Se qualcuno mi chiedesse dove inizia Taranto non avrei molti dubbi nel rispondergli: Taranto inizia dal mare. Lo sguardo affoga seguendo il filo della ringhiera del lungomare, il sole riflesso dall’acqua ferisce gli occhi, ma tu resisti. È troppo bello per non resistere, per non guardarlo ancor un po’.
Poi un giorno qualcosa cambia. Mentre scorrono le solite immagini, il mare si interrompe per un istante. C’è un buco sulla pellicola. Stordito ed incredulo ti giri, mentre l’auto continua il suo percorso, e vedi allontanarsi il tetto di qualcosa in costruzione. Quel qualcosa è il buco nella pellicola e quel buco si chiama “ospedale delle tartarughe”.
La storia del tetto che spunta dalla ringhiera all’altezza di Corso Vittorio Emanuele II, nei pressi della scuola G. Galilei, nasce da lontano, e precisamente dalla tanto contestata Unione Europea.
Nel 1994, con Comunicazione della Commissione europea, la Comunità decide di stanziare fondi per la “rivalutazione economica e sociale delle città e delle zone adiacenti in crisi, per promuovere uno sviluppo urbano sostenibile”. Tale progetto viene infatti denominato Urban, al quale nel 2000 seguirà un Urban II.
La Giunta Di Bello annusa l’affare e nel 2000 Taranto viene ritenuta idonea a ricevere i fondi Urban II per i progetti 2000-2006, insieme ad altre 70 città europee tra cui Carrara, Caserta, Crotone, Genova, Milano, Misterbianco, Mola di Bari, Pescara e Torino.
È da questi fondi che nel 2004 può prender forma il progetto di un’ “isola dei delfini”.
Nel 2006 sorge un “piccolo imprevisto”: in seguito alla condanna ad un anno e quattro mesi per abuso di ufficio e falso ideologico (è sempre bene ricordarlo!), arrivano le dimissioni del sindaco, Rosanna Di Bello.
Non è ancora stata posata la prima pietra. Il progetto si ferma, ma non muore. Infatti, i lavori riprendono nel 2011, con l’unica eccezione che insieme all’amministrazione cambia (di poco) anche la destinazione d’uso della struttura: non più delfinario, ma ospedale delle tartarughe. Le motivazioni ufficiali fanno riferimento alla scarsezza di delfini spiaggiati sulle coste tarantine, altre, meno ufficiali, raccontano dei fondi UE dispersi per altre attività dall’amministrazione Di Bello.
Quali che siano i motivi, come si suol dire, “lo spettacolo deve continuare”. Le motivazioni risiedono sempre nella Comunità Europea, che con occhio attento vigila affinché i fondi vengano spesi e che, ovviamente, vengano spesi per i fini prescritti. In caso contrario questi devono esser rispediti al mittente. E considerando che nella sola fase progettuale erano stati già spesi 750.000 euro, ultimare il progetto rappresentava certamente la scelta più saggia.
I lavori, quindi, vanno avanti. Fino al luglio 2013, quando la struttura, ancora incompleta, viene messa sotto sequestro dalla Guardia di Finanza su ordine del pubblico ministero Enrico Bruschi. Finiscono sotto indagine 14 persone fra professionisti ed amministratori pubblici. L’inchiesta dovrà accertare che i lavori siano stati realizzati nel rispetto dei parametri paesaggistici e in conformità con quanto disposto dal PUT – piano urbanistico territoriale.
Il provvedimento arriva in seguito a diversi esposti depositati presso la Procura della Repubblica da cittadini ed associazioni ambientaliste. Tra queste non può mancare Legambiente Taranto. Dalle parole della Presidente, Lunetta Franco, emerge che l’associazione ha voluto porre l’accento non solo sul tetto incriminato che fuoriesce dalla ringhiera, ma anche sulla colmata.
Come spiega la Franco, in quella zona sorgeva già un’altra struttura, leggermente più piccola, ma più a ridosso dei bastioni, in una posizione, quindi, che le permetteva di non esser visibile dalla ringhiera. Per poter costruire la nuova, così a ridosso del mare, è stata addirittura necessaria una colmata. Il tutto senza tener troppo conto dell’impatto ambientale.
Allora il dubbio sorge spontaneo: “La Sovrintendenza è molto attenta per quel che riguarda le opere da realizzare in Città Vecchia e, solitamente, pone svariati limiti – continua la Presidente Franco – in questo caso, invece, le uniche prescrizioni riguardano i materiali e le finiture esterne – in sostanza, il colore degli infissi. Com’è possibile?”.
Non è uno scherzo e non è questo il peggio. Pare infatti che in passato sia stata presentata alla Sovrintendenza una terza variazione del progetto (respinta) che prevedeva addirittura una passerella che unisse la ringhiera al tetto della struttura, così da farne una terrazza sul mare.
Insomma, davvero quel tetto che fa capolino dalla ringhiera sembra rappresentare, non solo fisicamente, la “punta dell’iceberg” di questa faccenda. Basti guardare la lista degli indagati*, non solo architetti, geometri e funzionari dell’amministrazione comunale, ma anche, ad esempio, l’amministratrice della Christian Color, ditta che guidava il raggruppamento temporaneo di imprese al quale fu aggiudicato l’appalto nel lontano agosto del 2004 per meno di due milioni e mezzo di euro. Insomma, l’errore è lì da qualche parte, bisogna solo capire chi l’abbia commesso e a quale prezzo.
Nel frattempo il Comune, in collaborazione con l’Università di Bari ed altre associazioni ambientaliste, tra cui il WWF, ha presentato un progetto per ottenere i fondi Life dell’Unione Europea, per la gestione del centro.
Che sia di buon auspicio?
*Architetto Antonio Liscio – all’epoca dei fatti responsabile del procedimento e dirigente pro tempore della direzione risanamento,
Architetto Cosimo De Leonardis – dirigente del settore Risorse Mare, co-autore del progetto l’isola dei delfini,
Ingegneri Pasquale Manfreda e Cataldo Russo
Geometri Fabio Fago, Antonio Mancini – tutti funzionari del Risanamento Città Vecchia.
Ingegner Gianfranco Tonti – progettista della prima e della seconda variante
Maria Rosaria Pauidice – amministratore della Christian Color, azienda mandataria dell’associazione temporanea di imprese appaltatrice
Willy Berty – amministratore di Jonio Sub s.r.l
Cinzia Casoni, Roberto e Cataldo Borraccino, Francesca Bruno della Tema Sistemi S.p.A
Architetto Silvio Rufolo – dirigente delle Direzioni Pianificazione-Urbanistica-Edilità.