Sabato pomeriggio ho avuto l’impressione che l’accogliente sede del Laboratorio 41 in via Castiglione a Bologna fosse attraversata da un pezzo di storia della letteratura italiana contemporanea. Alla presentazione dello sperimentale e volutamente poco delineato Wu Ming Lab hanno partecipato un buon numero di interessati – alcuni dei quali già iscritti al laboratorio degli autori bolognesi – che non hanno per niente accusato la lunghezza dell’incontro, durato circa quattro ore. Questo grazie alla frizzante esposizione degli autori, integrata con la visione di cortometraggi e brevi video inerenti la discussione.
Prima di un assaggio dei singoli laboratori, i Wu Ming hanno voluto dare un continuum alla “riflessione dinamica”, così come l’hanno definita, che avviene da oltre un anno su Giap e che ha come tema fondamentale il ruolo che deve ricoprire in questo Paese chi vuole usare le parole per creare alternative culturali ai topos e ai “miti tecnicizzati del potere”. Questi laboratori serviranno, almeno nelle speranze del collettivo, a interrogarsi e a capire come collocarsi e ripensarsi in quest’ambito e in questo particolare periodo: un’era di un fascismo finanziario galoppante che non si presenta più solo nelle sue forme post-moderne e biopolitiche, ma anche riprendendo vecchi e riconoscibilissimi schemi. E, nonostante solo venerdì abbiano consegnato ad Einaudi il loro ultimo romanzo, si chiedono anche quale sia il ruolo del libro al tempo di internet.
Ecco i tre laboratori che prenderanno vita a febbraio, marzo e aprile:
CANTARCHIVIO
Questo corso, curato da Wu Ming 2, avrà come campo d’indagine il “come trasformare oggetti d’archivio in oggetti di narrazione”. Ponendo l’attenzione sull’importanza storica e sociale dell’archiviazione e del potere potenziale da esso detenuto, si cercherà di differenziare quella che può essere sia la storia tratta da un documento con la cosiddetta “storia silente”, che riguarda colui che lo crea e l’archivia. Tutto questo servirà come strumento energetico per mettere in moto quella che Wu Ming 2 definisce come “termodinamica creativa“.
FUTBOLOGIA
“Siamo in ritardo: la nostra squadra sta perdendo e mancano pochi minuti alla fine”. Queste sono le prime parole di Wu Ming 3 per presentare questo laboratorio che si baserà sulla scrittura legata al mondo del calcio. E con queste parole esprime benissimo anche il fine: quello di creare parallelismi tra il mondo del calcio e la società che lo circonda, il modo in cui entrambe si influenzano. “Il calcio – dice l’autore dell’omonimo sito – è una religione che va molto”. E come dargli torto: si stimano in 3 miliardi le persone interessate a questo sport, il triplo dei cristiani e più del doppio degli islamici.
SENTIERI NELLE TERRE DI MEZZO
Wu Ming 4 ha invece preferito mettere in luce quanto ingiuste siano le critiche poste alle opere di Tolkien. In un breve ma intenso e istrionico assaggio di quello che sarà poi il laboratorio, l’autore si è dilettato in un reading delle prime pagine di “Lo Hobbit” intervallate da alcune considerazioni critiche che effettivamente dimostrano come siano superficiali alcune delle più note critiche nei confronti dello scrittore britannico (come la vicinanza agli ideali nazional-fascisti, deducibile dalla presunta mancanza di personaggi femminili nel suo libro).
NOTE A MARGINE
Ormai è cosa normale ritrovarsi Ministri analfabeti, direttori di giornali analfabeti, autorità analfabete. Un modo per combattere il sistema e resistervi risulta quindi essere lettori attenti: questi laboratori sono considerati dagli stessi Wu Ming, dunque, oltre che luoghi e tempi di scambio e condivisione, dei corsi di lettura creativa.
Piccola postilla: ho compreso quanto possa essere dirompente la non-figura di un collettivo anonimo di scrittori quando, entrando nel locale, ho avuto l’impressione di come l’atmosfera solenne – ma calda e affabile – fosse causata non dalla pesante presenza di quelli che Bifo definisce “il più grande esperimento letterario europeo degli ultimi decenni”. Questo perché, essendosi sempre dimostrati schivi a mostrare loro nomi e facce, sono volti che non portano la memoria né l’immaginario da nessuna parte. La solennità e la palpabile attesa erano invece conferiti da quel carico di emozioni e di riflessioni che gli autori ci hanno donato con le loro opere.