«Il critico ci mostrerà sempre l’opera d’arte in una qualche nuova relazione con la nostra epoca. Lui ci ricorderà sempre che le grandi opere d’arte sono cose vive − sono, infatti, le sole cose vive.» (O. Wilde)
L’aforisma di Wilde che ho scelto come “copertina” di quest’articolo spiega bene perché ho deciso di rivolgermi a Lorenzo Madaro – giovane storico dell’arte e critico formatosi nell’Ateneo salentino e a Milano (Università Cattolica) – anziché all’artista, Nicola Carrino, per parlare della controversa, quanto affascinante, vicenda della fontana in Piazza Fontana a Taranto. Proprio lei, quell’opera che alla generazione prima della mia proprio non è piaciuta! Sentimento trasferito, per induzione, alla mia di generazione che, probabilmente, non l’ha compresa appieno o, forse, non è stata aiutata a farlo. Ma la nostra è una stirpe dai potenti mezzi d’informazione e dalle grandi passioni inespresse – e non certo per pigrizia propria – per cui ho ritenuto che il contributo di Lorenzo Madaro alla “questione” di Piazza Fontana, tornata d’attualità dopo gli ultimi exploit di un gruppo di creativi tarantini (ne abbiamo parlato qui), possa essere utile a comprendere meglio tutta una serie di circostanze.
Come hai iniziato a interessarti dell’opera di Nicola Carrino?
«Occupandomi – per passione e professione – di arte contemporanea, con uno sguardo molto legato a quanto ha prodotto il Sud negli ultimi cinquant’anni in termini di ricerche e dibattiti attorno al fare artistico, il nome di Carrino è uno di quelli in cui mi sono imbattuto dal primo momento, prima dei miei studi universitari a Lecce e Milano. Carrino fa parte di quella serie di artisti che hanno respirato il clima culturale del Sud per poi, con estremo coraggio e con molta curiosità intellettuale, cercare un confronto con altre aree. Nel suo caso Roma. Visitando poi diverse mostre e musei in cui il lavoro di Carrino è stato considerato con il giusto peso (come il MUSMA, il museo della scultura contemporanea di Matera diretto da Peppino Appella), ho poi avuto modo di constatare personalmente lo spessore del suo percorso.»
Qual è l’importanza artistica del maestro?
«Carrino fa parte della storia dell’arte del nostro paese: insieme a altri nomi di origine e formazione pugliese – penso a Pino Spagnulo, Fernando De Filippi, Pietro Coletta e tanti altri – è una di quelle presenze fondamentali per la ricostruzione delle vicende artistiche italiane sul fronte della sperimentazione dei nuovi linguaggi e del dibattito critico attorno ad alcuni aspetti essenziali come le speculazioni sulla “forma” e sullo spazio reale e immaginario in cui si colloca l’opera d’arte rispetto allo spettatore. Il riconosciuto spessore del maestro a livello internazionale è l’ aspetto che rende ancora più triste lo stato di conservazione e fruizione di Piazza Fontana a Taranto. Per non parlare del fatto che in anni recenti nessuna istituzione – in città ma anche nel resto della Puglia – si sia degnata di organizzare una sua mostra. La distrazione è d’altronde uno dei mali che attanagliano le nostre città e le nostre istituzioni, anche quelle legate alla ricerca e alla divulgazione della cultura che, spesso, hanno concentrato energie attorno a nomi non esattamente fondamentali.»
Cosa fa della Fontana di Carrino in Piazza Fontana a Taranto un’opera d’arte?
«Potrei risponderti, pensando a un classico come Duchamp, che per il solo fatto che sia stata concepita da un artista, la fontana di Taranto sia un’opera d’arte. Ma è anche e soprattutto un intervento di riflessione sullo spazio urbano, sull’antica fontana ivi collocata, un atto d’amore verso la propria città d’origine. Inaugurata nel giugno 1992, l’opera è stata pensata con un impianto modulare – tipico della sua ricerca –, con un’attenzione ampia verso il luogo e il contesto in cui si muovono i pieni e i vuoti dell’opera che è anche architettonica per le sue declinazioni spaziali e, aggiungerei, caratteriali.»
Perché non è percepita come tale dai tarantini?
