«Il mondo purtroppo non ha mai concesso che un artista, pure alludendo con l’arte sua a tutto il circolo spirituale; esprimendo cioè una nuova bellezza che a sua volta suggerisce una nuova ragione e presume una nuova moralità, faccia rivoluzione totale.» (R. Longhi)
C’è una gemma in città, incastonata talmente bene che quasi nessuno è al corrente della sua esistenza. Eppure è in quel centro che tante volte percorriamo, in una chiesa tra le più affascinanti che Taranto ospiti sul proprio territorio. È nella bella San Pasquale Baylon, infatti, che esiste una sorprendente raccolta di dipinti del Seicento; una pinacoteca semisconosciuta che conserva tuttavia intatto il fascino unico di una collezione improntata sul criterio del “gusto”, costruita sulla continuità temporale e geografica delle pitture – opere del Seicento di maestri della scuola “napoletana” – ma anche, in qualche modo, tematica. La parte più importante della quadreria, conservata nella sagrestia della chiesa francescana, è difatti costituita da una serie di mezze figure di apostoli legati tradizionalmente al nome di Francesco Fracanzano (1612-1656), complessa figura di pittore, pugliese di nascita ma di origini venete – suo padre, Alessandro, era veronese – , napoletano di formazione.
La pittura del Seicento a Napoli è dominata dai seguaci di Caravaggio, che nella città partenopea era stato tra il 1606 e il 1607 lasciandovi, tra gli altri, uno dei dipinti più rivoluzionari dei suoi tempi: le “Sette opere di Misericordia” al Pio Monte della Misericordia. La sua lezione fu recepita da diverse generazioni di pittori, non soltanto italiani. A Napoli, in particolare, la figura di spicco fu Jusepe de Ribera, maestro spagnolo tra i più importanti della corrente caravaggesca. Per il suo particolare tipo di pittura fu coniata dal De Dominici – la principale fonte per lo studio della pittura napoletana – l’espressione “tremendo impasto”, ad indicare quell’insistenza materica su ogni grinza della pelle, su ogni piega, su ogni ruga che caratterizzava lo stile del Ribera. Francesco Fracanzano fu suo allievo e rientra nel gruppo di pittori definiti, appunto, del “tremendo impasto”. Si capisce bene quale sia l’importanza della quadreria tarantina che ospita un cospicuo numero di saggi del maestro pugliese. Un rilievo ancor maggiore se si pensa che la quadreria tematica prende spunto da tipologie collezionistiche d’avanguardia a quei tempi, quindi totalmente in linea con il gusto di un’epoca.
Accanto a Fracanzano, nella galleria di San Pasquale, c’è un dipinto di un altro grandissimo pittore napoletano, più fortunato di Francesco e fondamentale per l’evoluzione dell’arte nel Settecento: Luca Giordano. E ancora altri splendidi pittori, tra cui alcuni senza ancora un nome ma che continuano ad essere palestra di attribuzioni per gli storici dell’arte.
Mi fermo qui, con un accorato invito ad andare a rendere omaggio a questo gioiello nascosto, ma liberamente accessibile a chi voglia visitarlo (basta domandare gli orari in chiesa).
La presenza di una quadreria di alto livello a Taranto è una cosa su cui riflettere molto. Innanzitutto indica l’esistenza sul territorio di pezzi di storia dell’arte fondamentali, che certamente non si esauriscono con i dipinti di San Pasquale; in secondo luogo apre uno scenario in qualche modo complementare rispetto a quello archeologico. Lo spunto che si può trarre da queste riflessioni è essenzialmente uno, ovvero che Taranto avrebbe la possibilità di muoversi, a livello di offerta culturale e turistica, su diversi binari che corrisponderebbero ad altrettanti percorsi tematici all’interno della città:
– quello archeologico, comprendente le tombe a camera, il parco archeologico del Belvedere (una volta completato) e il Museo Archeologico Nazionale (quando inizierà a funzionare a pieno regime);
– quello monumentale, partendo dal Castello Aragonese, attraverso le chiese del centro storico e sulla Circummarpiccolo fino al complesso di Santa Maria della Giustizia;
– quello dimore private, in particolare legato ai palazzi nobiliari del centro storico;
– quello storico-artistico, con un asse che andrebbe dalla quadreria di San Pasquale al Museo Diocesano.
In merito a quest’ultimo punto ci sarebbe, infine, tanto da dire ma mi limito all’osservare che la costituzione di una Pinacoteca Civica permetterebbe di integrare ulteriormente l’offerta, magari inglobando in sè, oltre ai dipinti “ricoverati” altrove e in attesa di riscatto, anche la cospicua collezione del Vescovo Ricciardi, attualmente conservata nel Museo Archeologico. Il lascito testamentario del Vescovo tarantino lega infatti la raccolta al “Museo pubblico di Taranto”: la creazione di una Pinacoteca che li ospiti – assieme ad altri dipinti – non credo andrebbe a stridere con la destinazione pubblica e geografica della donazione. Ovviamente tutte queste considerazioni andrebbero valutate alla luce di un’attenta politica di rilancio culturale della città mirata alla differenziazione dell’offerta turistica. Si inserirebbe bene in una pianificazione ragionata degli itinerari turistici un percorso tematico sulla pittura rupestre che, partendo dalla cripta del Redentore porterebbe fuori dalla città in realtà comunque vicine come ad esempio Massafra e Mottola, così come gli itinerari contemporanei (dal Liberty a Giò Ponti e Carrino). Senza dimenticare che una buona segnaletica stradale – i famosi cartelli marroni!!!! – aiuterebbe ad individuare meglio i luoghi culturali! Oltre a stimolare la curiosità sia di chi arriva a Taranto che di chi ci vive.
Una maniera concreta di valorizzare le testimonianze storico-artistiche, archeologiche, architettoniche che costituirebbe una vera e propria svolta anche dal punto di vista della percezione di Taranto agli occhi del tarantino stesso che prenderebbe coscienza delle risorse e potenzialità reali della città.
StecaS
_______________________________________________________________________________________________________
I dipinti della Pinacoteca di San Pasquale non conoscono, ancora, una trattazione ragionata. Indico dunque alcuni titoli utili all’approfondimento dei tratti generali della collezione e del pittore Francesco Fracanzano:
– M. D’ELIA, La Puglia tra Barocco e Rococò, Milano 1982, pp. 42-46;
– V. PUGLIESE, Pittura napoletana in Puglia I, in Seicento napoletano, a cura di R. Pane, Milano 1984, pp. 220-222;
– A. DELLA RAGIONE, Francesco Fracanzano: opera completa, Napoli 2011.
Sulla collezione Ricciardi si veda:
– Storia di una collezione. I quadri donati dal Vescovo Ricciardi al Museo di Taranto, a cura di A. De Amicis, A. Dell’Aglio, A, Ressa e A. Zingariello, Taranto 2004.