Venerdì scorso, 8 maggio, è morto Mario Mazzarino, dirigente politico di primo piano lungo l’intero arco della cosiddetta “Prima Repubblica”. Pubblichiamo una ricostruzione del suo profilo politico a cura di Pinuccio Stea.
All’indomani della fine della seconda guerra mondiale anche a Taranto si avvia la costruzione di una nuova Democrazia, fondata sulla partecipazione popolare e la rappresentanza, attraverso i partiti, i sindacati, l’associazionismo.
Cominciano quindi a strutturarsi i partiti, che puntano ad essere “di massa” proprio per l’obiettivo di essere i tramiti della partecipazione popolare, non solo attraverso il voto.
La Democrazia Cristiana a Taranto si costituisce il 6 gennaio del 1945, nella sede provvisoria di Largo Convento.
Il giovane Mario Mazzarino, appena ventenne ma già impegnato nell’Azione Cattolica, ha modo così di assistere al violento scontro politico all’interno della DC nascente, guidata all’inizio, tra gli altri, da Michele Pierri, Piero Mandrillo, Ignazio Manganella.
Un gruppo dirigente che si potrebbe definire “di sinistra”, in ogni caso chiaramente antifascista, contro il quale si scatena il violento attacco della destra DC, che riuscirà a ribaltare la situazione, affidando la direzione a Domenico Latanza: ed il primo segnale di tale inversione di tendenza è la decisione della DC tarantina di far votare Monarchia, contro le decisioni congressuali nazionali dello stesso partito, nel Referendum del 2 giugno.
In questo crogiuolo, denso di contrasti e contraddizioni, si forma Mario Mazzarino che affina sempre più le proprie capacità di mediazione; ed a 31 anni diventa segretario provinciale della DC, proprio in un passaggio decisivo della storia politico-amministrativa di Taranto: l’elezione a sindaco di Taranto di Raffaele Leone, sostenuto dai voti decisivi dei monarchici e dei neofascisti.
La segreteria provinciale in giovane età è solo l’inizio di un percorso interno alla DC che lo porterà anche nella segreteria nazionale con Benigno Zaccagnini segretario.
E’ in prima linea in tutta la fase che porterà alla scelta, prima, ed alla costruzione, poi, del IV centro siderurgico a Taranto; una fase che farà emergere, attraverso il confronto/scontro tra personalità diverse all’interno della DC jonica, una differenza profonda di analisi sulle prospettive che si aprono per Taranto.
Mario Mazzarino è sicuramente tra quelli che colgono immediatamente come l’insediamento del siderurgico a Taranto possa costituire un’occasione importante per proiettare la città in una dimensione nazionale ed internazionale; una dimensione cui la città viene sollecitata da più parti, compresa la Chiesa cattolica. Una visione in cui lo sviluppo non avrebbe dovuto incentrarsi quasi esclusivamente attorno al sorgente siderurgico, ma, al contrario, tenere presente una diversificazione dello stesso avendo attenzione all’agricoltura (di cui si era occupato all’inizio degli anni ’50), alla portualità ed al sistema dei trasporti, alla piccola e media impresa.
Attorno a questa sua visione strategica raccoglie una parte significativa sia della DC che della società jonica nel suo complesso.
Alla sua visione strategica si contrappone quella della destra democristiana, e più in generale della destra socio-economica della città, che mira, invece, ad utilizzare la presenza del siderurgico e delle altre aziende che vanno insediandosi, all’interno di una tradizionale visione municipalistica restia ad “avventure” di più ampio respiro e più disponibili ad una “monocultura dell’acciaio” che si affianca (potendola, eventualmente, sostituire) alla già sperimentata “monocultura dell’Arsenale”.
Sono gli anni in cui Taranto conosce, sul piano urbanistico, anche lo stravolgimento edilizio del Borgo umbertino, dove vengono abbattuti palazzi edificati tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 per essere sostituiti da enormi palazzoni.
