Salve piccoli zombetti miei e maltrovati al “Mimmo Picture Show”, come state? Spero male, questo che leggerete è un viaggio nell’orrore di una serata che sembrava tranquilla ma accompagnato dalla fantastica musica degli Horrors.
Sono in macchina, guido, è sera, non sono solo: c’è Lei.
Lei è bionda;
Lei ha gli occhi verdi;
Lei ha un culo che benedice ogni mano;
Lei è il più bel luogo comune sulle donne con cui sia mai uscito;
Lei è pericolosa.
Siamo partiti da casa sua da circa 10 minuti ed ha già trovato 1275 difetti a questa macchina, altri se li è tenuti per se giusto per tenermi sulle spine. La fatica di un appuntamento.
Cerco uno spiraglio, metto su un disco, metto Primary Colours degli Horrors. È il loro secondo disco, del 2009, mentre col primo si erano fatti conoscere con una miscela di garage e blues, piuttosto prevedibile, col secondo alzarono il tiro; suonato meglio, ispirato al post punk dei primi anni 80 e al rumoroso shoegaze degli anni 90, sono preso da parecchi giorni per questo album.
Ad un tratto Lei fa la fatale domanda: “A cosa stai pensando, sei silenzioso?”.
ATTENZIONE: questa domanda nasconde terribili insidie: se si risponde “Niente” Lei di conseguenza risponderà: “Impossibile che tu non pensi a niente, che cazzo di risposta è…..” segue animata discussione o silenzio tormentato che porterà al fallimento dell’appuntamento. Ma io ho studiato alla corte del maestro Zinedine Zidane: non fermare mai la palla, il tuo gioco sarà fluido ed imprevedibile e l’avversario non potrà impostare l’azione.
Rispondo deciso: “Questo album mi fa impazzire, è bellissimo, ascolta Scarlet Fields, si regge tutta sul basso percussivo e sulla batteria, mentre la chitarra entra urlante sul ritornello insieme alle tastiere che rimandano alla migliore new wave anni 70/80”.
lei mi guarda con dubbio e dice: “Non è che mi faccia impazzire questa canzone”. Palla rubata e goal segnato, scusa Zidane.
Dagli altoparlanti parte Sea within a Sea, e mi ritrovo d’accordo con gli Horrors quando cantano “the path we share Is one of danger and of fear” mi sembra appropriato a questo appuntamento. La scelta del locale è importante per la riuscita di un appuntamento. Da vero king degli smargiassi non mi sono lasciato convincere da Lei ad andare in quel localino più piccolo, dove è più facile trovare un posto e la porto in un locale molto più grande e senza prenotare, perché solo i perdenti prenotano. Ed è il disastro: tutto pieno non c’è posto fino a mezzanotte, sono finito. La guardo e cerco di sembrare un gattino sotto la pioggia per evitare la sua ira, e con un filo di voce dico: “Ho fatto una cazzata, scusa”.
Non c’è pene africano o ostrica che tenga, l’unico vero afrodisiaco che fa impazzire una donna è avere ragione, glielo leggo in faccia, arrossisce sotto l’ondata di una decina di orgasmi multipli che neanche una squadra di porno attori le potrebbe dare.
Decidiamo di andare nel locale che avevo scelto lei. Mi rimetto in movimento, cerco di recuperare con Lei, le cose sembrano rimettersi e Zidane dallo specchietto retrovisore mi dà l’ok, in macchina ascoltiamo Mirriror’s Image, con la sua intro elettronica che viene stralciata da una chitarra che sembra un trapano e Faris Rotter, cantante degli Horrors, racconta di un uomo intimidito da una donna, Faris che fai mi segui?
Arriviamo al locale, è piccolo, ma c’è posto, Lei sfila trionfante come un Berlusconi qualsiasi e io dietro come………(inserire un nome a caso di politico di sinistra), ad un tavolo ci sono delle sue amiche; da che mondo e mondo le amiche della ragazza con cui esci penseranno di te che sei solo un maiale che non vede l’ora di entrare nel suo apparato riproduttivo, cosa per altro vera, per cui mi produco nella mia impareggiabile imitazione del San Sebastiano di Mantegna, che sembra convincere ste quattro inquisitrici che somigliano tanto ad un incrocio tra Simone De Beauvoir e Frida Kahlo.
Ci sediamo e comincia l’assedio, Lei però si ammorbidisce, e sorride. GOOOOOOOOOOOALLL!!! Il commentatore sudamericano che da sempre racconta nella mia testa la mia vita è ormai esaltato.
Tutto sembra andare per il meglio ci mettiamo in macchina e teoricamente la dovrei accompagnare a casa, ma io aspiro a ben altro; ignoro del tutto il pezzo degli Horrors che passa in quel momento New Ice Age, con quell’atmosfera torbida che creata dalla chitarra che sfocia in in un epico racconto di una nuova età glaciale per due presunti amanti.
Mi fermo sotto casa sua; spengo la macchina, mi avvicino a lei intravedendo una chiara occasione da goal: come Zidane sono davanti alla porta. Ma anche il Maestro faceva cazzate davanti alla porta, non lo ricordavo. Lei dice: “Che fai?, guarda che hai frainteso”.
Mi si gela il sangue, provo a trovare una scusa, ma ho la bocca impastata, mi sento come un qualsiasi album di Masini.
Lei scende e parto a razzo mentre dal mio stereo parte I Only Think Of You, come una marcia funebre mi accompagna a casa, Zidane rilascia per me una dichiarazione per i giornalisti piena di frasi fatte, il telecronista sudamericano piange disperato. Abbiamo assistito ad una terribile pagina della stiria di questa città, e domani è lunedì.
Mentre scrivevo questo pezzo ascoltavo
Neu!, Neu!, 1971
Queens, Of The Stone Age, Rated R, 2000