Reinventarsi e brillare: è la formula magica alla quale Mara Venuto, giornalista e scrittrice tarantina, editor e ghost writer freelance, ha abituato il suo pubblico di lettori e attraverso la quale riesce a far valere la propria poliedrica personalità nel campo dell’arte. Questa volta, però, è andata oltre…Oceano. Infatti con la sua opera teatrale “The Monster”, un monologo sul tema della fama di sconcertante attualità, si è classificata tra i finalisti al “Mario Fratti Award”, competizione nata in seno alla prestigiosa manifestazione “In Scena! Italian Theater Festival” di New York. Un risultato di grande importanza se si pensa che Mara, alla sua prima esperienza con la drammaturgia, è l’unica tra i finalisti a non avere esperienze pregresse in campo di regia.
Mara, hai già una storia come scrittrice ed è la prima volta che hai a che fare con il teatro: cosa ti ha spinto a partecipare a un concorso per sceneggiature teatrali?
«Sono appassionata di teatro da sempre, addirittura dall’infanzia, quando mia madre mi portava agli spettacoli per bambini e ragazzi. Conservo un ricordo molto nitido dell’emozione e del coinvolgimento che provavo nell’osservare gli attori sulla scena. Il teatro è capace di creare uno spazio emotivo nuovo e lascia sensazioni persistenti.
Così, quando ho cominciato a scrivere il mio primo libro di racconti, “Leggimi nei pensieri”, li ho subito pensati e definiti “racconti-monologhi” perché, pur mancando di una struttura propriamente drammaturgica, si prestavano alla messa in scena. Infatti, nel 2010, una selezione di quei testi fu portata in scena nel Teatro della Sirena di Castrovillari (Cs) dal Maestro e Capocomico Giuseppe Maradei, con l’attrice Filomena Bloise.
La partecipazione al “Mario Fratti Award” è stata, dunque, una conseguenza naturale, per quanto casuale, di una passione mai sopita.»
Cos’è “The Monster”?
«E’ l’analisi della spinta centrifuga che induce a eludere se stessi. E’ l’osservazione della perdita del proprio baricentro. E’ l’estrinsecazione del bisogno ossessivo di trovare all’esterno un senso individuale. E’ l’impossibilità di bastarsi. “The Monster” è tutto questo.
Siamo diventati, senza accorgercene, una società sempre più dipendente: dal cibo, dal gioco, dal sesso, dal fitness, dal lavoro, dallo shopping, dai social network e anche dall’approvazione altrui. Abbiamo bisogno di essere lodati e riconosciuti per sentire di esistere e di valere qualcosa. Nel monologo “The Monster”, attraverso le vicende e i tormenti di un’adolescente sovrappeso e senza guida, che desidera partecipare come ballerina ai casting di un talent show, ho voluto raccontare le illusioni generate dal consumismo materiale e morale. »
Qual è la differenza sostanziale che hai riscontrato rispetto alla scrittura di un racconto?
«Le differenze sono numerose, innanzitutto per quanto riguarda la “regia”, l’inserimento di riferimenti sul timbro, gli stati d’animo, la postura e i movimenti della protagonista in scena. Ma anche l’indicazione della scenografia, lo studio d’ambiente, la descrizione della scena in cui si muove. E ancora gli effetti luminosi e la colonna sonora: tutti elementi funzionali alla messa in scena. E’ un testo concepito sin dall’origine per la rappresentazione, non per la sola lettura, ovviamente possibile.»
Li hai raccontati attraverso un monologo che, come abbiamo visto, ha riscosso un successo incredibile ma chi sono i “mostri” di oggi?
«I mostri sono coloro che vivono di impulsi e istinti, senza farsi domande, senza desiderio di capire ciò che li muove e li abita. Gli anaffettivi; quanti esercitano violenza sui deboli. Gli indifferenti e gli individualisti che cercano l’esclusivo tornaconto. I giudici inflessibili, gli “accusatori” alla costante ricerca di colpevoli al di fuori di sé, di responsabili per i propri fallimenti e le delusioni.
Eppure, per citare la protagonista del mio monologo, di mostri: “abbiamo bisogno come il pane. Ci servono per salvarci”.»
Una grande soddisfazione, dunque, per una talentuosa scrittrice di casa nostra, dalla rara umiltà e capace, come abbiamo appena visto, di scavalcare i confini della provincia per lanciarsi in esperienze di ampio respiro, mettendosi alla prova costantemente, in una ricerca che sembra essere continua e mai stanca.
StecaS