Una compagnia teatrale nata nel 2004 a Bologna quella degli “Instabili Vaganti”, reduce da una serie di successi tra festival, premi e tournée – l’ultima tappa, in ordine di tempo, la partecipazione al Fadjr Festival di Tehran – approda finalmente a Taranto il 22 febbraio, al teatro Tatà, con uno spettacolo dal titolo “L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA”, per la regia di Anna Dora Dorno, neanche a farlo apposta MADE IN TARANTO anche lei. Spettacolo pluripremiato a livello nazionale e internazionale, “L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA” (2012) va a configurarsi come un importante momento di teatro sperimentale dove le testimonianze dirette degli operai, intervistati dalla compagnia, sono state trasformate in una suggestiva rappresentazione. Abbiamo parlato con Anna Dora Dorno per avere qualche informazione in più.
Come spiegheresti ad un profano cosa voglia dire fare “teatro sperimentale”?
«Il teatro sperimentale per me rappresenta una scelta di vita, un modo di fare arte e non solo spettacolo. Un percorso che prevede studio, indagine, ricerca. La mia metodologia di lavoro è caratterizzata infatti dalla creazione di progetti, spesso internazionali, in cui io e i miei colleghi compiamo una ricerca attorno ad un tema, all’inizio molto vasto che va poi riducendosi in qualcosa di più preciso, specifico. Si tratta di percorsi molto lunghi che si sviluppano in anni di lavoro e prevedono la raccolta di materiali attorno ai temi che ci interessano, il confronto con altre discipline, altri artisti e ovviamente la creazione finale dello spettacolo. Per esempio “L’Eremita Contemporaneo- MADE IN ILVA”, fa parte di un progetto chiamato Running in the Fabrik, iniziato nel 2006 in Germania, in cui abbiamo incominciato ad indagare la fabbrica come non-luogo, come retaggio di un’epoca passata che rappresenta il vecchio sistema di produzione ancora esistente. All’interno di questo sistema l’uomo contemporaneo ci è apparso non più semplicemente come una macchina ma come un alienato, un Eremita appunto, schiavo di un sistema che lo condiziona al punto tale da far si che il suo corpo diventi inorganico. Abbiamo quindi esplorato il concetto di alienazione ed inorganicità, attraverso il lavoro fisico dell’attore, ma anche attraverso la creazione di canti e ritmi ripetitivi, abbiamo raccolto materiale testuale, video, abbiamo fatto delle interviste, ma soprattutto abbiamo cercato di utilizzare suggestioni e dati per creare materiale artistico. Infine è nato lo spettacolo, completamente originale, nei testi scritti da noi, nelle musiche composte appositamente, nelle proiezioni video, i canti, etc.»
Quindi l’ILVA.
«Dopo aver indagato il tema e l’immaginario della fabbrica, diventava naturale per me rifarmi a qualcosa di famigliare. Il paesaggio del golfo di Taranto al tramonto, il mar piccolo e l’ILVA che vi si staglia davanti è stata una immagine costante, impressa nella mia memoria. Io ho abitato fino a circa venti anni a San Giorgio Jonico e da qui vedevo ogni giorno questo panorama. Ascoltavo spesso i discorsi dei lavoratori dell’ILVA, tra cui alcuni miei parenti, amici, ragazzi della mia età che in mancanza d’altro tentavano di lavorarci e che il più delle volte scappavano inorriditi da quell’inferno per emigrare in cerca di lavoro. Ho sempre provato rabbia per quel disastro ambientale che all’epoca era ancora poco noto, così come ho sempre avuto dei rimpianti per il fatto di essermi dovuta allontanare dalla mia terra devastata. Con il mio spettacolo volevo parlare del dissidio che ogni tarantino vive dentro di sé, che lavori all’ILVA o meno. In ogni caso questa fabbrica è l’emblema della situazione dicotomica presente in città: distruggere il proprio territorio e la propria gente per un presente in cui poter vivere lavorando oppure distruggere il proprio presente e le proprie famiglie per mancanza di lavoro ma con la speranza di un futuro migliore? Da questo dissidio nasce il dramma che è quasi irrisolvibile e che pone tutti noi tarantini in una situazione senza via d’uscita. Attraverso il mio spettacolo ho cercato di entrare nel dramma, individuale e generale, ho cercato di parlare di sentimenti più che di cronaca, per compiere un percorso escatologico, personale e collettivo.»
Qual è il filo conduttore dello spettacolo?
