Ognuno ricorda la sua prima volta…al cambo. La mia fu in occasione di un davvero poco glorioso Taranto – Potenza 1-3 del 1997, rete rossoblù del centravanti coloured George Dossou. Da allora, il calcio per me è soprattutto quei gradoni. E quella maglia.
Da quel giorno, giusto per non dimenticarcene, ho potuto godere di due sole promozioni entrambe dalla C2 alla C1. Ma per quanto riguarda le delusioni possiamo scriverci un poema epico: due fallimenti, tre semifinali e due finali playoff perse, mercenari di ogni genere che hanno vestito i colori più belli del mondo, partite perse senza dignità; il tutto mentre la mannaia repressiva dello Stato si abbatteva sulla nostra tifoseria come con nessuno. E questo solo negli ultimi quindici anni!
L’ “angore ret’ a ‘u Tarde vè pirde ‘a cape?” è un ritornello che conosciamo sin troppo bene e ormai chi continua imperterrito a frequentare lo Iacovone ci ha fatto il callo. D’altronde, dopo tutte queste delusioni, abbiamo messo su una corazza che nessuno può scalfire. Una corazza che viene da lontano, perché il Taranto è una delle squadre di calcio più blasonate e seguite di tutto il paese. Una tradizione che proviene dal lontano 1904 e che da allora, passando di generazione in generazione, non muore. Anzi.
La tradizione tifosa per il “glorioso Taranto” (cit. di un vecchio parmigiano incrociato mentre indossavo La Maglia), infatti, è più viva che mai e la dimostrazione concreta la possiamo ritrovare in questi giorni in via Principe Amedeo 32, dove è stata allestita la “Mostra del calcio a Taranto – Museo Rossoblù”.
Duecento maglie, oltre tremila pezzi tra fotografie e altri cimeli. La storia del calcio tarantino dagli albori, una collezione così completa che si può ammirare anche la celeberrima maglia verde di Cava.
La mostra è realizzata con il preziosissimo contributo di Franco Valdevies, Carletto Esposito e Niko Molendini che, grazie alla loro passione e alle loro minuziose ricerche, possiedono – e mettono a disposizione della collettività in maniera totalmente gratuita – una quantità impressionante di vere e proprie reliquie che farebbero impallidire qualsiasi storico dello sport. Stare qui ad elencare i cimeli più preziosi e più emozionanti sarebbe davvero una bastardata che mi guardo bene dal compiere.
Vi basti sapere che ho potuto dare finalmente concretezza a quella che per me era sempre stata una figura quasi mitologica per merito dei racconti che sin da piccolo mi vengono narrati sulle imprese della squadra della nostra città: i celeberrimi seggiolini in acciaio del Salinella. Seggiolini che venivano sbattuti da tutto il settore di tribuna, creando un rumore atroce che come minimo ovattava la foga degli avversari, altrimenti poteva renderli anche pali tremolanti!
Tra le altre cose, ho anche scoperto che la Pro Italia, la prima squadra di calcio ionica – che aveva le magliette verdi – nel 1920 faceva indossare ai propri calciatori dei fazzoletti verdi al collo probabilmente solo per mero motivo estetico.
Questa è la seconda volta che tutte queste maglie, foto e oggetti vengono mostrati liberamente alla cittadinanza. La mostra si tenne per la prima volta un paio d’anni fa al Castello Aragonese e ci fu un riscontro clamoroso (circa mille presenze solo il primo giorno di esposizione). Mi raccontarono della loro pazza idea di creare un museo permanente del calcio tarantino. Pazza idea, appunto, perché a due anni di distanza è ancora pura utopia: mancanza di sostegno economico, mancanza di spazi.
La Fondazione Taras, in ogni caso, ha dato pieno appoggio agli espositori mettendo a disposizione gli ampi locali dove si tiene la mostra.
Gli organizzatori lanciano un invito alla cittadinanza tifosa e non: chi possiede cimeli, fotografie o qualsiasi materiale che abbia a che fare con il calcio al Taranto li metta a disposizione per migliorare e ampliare la già importantissima e preziosissima testimonianza storico-sportiva!
La mostra sarà disponibile fino a domenica 22 dicembre, tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 17 alle 22.
Conoscere la propria storia è fondamentale e grazie a questa mostra si può imparare tanto sulla tradizione sportiva e di costume della nostra città e non è per niente cosa da poco. E intanto domenica a Policoro il solito esodo… Si, a Policoro…