Definizione di capitale umano in ambito assicurativo-finanziario: valore monetario di un individuo in base a parametri come aspettativa di vita, qualità e quantità delle relazioni, eventuale reddito. Calcolato al fine di quantificare economicamente una polizza assicurativa sulla vita e l’eventuale pagamento della stessa.
In quattro parole: prezzo di un individuo.
Quanto sono profonde le radici di un problema? Quanto è grande l’iceberg nascosto sotto la punta delle questioni che avvolgono miseramente nelle vite quotidiane degli individui d’occidente? Sono queste alcune delle tante domande che sorgono dopo aver visto “Il Capitale Umano”, ultimo film di Paolo Virzì.
Lo dico da subito: è pensabile che questo film possa non piacere, almeno nell’immediato. Ma in questo caso, il cinema italiano, a dispetto di alcune penose prove offerte e che annoverano tra i principali finanziatori il Ministero della Cultura, dimostra che può riuscire pian piano a tornare con la schiena dritta. Gli ultimi decenni hanno dimostrato che la tecnica e il talento non mancano, ma rispetto al cinema francese che è in piena salute, forse mancano le idee. (A tal proposito, non è un caso che la produzione del film sia italo-francese).
Non è il caso di questa pellicola, che definire e racchiudere in genere costa non poco ingegno. Lo si potrebbe definire un thriller noir con lo sfondo nebbioso della Brianza (questo grazie a una puntuale e coerente fotografia); lo si potrebbe definire una in parte commedia, visto che alcuni personaggi sono caratterizzati come delle macchiette; o anche un dramma, data la storia carica di pathos; persino un documento socio-antropologico, visti gli ampi margini di analisi e i complessi quanto significativi intrecci che legano tra loro i molti personaggi di cui si mirano le arrangiate quanto tremendamente vere gesta.
Insomma, questo film, tecnicamente molto curato, di certo non annoverabile tra le pellicole d’azione, ma lento al punto giusto, oltre a tenere sempre vivo l’interesse per gli accadimenti, mette in luce un’accurata visione della società italiana in particolare, ma asportabile al comprendere da un’angolazione insolita tutto quello che consideriamo come sistema occidentale. Colpiscono due elementi al di sopra di ogni cosa: la solitudine vera e reale di personaggi che in realtà conoscono moltitudini di persone; e l’incapacità dei genitori e in generale degli adulti di capire prima sé stessi e poi gli altri.
Davvero ottimo il cast: difficile caratterizzare così tanti personaggi, ma gli attori eseguono egregiamente il loro compito, compresa la brava e bella Matilde Gioli al suo esordio sul set e che scopro sorprendentemente a digiuno di qualsiasi scolarizzazione di recitazione.
Esco dalla sala di un cinema praticamente vuoto nonostante il sabato. Quanti dei rapporti che instauriamo nelle nostre vite sottintendono un rapporto di denaro? Quanti e quali sono gli elementi che pensiamo possano rendere la nostra esistenza degna di essere vissuta e che possiamo far nostri con l’uso del lavoro e quindi del denaro? Queste domande possono far nascere risposte decisamente negative e pessimistiche, non si può non ammetterlo. Ma il fatto che qualcuno ci faccia un film può dare la possibilità a questi quesiti di tornare prepotentemente nel dibattito sociale.
E se questo film vi lascia indifferenti è perché probabilmente fate parte di quella generazione che non ha capito niente né di sé stessa, né degli altri.