«L’alienazione e la sofferenza generata da questa. L’impossibilità di reagire ad una condizione di vita imposta da un sistema più grande che non lascia via di scampo se non attraverso l’immaginazione o il ricordo di un’infanzia perduta. A me interessava esprimere la questione ILVA non dal di fuori ma da dentro, attraverso gli occhi di chi non può fare a meno di lavorare in quel posto infernale. Esprimere il dissidio presente negli abitanti della città illusi dalle promesse di prosperità e crescita lavorativa fatte negli anni 70 che hanno poi portato invece alle conseguenze attuali e cioè allo sfruttamento di una terra e dei suoi abitanti al solo scopo di mantenere in vita un retaggio della civiltà produttiva e capitalistica.»
Il Premio Antonio Landieri – Teatro di Impegno civile 2013, come miglior spettacolo fuori regione. Ci credevate?
«Sinceramente non credevamo di prendere così tanti premi e soprattutto un premio così improntato sull’impegno civile. Gli altri riconoscimenti: Premio museo Cervi, Premio Ermo Colle, Premio miglior spettacolo all’IIFUT Festival di Teheran in Iran, avevano posto maggiormente l’accento sulla metodologia innovativa con la quale abbiamo trattato questo argomento. In particolare sulla fisicità messa in scena dall’attore Nicola Pianzola e sulla composizione registica. Le motivazioni del Premio Landieri sono state le seguenti: “Per aver posto l’accento sul dramma di Taranto, per averlo raccontato in tutta l’Italia e in particolare a Napoli con notevole successo. Fondendo diari, acciaieria, problema del lavoro e speranza”. Un Premio che dedica particolare attenzione ai contenuti piuttosto che alla forma e quindi per noi è stata una grande soddisfazione perché ha segnato la completezza della nostra opera da tutti i punti di vista.»
Presenterete “L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA” al Tàtà, una delle realtà culturali più attive a Taranto. Ma cosa pensate dell’assenza nella città a cui avete dedicato un intero spettacolo di un teatro comunale?
«Io credo molto nella funzione del teatro, come luogo aperto e di socializzazione, di conseguenza penso sia una carenza l’assenza in città di un teatro stabile con la sua funzione istituzionale e sociale. Tuttavia spesso i teatri stabili sono delle strutture difficili da gestire, con spese enormi e regole antiquate. Con sempre maggiore frequenza il fermento culturale si genera in spazi alternativi, indipendenti, periferici che riescono ad avvicinare il pubblico più vario, i giovani e gli abitanti dei quartieri di riferimento. E’ il caso del Tatà, per esempio, che ospiterà il nostro spettacolo il 22 febbraio alle ore 21.00, nell’ambito dell’iniziativa Ossigenarsi a Taranto – la nuova drammaturgia racconta Taranto. Credo che, qualsiasi siano i luoghi preposti al teatro, l’importante è avere delle istituzioni capaci di sostenerli e aiutarli nella loro attività di diffusione della cultura, appoggiando progetti come Festival ed eventi, in modo da far crescere e fermentare l’humus di una città. Non nascondo il fatto che se avessi la possibilità di gestire un luogo teatrale in città, così come faccio ora a Bologna, tornerei molto volentieri a Taranto e sono convinta che come me molte altre persone se avessero delle reali possibilità sarebbero felici di portare sul territorio le competenze acquisite in altre zone d’Italia e all’estero.»
“L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA” nasce a Bologna dalla mente di un’emigrata da Taranto. La questione ILVA, coN tutte le sue implicazioni legate a vari livelli di percezione – dal disastro ambientale al problema delle condizioni di lavoro, dalla salute del cittadino al ricatto occupazionale – , pare aver messo in moto un meccanismo di indagine, che è poi una sorta di autodifesa, nella quale ognuno tenta di tirar fuori quello che è il proprio disagio d’essere tarantino in una condizione di difficile gestione, nella quale la soluzione pare non esistere. Ognuno lo fa attraverso il proprio mezzo, la propria propensione naturale, creando immaginari e popolandoli di immagini, illusioni e delusioni. Forse questo è l’aspetto della crisi che riguarda Taranto che, paradossalmente, è più costruttivo. Gli “Instabili Vaganti” hanno utilizzato il teatro e, da Bologna attraverso il mondo, sono arrivati qui. Non perdetevi, pertanto, “L’Eremita contemporaneo – MADE IN ILVA”, giorno 22 febbraio, ore 21:00, al Teatro Tatà:
Regia: Anna Dora Dorno
Con: Nicola Pianzola
Canti originali e voce dal vivo: Anna Dora Dorno
Musiche: Andrea Vanzo
Oggetti di scena: Nicoletta Casali
Scene e disegno luci: Anna Dora Dorno
Video: Nicola Pianzola
Produzione Instabili Vaganti con il sostegno di Spazio OFF di Trento
StecaS
__________________________________________________________________________________________
Per informazioni sullo spettacolo si veda : http://www.instabilivaganti.com/spettacoli1.php?sp=11
Sulla compagnia: http://www.instabilivaganti.com/compagnia1.php