Che il Veneto rimanga proprio lì dov’è adesso, e cioè entro i confini nazionali italiani, è un dato che si evince dall’artiglieria improvvisata che i Carabinieri dei Ros hanno scoperto in un sorta di garage di Padova, base del terrorismo della Serenissima. Onore, però, alla fantasia! Il “tanko“, meraviglioso trattore trasformato con creatività in carro armato, è la dimostrazione che l’Italia sa ancora sognare. Siamo ancora quel popolo di carbonari e massoni che unirono lo Stivale negli anni convulsi della unificazione.
Ci siamo un po’ impigriti e, visto che ormai l’Italia l’abbiamo fatta, l’Europa pure, ci resta solo da disfare tutto, e poi rifare e poi disfare, smembrare, riassemblare, spostare, e poi rifare ancora. Bisogna tenersi in allenamento e bisogna farlo usando tutti i mezzi a disposizione. Il mezzo del futuro, democratico, rivoluzionario, è la risposta a questa esigenza di movimento: Internet; perché, se Grillo ci ha insegnato una cosa, questa è proprio il referendum online, strumento agile e comodo per rivendicare i propri diritti di individualità – perché noi valiamo – ma comodamente seduti da casa. Sono stati conteggiati 2 milioni 360mila 235 voti, pari al 73% del corpo elettorale regionale per il referendum online per l’indipendenza del Veneto dall’Italia. I sì sono stati 2 milioni 102mila 969, pari all’89%, i no 257.276 (10,9%). Un plebiscito lo definisce il promotore Gianluca Busato, imprenditore della regione e leader di Plebiscito.eu, dove sono spiegate tutte le ragioni per l’autonomia. La partecipazione è stata massiccia, ha votato gente entusiasta anche dal Cile (il 10% dei voti), dalla Germania e dalla Serbia. Perché, anche se potevano votare soltanto i residenti, nulla vieta che ci si possa sentire veneti dentro, mica lo deve solo dire una carta d’identità, italiana per giunta.
Ma perché i Veneti si sentono tanto stretti in questo Stivale? In effetti comodo non è. E questo è forse il vero motivo per il quale ci sono i Venetentusiasti su twitter, con l’hashtag #venetoindipendente.
E come sempre, i commentatori:
Non mi sembra poi una cattiva idea quella di tenersi in allenamento. Pensiamo a nuove forme di cambiamento, disgregazione, autodeterminazione, secessione. In fondo anche nel resto d’Italia si sta male per colpa di questa crisi: gli imprenditori di tutta la penisola da Trieste in giù sono in affanno, così come gli operai, i pensionati, i lavoratori autonomi, i precari, i disoccupati. C’è un po’ di Veneto in tutta Italia e molta intolleranza verso le politiche economiche messe in atto dagli ultimi governi. C’è voglia di cambiamento, voglia di Restaurazione: facciamo il referendum per lo Stato Pontificio, per il Regno delle Due Sicilie, il Regno dei Savoia, le repubbliche marinare di Genova, Pisa e Amalfi, e il Molise lo regaliamo alla Iugoslavia che nel frattempo si sarà riunita.