Carissimi contribuenti Rai,
oggi vi suggeriamo una storia che fa parte di quegli ‘anni spezzati’, la famosa fiction in tre puntate, che in queste settimane in maniera violenta offende le nostre intelligenze e i nostri saperi. Si tratta di una storia particolare, che apprendiamo in modo molto più piacevole e verosimile dalle pagine di un romanzo, piuttosto che dall’imposizione immaginativa di una fiction data in televisione. Ovviamente la nostra storia non viene neanche minimamente citata o comparsata nello sceneggiato, anche perché è una piccola storia tra le tante di quel periodo e non c’entra con gli episodi da loro scelti, ma di questo noi addirittura ce ne rallegriamo.
Andrea Bellini è un ragazzino di Milano, cresciuto in un quartiere periferico ‘il Casoretto’, figlio di un padre che ha fatto la Resistenza, che ripudia un PCI imborghesito e che racconta ai suoi figli le lotte dei suoi tempi; di una madre sarta che vuole i propri figli istruiti in un liceo della Milano bene; ed è nipote di un nonno materno che gli insegna a diffidare degli stalinisti. Siamo negli anni che precedono e danno inizio al Sessantotto; questi ragazzi si muovono nel pieno di una lotta di classe che nasce tra i banchi del liceo Einstein, e si nutre continuamente di rapporti con i proletari del proprio quartiere operaio, il Casoretto appunto.
Il primo motivo che accomuna questi ragazzi è l’antifascismo militante, sul quale nasce e si organizza un primo modello di servizio d’ordine che si rifà a quelli già esistenti nei movimenti della Statale. Da qui si avvia tutto il passaggio che dal movimento studentesco continua con Lotta continua e arriva sino all’Autonomia operaia, passaggio che viene affrontato con la costruzione graduale, ma decisa e determinata della cosiddetta Banda Bellini, servizio d’ordine leggendario dei cortei autonomi dell’epoca. Insieme a questa costruzione di pari passo seguiamo l’Italia di quegli anni, le vicissitudini interne ai movimenti, i rapporti con le questioni di genere, il bisogno di rendere un immaginario che fosse compatto, unico, forte e deciso. Non a caso la Banda Bellini si ispira ai film western di quegli anni: il Mucchio selvaggio di Pekinpah e Giù la testa di Leone.
Tanti saranno i morti che verranno a causa della repressione, ma tanti saranno anche quelli che, per quei rari casi della Storia, vengono fuori dalle periferie e cominciano a pretendere un ruolo nella Storia. Ed è proprio questo forse il punto cruciale che sembra sia impossibile in Italia riuscire a raccontare: rarissimi sono i casi in cui si è riusciti a liberare gli anni settanta dagli anni settanta che ci hanno voluto raccontare.
Ma caro contribuente Rai, vogliamo darti due dritte per riparare a questo scempio.
La prima è: lascia perdere la TV e apri un buon libro.
La seconda è l’inizio del film di Sergio Leone, Giù la testa, del 1971, nel quale su sfondo nero appare una citazione che sovrasta lo schermo:
“La rivoluzione non è un pranzo di gala, non è una festa letteraria, non è un disegno o un ricamo, non si può fare con tanta eleganza, con tanta serenità e delicatezza, con tanta grazia e cortesia, la rivoluzione è un atto di violenza.”
Mao Tse Tung
*Il libro ‘La Banda Bellini’ è di Marco Philopat, agitatore culturale e scrittore, scrive oggi interventi politico-poetici e saggi su riviste underground e letterarie, quotidiani e siti web.