Due anni dopo Siderlandia continua a rappresentare una scommessa contro tutto e tutti. Un’attività editoriale che non ha finanziatori importanti o padrini politici, che si basa sul lavoro volontario di giovani (l’intera redazione, con una sola preziosissima eccezione, è composta di under-30) e che, nonostante tutto questo, nel corso di questi due anni è riuscita a crescere e a ritagliarsi un ruolo significativo nell’opinione pubblica locale sembra quasi un miraggio. E invece è tutto vero. Nell’ultimo anno in particolare siamo passati dalla forma “blog”, caratterizzata da pubblicazioni occasionali, alla cadenza settimanale: passaggio che ci ha permesso di programmare sempre meglio i nostri interventi. I risultati sono evidenti: se nel primo numero della nuova edizione (che usciva esattamente un anno fa) eravamo in grado di proporre “appena” quattro articoli, con l’ultimo abbiamo toccato il “massimo storico” di tredici! La media mensile delle visite singole (il numero di persone entrate su Siderlandia) è più che raddoppiata, passando dalle 3.000/4.000 della scorsa primavera alle 7.000/8.000 degli ultimi sei mesi. Ma ciò che più conta è la “qualità del prodotto”; per affinarla sempre di più e differenziarci così nel quadro dell’offerta editoriale locale abbiamo seguito una duplice direzione: da una parte, abbiamo tentato di dare voce alle molteplici realtà che, pur operando con ampi meriti nella nostra comunità, troppo spesso sono ignorate dai principali mezzi di comunicazione; dall’altra, abbiamo tentato di sprovincializzare il dibattito locale con il ricorso a contributi esterni (soprattutto interviste ad autorevoli esponenti della scena pubblica) e approcci innovativi (facendo leva soprattutto sulle scienze sociali). Ne sono derivati risultati di cui non possiamo che essere orgogliosi – e per i quali i lettori ci hanno ampiamente ripagato. Ma Siderlandia in quest’ultimo anno è stata anche uno strumento per costruire ponti fra realtà socialmente e culturalmente distanti, che grazie al sito hanno avuto modo di esprimersi e dialogare: l’università e la fabbrica, il composito mondo dell’associazionismo e quello dell’ambientalismo… abbiamo ampliato le nostre prospettive grazie ai molteplici interventi che abbiamo ospitato e speriamo di essere riusciti a sollecitare un effetto analogo nei nostri lettori. Oggi l’immagine che meglio esemplifica il nostro progetto è una di quelle locande di una volta, dove gli avventori capitavano quasi per caso, ciascuno con una storia da raccontare, con un’esperienza da condividere. E proprio in quei luoghi all’apparenza così “poco raccomandabili” sono nate le prime associazioni fra sfruttati… alla luce fioca di poche candele, fra un boccale di birra e versi non proprio armoniosi è stata concepita la splendente idea di Rivoluzione.
Ma il bilancio non può concludersi con un accenno al segno “meno”. Sul nostro libro mastro questo va assumendo una dimensione sempre più consistente; e la ragione di questo crescente deficit ha un nome preciso: “precarietà”. Con l’andare dei mesi anche noi andiamo diventando “grandi” e ciò che si prospetta di fronte alle nostre esistenze non è un avvenire roseo: dovremo affannarci per trovare almeno un posticino in una società sempre meno interessata ai giovani, e per di più in una città che li rifiuta senza neanche conoscerli. E questo implicherà sempre meno tempo – che nel frattempo dovremo impiegare per la ricerca di lavori a chissà quante leghe di distanza da Taranto – ed entusiasmo – che una condizione di instabilità permanente certo non favorisce. Alla fine, quando i costi diventeranno superiori ai benefici, dovremo mollare. Non è l’esito già scritto di un “destino cinico e baro”: è la conseguenza ineluttabile di circostanze materiali sfavorevoli, che nessuno, fra quanti potrebbero, mostra l’interesse a voler modificare. Semplicemente tutto quello che è cultura, innovazione o comunque espressione di vivacità intellettuale a Taranto non è ben accetto, da fastidio… forse una mente che funziona puzza più di una cokeria che viaggia al massimo della sua potenza.
Il punto è che, cari coetanei, che qui nessuno ci regalerà mai quello che in teoria dovrebbe spettarci (una formazione degna, un lavoro decente, la sicurezza di non dover finire in mezzo a una strada dopo pochi mesi…). E il punto ancora più urgente è che, per ottenere ciò che in teoria ci spetterebbe, dobbiamo rompere i coglioni. No, non avete letto male… e neanche ci siamo convertiti improvvisamente alla moda linguistica di Montecitorio. In fondo, è quello che abbiamo fatto noi in due anni: senza timori e tremori, sfidando tutti proprio perché da perdere non avevamo niente. Ma non basta scrivere, leggere, pensare… ora come non mai occorre agire. E per agire ci si deve organizzare. I soggetti deboli sono tanto più deboli quando sono frammentati al proprio interno. E invece noi abbiamo bisogno di tutta la forza di cui disponiamo, quella che si è riversata per le strade in più di un’occasione nel corso di quest’anno, quella che ha maturato idee profonde di cambiamento. Non saranno certo le prossime elezioni a misurare l’entità di questa forza: anche in quel caso i pochi giovani presenti – sebbene alcuni più che meritevoli – rappresenteranno poco più che se stessi, perché alle loro spalle, sotto i loro piedi non si è ancora manifestata la potenza dirompente delle nostre volontà messe insieme. Diamoci appuntamento quindi dopo che la caciara elettorale sarà finita, con una grande iniziativa: chiunque si troverà a governare Taranto nei prossimi cinque anni dovrà avere il nostro fiato sul collo, perché il futuro di Taranto è indissociabile dalle azioni che verranno prese nei prossimi anni per valorizzare la sua componente più giovane; contrariamente questa città farà la fine di tanti nuclei umani nel corso della storia, che per incapacità o stoltezza sono regrediti fino quasi ad estinguersi.
La Redazione