A proposito di Ministero per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo (e chi più ne ha più ne metta!), sono tempi duri per il Ministro – già vicedisastro, per dirla con Renzi – Dario Franceschini. E come potrebbe essere altrimenti… Dopo la riforma del MiBACT, volta in particolar modo a depotenziare le Soprintendenze – ma era lo step necessario a sbloccare lo Sblocca Italia – gli exploit sul volontariato nei beni culturali come leva per risollevare le sorti del patrimonio sulla scia del metodo di reclutamento EXPO 2015, hanno fatto smuovere gli operatori della cultura.
Delle iniziative della Soprintendenza capitolina e relative all’invio di reperti all’estero per essere studiati abbiamo già parlato. Il 29 novembre diverse associazioni di professionisti della cultura – tanto della ricerca quanto della tutela – si sono riversate nella capitale, dinanzi al Pantheon, per gridare il loro “NO” al lavoro sottopagato nei beni culturali, quando non completamente gratuito; tra le altre è stata avanzata la richiesta “che venga bloccata a tutti i livelli ogni nuova iniziativa formativa che non abbia una effettiva e sicura ricaduta occupazionale”. Insomma, una serie di punti tesi a rivendicare il ruolo fondamentale delle competenze e della dignità professionale in un campo sempre più abbandonato a se stesso – a meno che non se ne occupi qualche volontario – e a scacciare lo spettro della precarietà. “Cultura è lavoro!”, il loro motto. Una protesta sacrosanta, soprattutto perché urla a gran voce la necessità di politiche culturali degne di questo nome, che creino opportunità occupazionali stabili sia per garantire le migliori tutela e valorizzazione possibili al patrimonio – che abbiamo in eredità dal passato e in prestito dalle generazioni future – che la giusta collocazione a migliaia di laureati che non riescono a trovare il proprio inquadramento perché non vedono riconosciute le loro legittime aspirazioni professionali.
Nel frattempo però, dato che con questo MiBACT non ci si annoia mai, il 27 novembre è stato stipulato un protocollo d’intesa tra il Ministro Franceschini e il Sottosegretario di Stato del Ministero del Lavoro, Luigi Bobba, per lo stanziamento di 11 milioni di euro da impiegare nel campo della tutela e valorizzazione del patrimonio storico artistico attraverso il reclutamento di 2000 volontari del servizio civile nazionale. Ed ecco che lo spettro del volontariato nel settore della cultura diventa realtà!
Ma il Ministro, oggi, ha da domare anche un’altra ribellione, quella partita da Bologna e che ha coinvolto il Gotha della storia dell’arte italiana e mondiale contro la mostra, annunciata per febbraio, curata da Vittorio Sgarbi per il Genus Bononiae e che reca il titolo “Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice”. Presentata come mostra dedicata a Roberto Longhi e Francesco Arcangeli, l’esposizione prevede la mobilitazione di numerosissime opere da diverse sedi bolognesi – chiese e musei in primis – da collocarsi per l’occasione in Palazzo Fava. La sezione bolognese di Italia Nostra non c’è stata e ha indetto una raccolta firme da indirizzare al Ministro Franceschini perché vengano impediti i prestiti a una mostra “priva di alcun disegno storico e della benché minima motivazione scientifica, un insulto alle opere, trattate come soprammobili, all’ intelligenza del pubblico; alla memoria di Longhi e Arcangeli — e naturalmente un attacco ai musei, con la colpevole connivenza di chi li dirige”. Sgarbi ne ha fatta una questione di prestigio personale – ovviamente! – ma l’appello continua ad essere sottoscritto e il numero delle firme è destinato ad aumentare: segno che il malcontento nei confronti di quel “mostrificio” che è diventata l’Italia, prende sempre più la forma dell’insofferenza e di una presa di coscienza comune tanto al docente ordinario quanto agli storici dell’arte in erba.
Si attende dunque la risposta del Ministro per capire se deciderà di dare il via libera all’ennesima mostra inutile o se cambiare rotta, almeno su questo. Certo, le aspettative non sono le più rosee. Non dimentichiamo che per Franceschini la cultura è “il petrolio d’Italia”; sempre lui, afferma che i musei e il patrimonio sono “miniere d’oro” e “non le abbiamo sapute usare”: anche l’oro, come il petrolio, va estratto e non certo per guardare quanto è bello; ci si ricava il massimo che si può in termini di moneta – eh sì, il loro concetto di valorizzazione – e evidentemente non si riesce proprio a pensare a come si possa creare una buona occupazione nel settore dei beni culturali che, senz’altro, potrebbe essere un traino per lo Stato se posto nelle mani di persone competenti. Ci sarebbe da chiedere a Franceschini se i suoi gioielli di famiglia sono affidati a mani sicure o a quelle del primo che ha detto “Ci penso io!”, a titolo volontario. Non è un mistero che la gratificazione sul lavoro – quindi il reddito – rende migliore la qualità del lavoro stesso. In professioni in cui gioca un ruolo fondamentale la passione – e il campo dei beni culturali è uno di questi – gratificare un lavoratore significa permettergli di dare il massimo per il bene comune. Far leva sulla passione per ottenere prestazioni a basso costo o gratuite è indice della totale assenza di una politica culturale che salvaguardi patrimonio culturale e crei occupazione di qualità: lasciare il patrimonio al volontariato vuol dire sminuirne il valore culturale, la sua importanza per la formazione della coscienza civile del cittadino. Dinanzi a progetti come quello di trasformare il Colosseo in un’arena, di mostre inutili e di finanziamenti a film con Belen, si fa sempre più chiara l’idea che è il concetto stesso di cultura ad aver subito una devastante metamorfosi degenerativa.
Occorre anzitutto recuperare questo concetto, nella deriva di connotazioni fuorvianti che lo hanno investito, poi subordinato alla parola, apparentemente innocua, turismo. L’idea attuale di turismo fa del patrimonio un feticcio dal quale trarre il massimo guadagno in termini di moneta dando l’immagine di un’Italia decadente che non fa che ripiegare sul proprio passato.
Ma se si provasse a considerare questo passato glorioso come un insegnante, tornando a studiarlo seriamente per creare nuova cultura; a valorizzarlo facendo conoscere i nuovi esiti della ricerca e facendo partire nuovi meccanismi di divulgazione intelligente che possano accogliere un turismo di qualità?
Se la cultura tornasse ad essere la cultura?
StecaS
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Per chi volesse approfondire il concetto di cultura come volano per il futuro consiglio la lettura di :
– T. MONTANARI, Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà, Minimum Fax 2014.