano: le persone che vogliono un cambiamento della situazione sono la maggioranza di Taranto.
Penso ad un programma di conversione economica industriale ispirato al modello europeo di Bilbao o a quello americano di Pittsburgh, città in passato molto inquinate che hanno saputo drasticamente cambiare se stesse modificando, così, anche la qualità generale della vita dei propri cittadini. Taranto è una città che ha pagato un prezzo elevato in termini di vite umane allo sviluppo dell’Italia ora l’Italia, il parlamento il governo devono restituire ai tarantini quello che nei decenni passati gli è stato sottratto. Taranto non può più essere la città dei veleni !