«Forse preferiamo ancora la scultura decorativa o addirittura quella devozionale nelle nostre piazze. Penso alle statue di Padre Pio disseminate un po’ in tutti i paesi di Puglia. Per non parlare di quella “monumentomania” che ha infestato i centri storici e i nuovi quartieri. E qui ci sarebbero decine di casi scottanti da citare: a Milano, in vista dell’Expo 2015, in diversi luoghi strategici della città sono state installate delle sculture ciclopiche concepite dallo scenografo Dante Ferretti. Il risultato è discutibile, sia esteticamente che concettualmente. Perciò anche altrove la situazione a volte non è delle migliori, se pensiamo che Milano – la capitale dell’arte contemporanea in Italia – se la passa così… È piuttosto un problema di consapevolezza: la noncuranza e direi anche l’ignoranza sono mali devastanti per l’arte, anche per quella contemporanea. La mancanza di realtà museali dinamiche e permanenti in Puglia – fatta eccezione per la Fondazione Pascali, il MUST e poche altre realtà, ma non nell’area tarantina – non aiuta neppure su questo fronte. Il pubblico va educato e dalla didattica bisognerebbe partire anche a Taranto e nel resto della Puglia. La conoscenza è l’antidoto contro la trascuratezza delle nostre città.»
Recentemente è stato proposto un progetto di riqualificazione di Piazza Fontana a Taranto che metterebbe in conto la rimozione della fontana monumentale di Carrino. Qual è il tuo pensiero in merito?
«Non conosco a fondo questo progetto di “riqualificazione”. Ma per quel poco che ne so fa sorridere. Taranto è una città straordinaria che non ha bisogno di costruire una memoria storica sul kitsch e, per giunta, eliminando delle tracce fondamentali della sua storica apertura ai linguaggi del contemporaneo. Taranto ha avuto ed ha artisti straordinari – penso a Giulio De Mitri, che alla sua città è intimamente legato –, che meritano un coinvolgimento operativo sulla programmazione culturale cittadina e spazi di progettazione condivisi e plurali.»
Come si potrebbe valorizzare Piazza Fontana?
«Intanto monitorando lo stato di conservazione dell’opera di Carrino e cercando di non farla diventare un ricettacolo di spazzatura e sporcizia, come accade spesso. E poi proponendo nuovi momenti di incontro e riflessione, coinvolgendo magari lo stesso Maestro e i critici che in Puglia hanno conosciuto bene il suo percorso, come Antonio Basile e Pietro Marino.»
Vorrei chiudere con le parole dell’artista:
«La scultura di Taranto è composta da moduli in acciaio inox, relazionandosi alla città come produttrice dell’acciaio. La misura del modulo è definita dalla parte mancante e necessitante nella ricostruzione della fontana antica. L’insieme dei 36 moduli a forma di L, realizza una parete semifinita a ricordo delle mura aragonesi sussistenti sulla piazza e abbattute all’inizio del secolo, i riferimenti al luogo fanno parte della cultura e della memoria storica cittadina.» (Nicola Carrino)
Proviamo ora a passare per quella piazza con la mente ripulita da ogni pregiudizio e con gli occhi di uomini contemporanei, che hanno già un piccolo passato e sono capaci di guardare le cose nella giusta prospettiva; proviamo a guardare quella fontana con l’affetto con cui si guarda un pezzo della propria vita, come un’opera così intimamente legata alle vicende della città da risultare, in qualche maniera, necessaria alla comprensione di un momento fondamentale della sua storia; proviamo a farlo con le giuste chiavi di lettura e interpretazione. E, se ne siamo ancora capaci, proviamo ad aprire la mente…
Stecas
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La bibliografia su Nicola Carrino è vastissima, per cui mi limito a citare – oltre agli autori indicati da Lorenzo Madaro – solo alcuni interventi:
– G. Diso, Nicola Carrino pittore e scultore di Taranto: gli anni del realismo e del neocubismo (1952-1957), in “Note di storia e cultura salentina”, 9.1997 (1998), pp. 221-233.
– R. Barilli, Nicola Carrino, Milano 1996.
– T. Trini, Nicola Carrino: 1958-1990, Roma 1990.
La poetica di Carrino è ben illustrata in alcuni suoi scritti tra i quali:
– N. Carrino, Scultura urbana: metodo e azione, in “Arte e critica”, 5. 1999, 20, 16.
– N. Carrino, Scultura e intervento urbano: integrazione delle arti come arte dei luoghi e del paesaggio, in “Io arte noi città”, pp. 33-36.
– N. Carrino, Forma urbana nella scultura: costruttivi de costruttivi ricostruttivi, Spilimbergo, Fondazione Aldo Furlan, 2011.
Sul web troverete le seguenti interviste all’artista: