E’ l’ultimo giorno di voto per i lavoratori Alenia. Da circa una settimana infatti va avanti il referendum convocato dalle organizzazioni sindacali (FIOM, FIM e UILM) per ratificare l’accordo sulla turnistica raggiunto con l’azienda il 14 novembre. E’ una battaglia che ha fatto poco clamore quella esplosa nello stabilimento di Grottaglie-Monteiasi agli inizi di ottobre – sovrastata dalle più drammatiche vertenze Vestas e Marcegaglia –, ma altamente significativa per le questioni che sono chiamate in causa e per l’approdo a cui si è giunti. Al termine della vertenza, infatti, i lavoratori sono riusciti a spuntare una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, resa possibile da una copertura economica significativa da parte dell’azienda.
Tutto ha inizio quando la Boeing, acquirente storica delle produzioni Alenia, decide di implementare l’adozione di fusoliere allungate (cosiddette “dash-10”) per i suoi velivoli. Lo stabilimento jonico, che già produce le gamme dash-8 e -9, entra così in concorrenza con altri siti produttivi per l’aggiudicazione della commessa. La “gara” si gioca sugli standard di produzione del 2013: l’obbiettivo per Alenia è la consegna di 77 fusoliere entro la fine dell’anno. In corso d’opera tuttavia si manifestano problemi, legati prevalentemente all’applicazione di nuove tecnologie, ma anche a una poco efficiente organizzazione del lavoro. L’incremento della produzione non viene infatti accompagnato da una corretta previsione dell’adeguamento impianti, quindi l’unica strada percorribile per Alenia resta l’aumento della turnistica. In particolare, in quello che è il reparto alla base dell’intero processo produttivo, lo “Stringer”, si continua a lavorare su 18 turni – di per sé insufficienti a garantire le nuove esigenze produttive –, integrati da straordinari volontari e dalle prestazioni (un po’ meno volontarie) dei giovani assunti in apprendistato e di lavoratori somministrati. L’azienda tuttavia si accorge che tale sistema non funziona; passa allora a considerare quanto già previsto da un accordo siglato nel luglio 2012 con le organizzazioni sindacali a livello nazionale, cioè la possibilità di passare a 21 turni attraverso l’impiego di cinque squadre. Di fatto, si prospetta una riduzione da 40 a 33 ore di lavoro in media per ogni lavoratore impiegato. L’onere della riduzione viene scaricata però interamente sulle maestranze, attraverso il ricorso forzato a ore di permesso e ferie. E’ a questo punto che scoppia la protesta.
“La mobilitazione è nata perché l’azienda si è mostrata indisponibile a discutere la regolamentazione della turnistica”, sottolinea Mimmo Manigrasso, RSU della FIOM in Alenia. “Inizialmente solo noi della FIOM ( con l’appoggio della FISMIC) abbiamo sollevato il caso, proclamando tre giorni di sciopero totale, dall’11 al 13 ottobre. Da lunedì 14 fino al 17 abbiamo proseguito con un’ora di sciopero in assemblea al giorno. Il 18 ci siamo fermati, convocando un’assemblea retribuita, per permettere all’azienda di convocare un tavolo. Da quell’incontro è emersa la proposta di accordo che i lavoratori stanno votando in questi giorni. Alla fine anche i rappresentanti di FIM e UILM, che inizialmente avevano accettato l’imposizione dell’azienda, ci hanno seguiti”. L’accordo prevede che l’azienda si assuma l’onere per 118 delle 270 ore non lavorate in un intero anno, mentre 88 (prese non dalle ferie, ma dai permessi aggiuntivi) resterebbero a carico del lavoratore; questo dovrà inoltre dare la disponibilità per otto delle tredici festività in calendario. In compenso, la nuova turnistica permette di restare a casa 145 giorni all’anno senza subire decurtazioni salariali. Altro aspetto rilevante dell’accordo è la sua estensione (almeno potenziale) all’intero stabilimento, e non al solo reparto Stringer. “Per ora la sua attuazione resta circoscritta a quel reparto per motivi organizzativi”, afferma Manigrasso, “ma ci sono le basi per estendere la stessa organizzazione anche agli altri reparti. In questo modo si creerebbe non solo un beneficio in termini di qualità del lavoro per l’intera popolazione dello stabilimento, ma anche delle opportunità per il nostro martoriato territorio. A quel punto, infatti, la riduzione oraria non sarebbe più compensabile attraverso la mobilità interna alla forza lavoro attuale, ma si dovrebbe ricorrere a nuove assunzioni, pari a circa il 20/25% dell’attuale organico [che conta 750 addetti, ndr]. La prossima battaglia deve essere questa.”
Una battaglia che però rischia di cozzare con l’impiego spregiudicato che Alenia ha fatto in questi anni di manodopera in somministrazione – in gran parte di nazionalità rumena. “Per noi è prioritario superare questo sistema”, sottolinea Manigrasso, “e contiamo sull’assegnazione della commessa Boeing, che garantirebbe allo stabilimento una prospettiva produttiva per almeno altri 7/8 anni, per affermare rapporti di lavoro stabili.”
La vertenza vinta dai lavoratori in Alenia riporta d’attualità il tema della ridistribuzione del lavoro – sintetizzato nel celebre slogan “lavorare meno, lavorare tutti” – in una fase in cui le opportunità di occupazione diventano quanto mai rare. Certo, siamo ben distanti da una strutturale riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario (e a carico dell’azienda), ma l’accordo prospetta un avanzamento oggettivo rispetto alla tendenza prevalente – che, soprattutto per i più giovani, si traduce nel massimo dispendio di tempo-vita a fronte del minimo riconoscimento economico. E’ importante tuttavia sottolineare il contesto in cui è stato possibile affermare tale soluzione: un’azienda ad elevata capacità tecnologica, in grado per questo di intrecciare rapporti durevoli con realtà leader di un settore fra i più dinamici dell’attuale sistema economico. Il caso Alenia chiama dunque in causa direttamente le politiche industriali, capitolo che i nostri governi si ostinano a ignorare. Eppure il riconoscimento che le autorità europee hanno tributato allo stabilimento di Grottaglie come uno dei migliori casi di allocazione dei fondi strutturali dovrebbe indurre a riflettere.