Corsi e ricorsi storici si sono spesso intersecati in questo periodo dell’anno, quando Carnevale è alle porte e il corso degli eventi compie qualche scherzetto, virando (o forse non troppo) dagli schemi ordinari. Cosicché, Renzi ha avuto l’incarico di governo, proprio nello stesso periodo in cui, novantadue anni or sono, riceveva l’incarico Luigi Facta, ultimo Presidente prima dell’avvento del fascismo, che si dimise proprio qualche giorno prima della marcia su Roma mentre dichiarava con colpevole ritardo lo stato d’assedio senza tra l’altro l’avvallo del re.
Se solo cinque anni prima i russi sempre verso la fine di febbraio, il 23 per l’esattezza, davano via alla Rivoluzione d’Ottobre, nello stesso periodo, il 27 febbraio di undici anni dopo, il Reichstag, l’edificio del Parlamento tedesco veniva dato alle fiamme. Di quel rogo doloso fu accusato un militante comunista, che fu decapitato quasi un anno dopo, che gli storici concordano definire come capro espiatorio. L’incendio del Reichstag, infatti, è un evento che rappresenta il crocevia per l’avvento del Nazismo.
Tutte situazioni piuttosto simili per certi versi, dai diversi risvolti, con quella attuale ancora in continuo divenire.
Il pressing di Renzi per ottenere l’incarico è una mossa piuttosto azzardata: proprio colui che si presenta come il “nuovo che avanza” in realtà non si astiene dall’utilizzare strumenti e metodi da “prima repubblica” per prendere le redini del Parlamento, mentre ha sempre dichiarato di voler essere eletto. Infatti, Renzi in realtà non è neanche deputato.
“State sereni”, dice nelle prime ore del suo incarico, a chiunque lo interroghi su programma, idee o prospettive; diceva lo stesso a Letta fino a qualche giorno fa: grattarsi quindi è d’obbligo.
Di sicuro la squadra formata da Renzi non ispira la benché minima fiducia: i gemelli della Tav, Lupi e Alfano – rispettivamente riconfermati alle infrastrutture e all’interno -, si assicureranno che l’opera (di distruzione) andrà in porto con determinazione; di Padoan all’economia ne abbiamo già parlato; della strumentale e dequalificante presenza femminile lo si è già fatto in abbondanza.
È bene precisare, inoltre, che tra le proposte del “nuovo”, pare figurasse anche Mauro Moretti, Ad di Trenitalia, che come sappiamo è l’emblema del fallimento delle privatizzazioni in Italia. Alzi la mano qualcuno che conosca almeno una persona mediamente soddisfatta del servizio delle Ferrovie dello Stato! Senza dimenticare che lo scorso 19 Ottobre a Roma, la sede delle FS era più presidiata del Ministero dell’Economia.
Quello che possiamo invece registrare come certezza è questa dichiarazione di “Renzie”: “essere italiani è un elemento di bellezza che non so quanto salvi il mondo, ma sicuramente salva l’export delle nostre aziende”. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe dall’uomo in procinto di cambiare le sorti di un territorio che può vantare un patrimonio culturale inarrivabile.
E con la lista delle bischerate potremmo ancora continuare.
La mossa è, come dicevo, molto rischiosa. Anche se l’ex sindaco di Firenze gode della stima di buona parte degli italiani – e sul motivo sostanzialmente ho già provato a ragionarci qui – ora si mette d’improvviso sotto la lente d’ingrandimento di tutto il mondo politico e civile, che poco o nulla perdonerà al nuovo premier. Perché se è vero che molti italiani comprerebbero un’auto usata da Renzi – parafrasando le strategie elettorali statunitensi da cui prende manifestamente spunto -, ricordate come è andata a finire con Monti? Nominato in fretta e furia senatore a vita col benestare di buona parte dell’opinione pubblica, gli è bastato un anno di governo infame per trovarsi quasi fuori dal parlamento dopo il pronunciamento popolare.
Detto ciò, fino a che punto potrà sbagliare il governo Renzi? Quanto ancora elettori (e non) resteranno con le mani in mano se quest’ultimo scoglio repubblicano non riuscirà a dare tangibilità delle sue azioni politiche alla cosiddetta società civile? Il problema essenzialmente non è questo e non è compito di questo articolo indagare, né sperare che ciò non accada. La questione è piuttosto un’altra: tanta è la confusione che regna sotto il cielo, un cielo nuvoloso, privo di stelle polari da seguire. Che più che un trascinatore dovrebbe essere un’idea. A dispetto di quel che si blatera, non è un uomo d’acciaio ciò che serve a questo paese (per ristabilire cosa, non è dato saperlo), ma l’idea, l’immaginario di un futuro differente. Sono convinto che la maggior parte degli italiani pensi l’esatto contrario: ed è questa la cosa preoccupante. Il pericolo più prossimo è quello di finire come in Ucraina, dove una ribellione guidata da oligarchi legati alla finanzia mondiale e alla mafia russa viene fatta passare come rivoluzione in nome della libertà. Se sono le stesse libertà che offre la Troika alle nostre latitudini, c’è poco da sperare per gli ucraini.
Lo scenario quindi dalle nostre parti si fa piuttosto cupo: considerando il livello di credibilità di cui godono le istituzioni e la mancanza assoluta di movimenti o federazioni che possano attualmente avere la potenzialità di redarre un programma politico davvero alternativo al diktat del capitale, non escludo che almeno attualmente la svolta possa tradursi in una ribellione di stampo reazionario. È proprio nei momenti in cui regna sfiducia e disinteresse generalizzato che si creano le condizioni per il proliferare del germe dell’autoritarismo.
A riguardo, inutile dirlo, spero vivamente di sbagliarmi.