«Noi difendiamo la Puglia, attraiamo investimenti, la Puglia è la prima in Italia per crescita dell’export, ma è bene che si sappia, noi non abbiamo l’anello al naso e non svendiamo la Puglia. Questo deve essere chiaro a tutti»: queste le dichiarazioni rese dal Presidente della Regione Puglia Vendola in merito al diniego all’autorizzare per la costruzione di un resort in Salento su aree protette. Da elogiare anche la netta opposizione da parte di SEL al Governo in merito alla costruzione della TAP passante per la splendida località pugliese di San Foca. Bene, bravi, bis.
Sui risultati strabilianti della Regione Puglia rincara la dose Donatella Duranti, parlamentare SEL, in un servizio mandato in onda dalla TV locale Blustar in data 11 Settembre: «negli ultimi 9 anni il centro-sinistra in Puglia è stato autore di una stagione senza precedenti per i risultati ottenuti come ormai indistintamente riconoscono tutti gli indicatori nazionali ed internazionali» e, ovviamente, «la Puglia è al primo posto in Italia per quantità di prodotti esportati».
Per prima cosa sarebbe gradito capire precisamente quali siano gli “indicatori nazionali ed internazionali” che attesterebbero risultati senza precedenti ottenuti dal centro-sinistra in Puglia: non si tratta di ironia ma di semplice curiosità, dal momento che gli ultimi Rapporti Svimez, la pubblicazione Istat Noi Italia 2014, 100 statistiche per capire il paese in cui viviamo e la pubblicazione Banca d’Italia Le Economie regionali- Puglia del Giugno 2014 non forniscono dati statistici relativi alla Puglia particolarmente confortanti in termini di occupazione, qualità del credito, risparmio finanziario, sanità, qualità dell’ambiente, livello di reddito e valore aggiunto sull’output prodotto. Se, poi, l’On. Duranti si riferisce a recenti classifiche sulla qualità della vita che indicano la Puglia come “regione più bella del Mondo”, si può essere d’accordo: i turisti possono trovare in Puglia ottimi resorts, bellissime coste e località turistiche meravigliose; resta da capire come si vive fuori dai resorts, da semplici cittadini e per tutto l’anno. C’è da dire che località turistiche molto gettonate sono anche in Thailandia e Messico: bisognerebbe chiedere agli autoctoni come vivono in Messico e Thailandia. E c’è da dire che la bellezza di una località non può diventare un merito da ascriversi. Al limite una località può essere valorizzata e questo già non è poco. Eppure alcuni dei capoluoghi di Provincia di Puglia, dove presumibilmente si concentra la maggior parte della popolazione e delle attività produttive della Regione, figurano agli ultimi posti per qualità della vita in Italia nella classifica stilata annualmente dal Sole 24 Ore.
C’è, però, un riferimento statistico – più o meno chiaro – snocciolato con orgoglio dal Presidente Vendola e dall’On. Duranti: «la Puglia è la prima in Italia per crescita dell’export» (Vendola) o, a scelta, «la Puglia è al primo posto in Italia per quantità di prodotti esportati» (Duranti).
Ora, se l’On. Duranti si riferisce al valore della produzione esportata, è proprio l’ISTAT a dirci che, nel terzo trimestre 2013, la Puglia ha esportato prodotti per circa 1,9 Miliardi di Euro, molto meno di una qualsiasi media (o grande) regione del Nord Italia – la Lombardia, la più importante, ha esportato 26,2 Miliardi di Euro di merce nello stesso intervallo di tempo. E’ chiaro che le esportazioni pugliesi sono forse il 7 o l’8% di quelle lombarde. È certamente un grossolano errore commesso in buona fede sull’onda dell’entusiasmo per i dati ISTAT pubblicati nello stesso giorno (11 Settembre), relativi alle esportazioni delle regioni italiane nel primo semestre 2014, raffrontate alle esportazioni relative allo stesso periodo 2013: “Tra le regioni che forniscono un contributo positivo rilevante alla crescita tendenziale dell’export nazionale nel primo semestre 2014 (+1,3%) si segnalano, come particolarmente dinamiche, Emilia-Romagna (+4,5%), Piemonte (+4,4%), Veneto (+3,0%), Marche (+6,6%) e Puglia (+9,4%)”. Quel + 9,4% ha fatto gridare al miracolo pugliese.
Ma SEL non è curiosa di capire a cosa ascrivere quel valore, perché è così vistoso, a quale prodotto (o prodotti esportati) si riferisca (mandorle, pesce, servizi turistici, olive) e qual’è stata la dinamica delle esportazioni nei semestri precedenti al 2013? Non è curiosa di sviscerare il dato statistico settore per settore? Evidentemente no.
