A Palazzo degli Uffici, meglio conosciuto come palazzo Archita, le impalcature per i lavori di ristrutturazione che avvolgono la struttura sono ormai diventate parte integrante dell’arredo urbano. La mia memoria, anzi, non mi riporta un ricordo dell’edificio spoglio dai ponteggi. Quello che però non sappiamo è che il palazzo non è più sede scolastica del Liceo Archita; gli studenti, i docenti e tutto il personale sono stati dislocati in tre diversi locali: l’ex Mazzini in via Pitagora, la Consiglio in Città Vecchia e la sede della Sant’Antonio in via Bruno. Tutti spazi molto distanti tra loro. Insomma, tra tanto degrado, nel pieno centro della città, sotto gli occhi di tutti, si consuma un vero e proprio dramma sociale e culturale.
Per fare luce sulla questione mi reco all’assemblea degli studenti del Liceo Archita, ormai l’unica occasione che gli appartenenti alle diverse sedi hanno per conoscersi. La riunione si tiene al centro sportivo Magna Grecia, distante diversi chilometri dalle aule scolastiche sparse per la città. È l’unica struttura capace di contenere gli oltre 900 studenti del più antico e rinomato liceo cittadino, e che accetti il piccolissimo autofinanziamento di un euro a testa a cui si sottopongono per non rinunciare a un momento di aggregazione e a un cantiere culturale come l’Assemblea d’Istituto.
Con i rappresentanti d’istituto nasce una bella chiacchierata e la loro voglia di parlare è tanta: “Noi vogliamo salvare Palazzo degli Uffici prima di tutto in quanto cittadini tarantini, consci del valore culturale e architettonico dell’edificio; se pensiamo a un turista che si affaccia al Borgo dopo aver visitato la Città Vecchia e che vede una bellissima struttura come quella circondata da orrendi ponteggi…” Il tono deciso è di chi sa bene di cosa sta parlando e subisce il problema sulla propria pelle. La conversazione procede a ritmo serrato.
Il primo cantiere, come mi spiegano con dovizia i ragazzi, protagonisti di una vera e propria indagine in merito, è stato installato circa dieci anni fa. In seguito c’è stata solo un’altalena di ripetuti blocchi dei lavori e continui subappalti tra le varie ditte vincitrici delle gare, con conseguenti e sistematiche quanto brevi e inutili riprese.
Gli unici veri e concreti interventi sono stati, prima, lo spostamento degli studenti da un’ala all’altra dell’edificio (l’ala est è ormai abbandonata da anni); e, infine, il dislocamento nelle tre sedi: “Una mattina di circa nove mesi fa abbiamo trovato la scuola completamente recintata: era una vera gabbia per topi… Pensa cosa sarebbe potuto succedere in caso di evacuazione di emergenza. I cantieri, sempre più invasivi, provocavano un inquinamento acustico tale che affermare che impedivano il regolare svolgimento delle lezioni risulta un eufemismo”. Da qui, il dislocamento.
L’idea di scuola come primo spazio aggregativo e sociale è lontana anni luce da quella che vivono gli studenti dell’Archita: “Tra i ragazzi il disagio è forte. Oltre agli ovvi problemi di aggregazione, ci sono anche problemi burocratici: per esempio, anche ritirare il libretto delle assenze è una operazione che richiede necessariamente un’assenza di un’intera giornata, perché ovviamente i professori non danno l’autorizzazione a percorrere quaranta minuti di cammino per raggiungere gli uffici presso la sede in Città Vecchia. Inoltre il problema investe anche i docenti, che sono spesso costretti a sbattersi tra una sede e l’altra, e i ritardi sono inevitabili”.
Per nulla secondaria è l’imbarazzante situazione dei volumi appartenenti al Liceo e al suo Archivio Storico, “conservati” all’interno dell’edificio: “La questione ci preme tantissimo: ci sono circa ventimila scritti di comprovato valore artistico e letterario, riposti in quarantuno scatoloni classificati. Sono anche catalogati su internet, ma la cittadinanza non può usufruirne perché giacciono abbandonati in locali umidi e per niente adatti alla conservazione di materiale cartaceo”.
E i ragazzi come si stanno muovendo? “Per adesso cerchiamo la strada del dialogo; in questi giorni abbiamo redatto una lettera al Sindaco. Certo che l’abbiamo protocollata. La risposta? A dir la verità non è stata molto incoraggiante: la segretaria ci ha detto che «quando il sindaco vorrà», ci concederà un appuntamento. Di sicuro non rimarremo con le mani in mano. Ma è tutto molto complesso e deve essere tutto calcolato. Ad esempio, pratiche come l’occupazione sono di difficile attuazione: primo, perché siamo tutti distaccati in tre sedi; e poi perché, ad esempio, la Sant’Antonio è proprietà privata della parrocchia che fitta i locali alla scuola, mentre in Città Vecchia condividiamo la struttura con una scuola elementare… Per adesso, comunque, l’idea è di organizzare una giornata culturale con docenti, ex alunni ed ex docenti. Alla problematica è molto vicina anche una personalità importante come l’ex Preside Anzoino“
Ci tengono a raccontarmi di come Archita da Taranto sia stata una figura importante nel panorama culturale dell’epoca: filosofo, matematico, inventore e politico. Per maggiori informazioni, cliccando sul nome sarete portati sulla pagina di Wikipedia a lui dedicata.
Non riesco a non pensare quanto in questi anni abbiamo denunciato la cecità delle amministrazioni locali nei confronti dei problemi dei giovani, nella città delle contraddizioni del capitalismo. Taranto ha bisogno dei suoi ragazzi come si necessita di acqua nel deserto, ma nessuno sembra accorgersene. Mancano gli spazi, e quelli che ci sono – addirittura una scuola importante e rinomata come l’Archita! – vengono abbandonati al degrado. Un degrado che è lo specchio di una città in cui manca completamente una progettualità politica giovanile, e quindi un’idea di futuro in cui i ragazzi possano sperare.
Alla fine parliamo di futuro: c’è chi è preoccupato per il rischio sanitario, c’è chi abbandonerebbe Taranto solo per necessità di studio e chi invece la abbandonerebbe solo per studiare veterinaria: “La clinica veterinaria più vicina che abbiamo è a Bari!”. Nonostante tutto…
L’ultima cosa me la fanno notare i ragazzi: nonostante le centinaia di articoli redatti sulla questione, apparsi ai ragazzi quasi come dei “contentini”, su internet non si trova neanche mezza discussione sul problema. E, nel 2013, non possiamo proprio permettercelo. Compito di questo articolo è anche quello di coprire questa incredibile falla.