Al 56° Convegno internazionale di Studi sulla Magna Grecia, l’appuntamento scientifico legato all’archeologia più importante che la città ospita, studiosi di tutto il mondo si ritrovano a Taranto per fare il punto sugli studi, consentendo quello scambio necessario alla ricerca scientifica per alimentarsi. Un’occasione, per noi, per incontrare Pietro Giovanni Guzzo, archeologo dalla lunga esperienza nelle Soprintendenze italiane (Napoli, Calabria, Roma, Taranto, Pompei e Bologna) e parlare di Taranto, della sua situazione culturale, delle sue prospettive future.
Taranto è una città che è stata particolarmente “toccata” dalle ultime riforme del MiBACT. All’autonomia del Museo ha fatto seguito la perdita della Soprintendenza Archeologia che ha causato un’alzata di scudi popolare. Il Ministro Franceschini ha giustificato lo spostamento della sede a Lecce con una questione di equilibrio, avendo già Taranto la Direttrice del Museo (dirigente di seconda fascia). Ma cosa è, esattamente, questa autonomia del Museo?
«Numerose città italiane sono state ‘toccate’ dalla riforma del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Né valgono le giustificazioni: sia Roma sia Napoli hanno sede di soprintendenza ed istituzione di musei speciali, con direttori di prima fascia. Letteralmente, l’autonomia è la competenza a programmare le proprie attività senza richiedere approvazione ministeriale; e ad amministrare in proprio le proprie risorse finanziarie. E’ ovvio che, se le risorse finanziarie non ci sono o sono scarsissime, come a Taranto, l’autonomia diventa una piacevole utopia.»
È recente la proposta di una Scuola di formazione in beni archeologici e paesaggistici da aprirsi a Taranto. Come vedrebbe l’apertura di questa nuova struttura in una città che da un lato ha perso la Soprintendenza e, dall’altro, il corso di laurea in Beni Culturali?
«Si tratta di vedere che tipo di titolo rilascerà questa Scuola di Formazione. Se equiparabile, oppure no, alla laurea del corso di laurea. Qualora lo fosse potrebbe anche andar bene ma, chiaramente, bisognerà vedere quali saranno i contenuti. Di certo, non potrà sostituire le istituzioni che nel frattempo sono scomparse. Va detto che l’apertura di una Scuola non è ostacolata dalla perdita della Soprintendenza – perdita che, comunque, non può in alcun modo colmare – per il semplice fatto che essa è un organo che amministra la tutela e non impartisce didattica. Resterebbe, comunque, un problema occupazionale legato alla difficoltà di collocare i giovani che vengono continuamente formati nelle Università e in altre istituzioni; una questione, purtroppo, di carattere nazionale.»
In un momento in cui il mondo accademico è scollato forse più che mai dalla realtà e della visione “olistica” del patrimonio, quanto contano ancora la buona formazione e la valorizzazione delle professionalità?
«Il concetto di “buona formazione” dipende dalla scuola di pensiero a cui si appartiene: qualsiasi tipo e forma di formazione e di professionalità vengono valutati da coloro che hanno il potere di farlo. Di conseguenza, l’appartenenza alla medesima scuola di pensiero conquista maggior consenso di altre e diverse qualità. Il giudizio sul valore dello studioso – che non è soltanto legato a quanto conosca circa un determinato argomento o a che tipo di approccio metodologico impieghi nella ricerca – è dunque sempre più dipendente da queste logiche. Per quanti rimedi si sia cercato di introdurre, nessuno ha funzionato. Un tal genere di comportamento è di lunghissima tradizione nel mondo accademico, e non solo.»
Si è appena chiuso il 56° Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia, uno degli ultimi baluardi scientifici a cui Taranto può aggrapparsi per rimanere a galla nel mondo della cultura. Alla luce della “devoluzione” che ha interessato Taranto dal punto di vista delle sue istituzioni culturali e degli slogan molto facili con cui certa politica fa passare un’idea di cultura eccessivamente legata al turismo – quando non totalmente dipendente da esso –, come vede il futuro di questa città?
«Il futuro di una città si conquista, a quel che credo, sia con il rafforzamento della coscienza dei cittadini attraverso un’approfondita e critica preparazione culturale sia con un avanzamento economico equamente distribuito. Se mancano queste due caratteristiche essenziali, non si potrà mai verificare una vera e propria ‘conquista’ del futuro, ma solamente un passaggio attraverso il tempo, che scorre sempre e comunque. Occorre quindi per Taranto riacquistare la capacità di rendere redditizie le risorse naturali, culturali, industriali, di invenzione, di creatività che possiede in potenza, così da conquistarsi il futuro che merita.»
StecaS