Dal 26 giugno Taranto e provincia sono lo scenario dell’iniziativa “Festa dell’Architetto 2014”, giunta alla seconda edizione e che andrà avanti sino al 14 luglio. Il cartellone è fittissimo di iniziative, tra tavole rotonde, mostre fotografiche e pittoriche, visite guidate e musica, l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Taranto si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche quali l’urbanistica e, in generale, la città, ma anche di dare nuova linfa alla percezione della professione dell’Architetto, così sfaccettata e, soprattutto, così necessaria. Abbiamo parlato con il Presidente dell’Ordine per la Provincia di Taranto, Massimo Prontera, che ci ha spiegato le linee guida di un’iniziativa che non vuole e non deve rimanere fine a se stessa.
La “Festa dell’Architetto 2014”, la seconda edizione di una manifestazione che nasce con l’obbiettivo di ridefinire quello che è il ruolo dell’architetto nella società contemporanea. Quali sono le sue linee guida?
Lo scorso anno, in occasione della serata di chiusura della prima edizione della Festa dell’Architetto avevamo preso un impegno formale con i nostri colleghi e con la città. Non si sarebbe trattato di un evento unico ed estemporaneo ma avremmo ripetuto questa manifestazione provando a portare le nostre idee, i nostri principi, la nostra visione anche oltre la città capoluogo che ci ha ospitati nel 2013. La promessa è stata mantenuta. Quest’anno, come abbiamo più volte detto, “ci siamo fatti in quattro”, in tutti i sensi. Quadruplicato lo sforzo organizzativo alla base di questo evento, quadruplicate le piazze che ospiteranno la Festa e le iniziative collaterali alla Festa. Oltre Taranto, infatti, quest’anno saremo a Martina Franca, Manduria ed infine Massafra, abbracciando interamente una provincia che, dal versante occidentale a quello orientale, presenta peculiarità, differenze, qualità, bellezze paesaggistiche ed architettoniche che proveremo ad evidenziare e promuovere. Un programma articolatissimo di eventi, tavole rotonde, incontri e dibattiti, mostre fotografiche e pittoriche, esposizioni collettive di architettura, visite guidate, per un impegno che ci vedrà protagonisti per tre settimane nelle principali piazze dei comuni ospitanti. Anche quest’anno abbiamo fortemente voluto che questa manifestazione, nata lo scorso anno per volontà del nostro Ordine su sollecitazione del nostro Consiglio Nazionale per i 90 anni di istituzione degli Ordini degli Architetti italiani, si svolgesse nuovamente in piazza, portando gli architetti e le architetture fra i cittadini. Una novità assoluta per un Ordine professionale che decide di uscire dai propri uffici e mantenendo il proprio assoluto ruolo istituzionale, sceglie di promuovere le peculiarità della propria professione fra la gente. Un modo nuovo di comunicare l’architettura ed una professione che ancora, nonostante per secoli sia stata considerata una delle discipline più nobili, vive da troppi anni una crisi di identità e di considerazione pubblica nella nostra società.
Una battaglia per rilanciare una professionalità, quella dell’architetto che, come lei ha ribadito più volte, “non è solo colui che arreda le case”.
L’architetto è un professionista con una formazione culturale e professionale molto versatile, dinamica, fortemente legata alle trasformazioni sociali. Una formazione intensamente tecnica ma contaminata da profondi connotati umanistici. Questo suo essere un mix di competenze e sensibilità rende l’architetto più soggetto ad essere coinvolto in occasioni professionali che spaziano dalla progettazione di dettaglio ai piani territoriali, in una sola frase “dal cucchiaio alla città” per riprendere una celebre citazione di Ernesto Nathan Rogers. Oggi, si tende a specializzare la propria offerta professionale per la ricerca di specializzazione che viene sempre più richiesta dal mercato del lavoro ma l’approccio metodologico dell’architetto è sempre orientato al controllo complessivo di tutta l’opera progettuale anche nel caso in cui ci si occupi puramente di una sua parte. L’Architetto, per sensibilità e formazione culturale è l’unico deputato, ad esempio, ad occuparsi di interventi di restauro architettonico di opere monumentali (competenza, peraltro, ultimamente riconosciuta in modo definitivo in una recente sentenza del Consiglio di Stato). L’architetto è esperto del paesaggio e delle sue dinamiche. L’architetto è pianificatore in quanto l’urbanistica è materia prettamente di competenza degli architetti. L’architetto, però è anche designer o progettista di spazi interni, proprio perchè l’attenzione al dettaglio e all’elemento particolare è complementare all’attenzione nei confronti della complessità dell’intero organismo architettonico.