Insomma si trattava di affrontare e “cercare di governare” spinte contraddittorie e talvolta confliggenti, che si manifesteranno anche in occasione della nascita del centro-sinistra: a Taranto molto forti furono le resistenze, soprattutto al Comune, per la sua realizzazione.
Mario Mazzarino era tra i sostenitori di quella politica, scontrandosi con chi, autorevolissimo esponente tarantino della DC, diceva “ma ce l’ha ordinato il dottore che dobbiamo proprio farlo sto centro-sinistra ?”.
Uno scontro che attraversa la storia tarantina per tutti gli anni ’60, ’70 e ’80 del secolo scorso; di cui si avvertono le ricadute, ancora oggi.
La capacità di “visione lunga” di Mario Mazzarino viene apprezzata a livello nazionale e governativo; e per questo diventerà anche Sottosegretario all’Industria, prima, ed al Tesoro, poi.
Egli attraversa quindi, da grande protagonista, tutte le più significative vicende sociali ed economiche di Taranto, dal siderurgico ai cantieri navali, dal porto all’Arsenale.
Talvolta scontrandosi duramente con i tradizionali avversari di sinistra, come nel caso del Porto; ma con la capacità di mantenere un livello di interlocuzione fondata sui contenuti e nel reciproco rispetto.
Quando mi concesse il piacere di scrivere la presentazione al mio libro “Taranto da Leone a Lorusso – ovvero gli anni della grande industrializzazione (1957-1970)”, volle, in un colloquio privato, sottolineare come alla Camera dei Deputati uno dei suoi interlocutori privilegiati fosse Giancarlo Pajetta.
Mario Mazzarino attraversa la storia di Taranto con una forte dose di entusiasmo, ottimismo e capacità propositiva; capacità proprie di un uomo e di una generazione che aveva cominciato a “sporcarsi le mani” togliendo le macerie della guerra, su cui aveva iniziato ad edificare un futuro incerto e nebuloso.
Penso, pur non avendo elementi per affermarlo con certezza e non avendo avuto nemmeno il coraggio di chiederglielo nelle occasioni in cui ho avuto modo di incontrarlo, che Mario Mazzarino fosse intimamente consapevole di essere stato a Taranto “un perdente di grande successo”, nel senso di non essere riuscito a vincere la guerra contro quella parte del suo partito e della città che si opponeva alla sua visione di una Taranto aperta all’Italia ed al mondo, pur avendo raggiunto, anche sul piano personale, importanti e significativi risultati prestigiosi. Insomma tante battaglie vinte, ma con la guerra persa.
Il riemergere tumultuoso, alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, di un municipalismo becero e privo di sbocchi, sicuramente sarà stato per lui una grande sofferenza.
Non più impegnato ai livelli conosciuti prima, non mancava di sottolineare, anche in quegli anni tumultuosi ed in quelli che seguiranno, nelle occasioni in cui ne aveva l’opportunità, la necessità di ragionare in positivo e sulla base di progetti che avrebbero potuto e dovuto riportare Taranto alla dimensione nazionale ed internazionale che le competeva.
Mario Mazzarino è scomparso nel mentre quello scontro, in cui tanta parte della sua vita è stata immersa, continua virulento in un quadro che poco spazio dà al suo ottimismo. Ma sono convinto che sino all’ultimo abbia esortato chi gli era vicino a non indulgere al pessimismo.
Magari con parole simili a quelle con le quali volle concludere la sua presentazione al mio libro “Taranto da Leone a Lorusso”: “Io sono invece convinto che Taranto un grande futuro ce l’abbia. Perché l’ho già vista risorgere da macerie e miserie al cui confronto quelle di oggi fanno quasi sorridere. E conoscere la storia della propria comunità mi sembra la indispensabile premessa per immaginarne, progettarne e costruirne il futuro.”
Pinuccio Stea