L’ultimo lavoro di Franco Berardi (Bifo), filosofo e autore di decine di libri sui movimenti e le trasformazioni del capitalismo, ci mette davanti ad una riflessione oramai urgente e significativa dei nostri tempi: quella del futuro, dell’utopico. Una riflessione che nasce col pretesto del centenario del Manifesto Futurista, di cui l’autore coglie i primi passi e i suoi sviluppi attraverso un’analisi/confronto tra futurismo italiano e futurismo russo. Il primo incita alla velocità del futuro espressa dall’accelerazione dell’automobile, all’esaltazione della guerra e alla repressione di qualsiasi aspetto femmineo.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile[i] da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Il secondo invece, produce le sue opere e i suoi effetti nella cultura della Russia rivoluzionaria.
Che l’epoca esploda
dietro di noi
in una selva di proiettili.
Che agli antichi giorni
Il vento
Riporti
Soltanto un’arruffata massa di capelli.
Per l’allegria il nostro pianeta è poco attrezzato
Bisogna strappare la gioia
Ai giorni futuri. (Vladimir Majakovski)
Un secolo il novecento fortemente concentrato sulla funzione della macchina, nella quale si configura la capacità e la potenza dell’uomo, strumento essenziale che con la sua energia trasporta l’individuo alla distruzione e alla creazione. Essa, adorata dal Futurismo, agisce esternamente, al di fuori del corpo e della mente. L’uomo si educa alla macchina, ai suoi ritmi. Da questi presupposti Bifo comincia a tracciare il percorso storico che giunge sino al nostro presente, analizzando la funzionalità e la possibilità di ’esistenza del concetto utopico attraverso le varie epoche. Più si procede in questo cammino e più si prende coscienza di un lento esaurimento del futuro connesso alle mutazioni antropologiche dovute al ridisegnarsi del capitale e del suo sistema produttivo attraverso le nuove tecnologie/macchine informatiche, comunicative.
L’utopia della macchina del Futurismo italiano si è trasformata nella modernizzazione alienata del taylorismo fordista, della ripetizione automatica di gesti senza libertà. L’utopia della comunità avanguardista si è trasformata nella realtà totalitaria del fascismo. L’utopia del Futurismo russo si è trasformata nel totalitarismo violento del comunismo disumano. Fin quando, alla fine del secolo che aveva creduto nel futuro, l’utopia perde forza ed emerge una percezione rovesciata dell’imminente, dell’incombente, dell’inevitabile: una percezione di tipo distopico. […] L’utopia mediale che attraversa l’intera esperienza del Futurismo e l’intero XX secolo prepara quella che chiameremo l’ultima utopia, l’utopia ciberculturale che si manifesta nell’ultima parte del secolo che credeva nel futuro.
Ed è proprio da quest’ultimo punto, dopo aver attraversato i movimenti dadaisti e surrealisti in connessione al fenomeno pubblicitario, che Bifo pone una distinzione chiave, che si inserisce in uno dei fondamentali dibattiti della nostra contemporaneità: quella tra cibertempo e ciberspazio. Il primo, colonizzato dall’economia capitalista, è appiattito dalla saturazione dell’informazione, tanto che l’individuo non è più in grado di proiettare la propria esistenza al di là del momento presente. Il cervello è continuamente sottoposto ad un vero e proprio bombardamento informativo richiedente attenzione. Il secondo è la sfera di connessione tra menti e macchine, ed è illimitatamente espandibile. Il cibertempo non è espandibile poiché connesso all’esperienza che l’organismo decide di elaborare delle informazioni provenienti dal ciberspazio. Ne consegue che il futuro rimane intrappolato in questa contrazione tra spazio e tempo.
Non so dei vostri buoni propositi
perchè non mi riguardano
esiste una sconfitta
pari al venire corroso
che non ho scelto io
ma è dell’epoca in cui vivo
la morte è insopportabile
per chi non riesce a vivere
la morte è insopportabile
per chi non deve vivere
lode a Mishima e a Majakovskij
tu devi scomparire
anche se non ne hai voglia
e puoi contare solo su di te
PRODUCI CONSUMA CREPA
SBATTITI FATTI CREPA
PRODUCI CONSUMA CREPA
CREPA
RIEMPITI DI BORCHIE
SBATTITI FATTI CREPA
ROMPITI LE PALLE
COTONATI I CAPELLI
RASATI I CAPELLI
CREPA CREPA CREPA CREPA
Così cantavano i CCCP nel 1985. Il futuro non esisteva già più.
Di fronte tutto questo Bifo presenta un nuovo manifesto del dopo-Futurismo: diversi strumenti possono aiutarci a sfuggire dal male del presente. Ma ciò che più ci interessa di questo discorso è partire da tali presupposti e collocarli nel nostro piccolo vivere quotidiano, locale. Noi che viviamo in una città emblema dei fallimenti di qualsiasi utopia, ritroviamo oggi l’urgenza di immaginare un nuovo futuro non a caso con una marea di difficoltà: mancanza di senso di comunità, assenza di una visione comune di lotta, incapacità di scorgere il potere, comportamenti reazionari, personalismi. Agire sul tempo, rallentare il presente che attanaglia le nostre vite e riprenderci ciò che ci spetta. Tornare ad essere più umani coltivando sogni deve essere la nostra nuova utopia dopo il futuro.
[i] Da notare come manchi l’apostrofo a ‘un automobile’, questo poiché agli inizi del secolo il termine era considerato maschile. Dal francese ‘voiture automobile’, il termine era considerato solo come aggettivo sin quando si cominciò ad utilizzare solo il termine automobile. Da qui la questione sul termine se maschile o femminile sino a decretarne l’uso femminile. Lo stesso accadde negli altri Paesi, in Italia intervenne anche D’Annunzio, massima autorità letteraria dei tempi annunciando : “L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza”.