La serata inaugurale, la bella mostra fotografica di Vito Leone, la tavola rotonda sulle occasioni di sviluppo del territorio. Assenze importanti e tante polemiche. Può raccontarci cosa è andato e cosa no?
Nostro obiettivo dichiarato anche nel titolo della Tavola rotonda “Progetto di territorio e occasioni di sviluppo” era di mettere intorno ad un tavolo le più rappresentative entità economiche e sociali per provare a ragionare insieme su quale progetto di territorio ci sia per la provincia di Taranto ed in particolare per la città capoluogo. Ritengo con convinzione che dalle secche di stagnazione in cui la città ed il suo ambito è stata sprofondata, si può uscire solo se, con una visione condivisa, il territorio e le sue migliori rappresentazioni definiscano un progetto, un percorso chiaro, una idea di futuro con la quale poi, e solo poi, ci si sforzi, con un impegno comune e senza precedenti, a recuperare ogni occasione per creare sviluppo. Fino ad oggi abbiamo vissuto la ricerca delle occasioni di sviluppo senza avere una idea di futuro e un progetto di territorio. Siamo quindi diventati città industriale quando probabilmente potevamo essere altro, oggi vogliamo essere città turistica, dimenticando che siamo città industriale e che entrambe le caratteristiche possono essere conciliabili solo a determinate condizioni e non sempre e comunque. Siamo una città che potrebbe vivere anche di cultura ma che disprezza i suoi beni culturali, lasciando andare definitivamente in rovina l’unico elemento che potrebbe concorrere ad una reale rinascita culturale, economica e sociale: la città vecchia. Tornando all’incontro inaugurale, tenutosi nella splendida corte del MUDI, ci aspettavamo che si potesse ragionare, non necessariamente in modo pacato o “istituzionale”, dei problemi del territorio, coscienti da subito che quando inviti allo stesso tavolo soggetti spesso distanti anni luce tra loro su tutto, i risultati magari potrebbero non essere quelli attesi. Ed è accaduto infatti che durante la tavola rotonda, brillantemente condotta dall’ottimo Leo Spalluto, giovane direttore del CorrierediTaranto.it, qualcuno si lanciasse in interventi provocatori e qualcun altro lasciasse l’incontro prima del termine. Andiamo avanti comunque, consapevoli come siamo che la strada per provare a costituire un fronte comune che sappia progettare un futuro per questo territorio, è ancora lungo. Aldilà degli slogan, dei tanti tavoli tecnici, delle innumerevoli conferenze, dei molteplici convegni, Taranto e la sua provincia hanno estremo bisogno di chi, provando a superare steccati e personalismi, costruisca occasioni di sviluppo vero. Intendiamoci, il conflitto è positivo, costruttivo e spesso anche salutare, ma a patto che la visione comune di futuro sia condivisa.
Perché si fatica a costruire? E’ una questione di principi o di sfiducia da parte delle vecchie generazioni nelle idee nuove e in chi le propugna?
Si fatica a costruire perchè si antepongono personalismi e stupide rendite di posizione. Chi ha un ruolo di responsabilità deve essere capace di compiere delle scelte. Ciò che manca è qualcuno che sappia scegliere e prendersi la responsabilità delle scelte compiute. La ricerca, poi, del bene comune, non è uno slogan vetero marxista, è l’obiettivo che ogni amministratore dovrebbe porsi all’inizio del proprio mandato, in qualunque campo e in qualunque ruolo. Ovviamente la storia va in direzione opposta e ciò che conosciamo è un Paese, un territorio, una città che non ha saputo fare scelte definitive e di coraggio. Non ho mai creduto nella bontà assoluta dei ricambi generazionali come elementi di rinnovamento. Credo però che i disastri che stiamo vivendo siano sicuramente merito delle generazioni che fino ad ora hanno plasmato la società a propria immagine. La mia generazione, in questo, non ha responsabilità ma ha il dovere di provare a cambiare le cose.