Con riferimento ai trimestri precedenti, il terzo trimestre 2014 in Puglia non offre motivi particolari per gioire (come accade in tutte le regioni italiane, del resto), perché il dato grezzo indica esportazioni trimestrali per 1,95 miliardi di Euro, di poco superiori all’omologo trimestre del 2013. Basta, però, dare uno sguardo all’andamento delle esportazioni riscontrabili sullo stesso sito ISTAT – due click di mouse più avanti su quel 9,4% – per rendersi conto che il 2013 è stato un anno disastroso per le esportazioni della Regione Puglia e che i valori del 2012 non ancora lontanissimi. Per esempio, nel secondo trimestre 2012 la Puglia esportava beni e servizi per 2,38 miliardi di euro. Quindi, rispetto al 2012, le esportazioni trimestrali del secondo trimestre 2014 sono ancora inferiori del 21,7% (!!!!!!): si tratta di un “rimbalzo” di esportazioni successivo ad un crollo particolarmente vistoso nell’anno precedente – crollo che altre regioni non hanno fatto registrare.
È la stessa Banca d’Italia a sentenziare che “Il calo riflette l’andamento fortemente decrescente registrato dalla seconda metà del 2012 fino al primo trimestre dell’anno scorso. A partire dal secondo trimestre del 2013 l’export è invece tornato ad aumentare in modo sostenuto. Sulla flessione complessiva delle esportazioni nel 2013 hanno inciso il settore dei metalli e quello dei macchinari che, congiuntamente, ne spiegano l’84,0 per cento”. Possibile che Vendola e Duranti non abbiano letto per intero il comunicato, là dove ISTAT ha scritto a chiare lettere che Taranto è una delle maggiori province italiane artefici del boom di esportazioni? Si tratta di scendere qualche riga sotto il dato grezzo (il famoso + 9,4%): “Il cartogramma fornisce un quadro d’insieme della dinamica territoriale delle esportazioni nazionali a livello provinciale. Le province che nel primo semestre 2014 danno il contributo più importante alla crescita dell’export nazionale sono Torino (+8,5%), Massa-Carrara (+59,2%), Vicenza (+4,9%), Modena (+6,4%), Taranto (+65,6%), Bergamo (+4,6%), Brescia (+3,9%), Chieti (+9,8%), Treviso (+4,4%) e Bologna (+3,9%)”.
Taranto è la provincia italiana che, nel primo semestre 2014, ha fatto registrare l’incremento più alto di esportazioni sul semestre 2013. Di cosa? Lo dice a chiare lettere la stessa pubblicazione ISTAT: metalli di base e prodotti in metallo, esclusi i macchinari (+ 64%), coke e prodotti petroliferi raffinati (+240%), prodotti dell’attività di trattamento dei rifiuti (+ 93%). A chi scrive vengono in mente due soli nomi di aziende: ILVA ed ENI di Taranto. Insomma, il boom è ascrivibile ad un fisiologico rimbalzo – dopo il crollo – della domanda d’acciaio e prodotti petroliferi fabbricati in un’unica inquinatissima città della Puglia: Taranto.
Senza entrare nel merito di impegnativi discorsi sulla necessità o meno di implementare importanti industrie di base in un paese che voglia definirsi sviluppato e senza soffermarsi sull’accenno di Vendola molto mainstream alla capacità di attrarre investimenti privati (da sinistra sarebbe il caso di parlare di investimenti pubblici), l’importanza istituzionale delle persone che hanno sbandierato il dato grezzo, e il non secondario particolare che la “E” di SEL sta per Ecologia, imporrebbero maggiore attenzione ai reali fattori che determinano questi miracoli statistici, stante i “prezzi” che – dati epidemiologici ed economici e studi ufficiali alla mano – le popolazioni sopportano.
Del “prezzo” economico delle malattie da inquinamento a Taranto parleremo prossimamente con la Dott.ssa Paola Biasi, dottoranda in Economia dello Sviluppo alla Facoltà di Economia di Firenze, dove si è laureata in Economia con una tesi sulle esternalità negative prodotte a Taranto (costi dell’inquinamento); del prezzo economico della monocoltura dell’acciaio parleremo con Adele Di Fabbio, dottoressa di ricerca in Istituzioni e Politiche Comparate all’Università degli Studi di Bari con una tesi sui meccanismi socio-economici e cognitivi che inibiscono il rinnovamento e la riconversione dell’area di Taranto, Membro di Regional Studies Association, dopo la specializzazione in Public Policy ottenuta presso la University of Nottingham, in Inghilterra.
Per queste due donne pugliesi, talmente legate alla propria terra da avervi dedicato parte dei propri studi, la “strada giusta” è stata quella che le ha portate, rispettivamente, a Firenze ed Amburgo, nonostante gli indicatori nazionali ed internazionali di cui sopra, come spesso succede alle giovani promesse che la nostra terra continua ad esportare con l’acciaio.