Una città dalla crescita disordinata e dalle periferie prive di servizi. C’è una possibilità di invertire la tendenza?
Invertire la tendenza si può a patto che, anche qui, si abbia la capacità e il coraggio di compiere delle scelte. Non possiamo essere contemporaneamente tutto e il suo contrario. Dobbiamo capire, una volta per tutte, cosa vogliamo fare da grandi, se vogliamo essere ancora un polo industriale inquinante o ragionare sulla possibilità di compatibilità ambientale o addirittura decidere che la stagione industriale sia finita. Lo stesso dicasi per ciò che riguarda lo sviluppo urbanistico della città. Si vuole davvero recuperare le aree attualmente marginali della città, provando a disegnare una città nuova, inclusiva, accessibile e sostenibile, o si vuole far finta di nulla e proseguire nelle scelte scellerate che hanno contraddistinto l’urbanistica ionica degli ultimi 30 anni? E’ questione di scelte e priorità. La politica ha il dovere di dare risposte e di scegliere. Una occasione la città ce l’ha a portata di mano. Si chiama PUG, a prima ancora DPP, Documento programmatico preliminare. In questo documento confluiranno le visioni della città dei prossimi 15-20 anni. Noi ci confronteremo sempre, con le nostre posizioni e con le idee che sapremo mettere a disposizione di tutti.
Se dovesse ridisegnare Taranto?
Recupero del centro storico come priorità assoluta di ogni azione urbanistica. Politiche di incentivazione della residenza e del commercio per la città vecchia per rendere conveniente trasferire la propria abitazione o la propria attività economica all’interno dell’isola. Nuove e più diffuse funzioni pubbliche per gli stabili di proprietà comunale, così da consentire di vivere la città vecchia per un numero di ore maggiore rispetto ad oggi. In una parola, rigenerazione urbana ed edilizia. E poi, attenzione particolare al decoro urbano, perchè una città può essere bella anche con pochi e semplici interventi che la rendano anche piacevole alla vista. I problemi ovviamente sono molto più complessi ma da qualcosa bisognerà pur partire. La città del futuro non potrà poi dimenticare le periferie sterminate che ha saputo creare costringendo migliaia di persone a vivere in luoghi tristi, inaccessibili, senza funzioni e servizi. Il tema delle periferie, così caro anche al “collega” Renzo Piano nel suo ruolo di Senatore della Repubblica, è divenuto finalmente tema riconosciuto da tutti a tal punto da essere inserito nelle ultime tracce degli esami di maturità. Vorrà dire qualcosa? Vuol dire che i temi che riguardano il futuro delle città, così cari alla nostra professione, sono i temi di tutti. Per questo motivo la società ha bisogno di buona architettura e di buoni architetti. Noi siamo pronti a raccogliere la sfida.
In un’ottica di progettualità, sviluppo ma anche di conoscenza della città e di tutte le sue contraddizioni, la “Festa dell’Architetto 2014” si inserisce come un libro aperto su problematiche e possibili soluzioni, come tappa in qualche modo obbligata se si vuole iniziare seriamente a costruire un percorso comune e alternativo per Taranto e la sua Provincia. Oltre all’aspetto tecnico, cui magari sono legati soprattutto i professionisti, quello dell’approfondimento deve interessare tutta la cittadinanza. Per questo, sino a giorno 4 luglio, è possibile prenotarsi, attraverso il sito della festa, per la visita all’Arsenale Militare. Uno dei tanti appuntamenti di una manifestazione da vivere appieno perchè, come dice il titolo dell’iniziativa, “Architettura è felicità”.
StecaS
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