Nel giugno scorso le Edizioni dell’asino hanno ripubblicato, con il titolo “L’altro Risorgimento”, una raccolta di brevi scritti di Carlo Pisacane, patriota e rivoluzionario napoletano caduto nel 1857 al culmine della spedizione di Sapri, insieme ad alcuni estratti del saggio di Nello Rosselli dedicato alla sua figura. Il volume, curato da Alessandro Leogrande, vuole restituire ai lettori una figura fra le più singolari del Risorgimento italiano. Di seguito il commento di Valerio Lisi, autore del saggio storico “L’Unita’ e il Meridione. Nicola Mignogna (1808-1870)” (Copertino, 2011).
Leggendo la prima pagina della prefazione di Alessandro Leogrande spicca il pensiero espresso a caldo sulla Spedizione di Sapri da parte di Alexander Herzen, uno dei più brillanti pensatori di tutti i tempi. I giudizi del filosofo russo e di Victor Hugo rimasero quelli maggiormente impressi in coloro che successivamente cercarono un senso alla strada della rivoluzione che avevano intrapreso.
Pisacane aveva conosciuto Herzen nel 1852 in un periodo in cui il napoletano, già militare di carriera, arrangiandosi con qualche consulenza tecnica e lezioni di matematica, leggeva moltissimo in campo tanto storico che filosofico e sicuramente trovò in quelle conversazioni (oltre a quelle avute con Mazzini e Cattaneo) punti di riferimento fondamentali per la sua formazione intellettuale.
Appena venne confermata la voce della truculenta fine, sua (ucciso “come un bovarello” disse Carlo Cattaneo) e dei suoi fedelissimi ragazzi, ad opera dei contadini reazionari, Herzen non esitò a paragonarlo ai primi martiri del Cristianesimo e della Riforma, celebrati poi successivamente con chiese e statue. Anche questa intuizione del filosofo russo fu felice: a Pisacane fu innalzato il primo monumento nella parte meridionale dell’Italia unita: dunque nel 1864 il popolo italiano aveva il suo primo martire/eroe laico.
L’eredità politica di Pisacane fu quasi inevitabilmente oggetto di un’accesa disputa. Nicotera, fortunosamente sopravvissuto all’impresa, aveva dato prova dell’indissolubile legame facendo erigere a Poggioreale un mausoleo, il “comune sepolcro” dedicato al “compagno inseparabile” Carlo Pisacane. Era il 1872, anno in cui le dispute sul fallimento della Spedizione, iniziate nel 1860, si erano assopite dopo litigi violenti e vertenze mai accettate di vari giurì che avevano compromesso l’unità del partito d’Azione, poi diviso tra repubblicani (Nicotera, Asproni) da una parte, e socialisti (Fanelli, Friscia, Gambuzzi) informati alle idee di Bakunin, dall’altra. Quest’ultimo, giunto a Napoli nel 1865 proprio dopo la formale riappacificazione tra Giovanni Nicotera e Giuseppe Fanelli, aveva trovato terreno fertile per propagandare le sue idee. Come storico e filosofo, autore di alcuni saggi -il più importante è quello intitolato “La Rivoluzione”- Pisacane fu dunque “scavalcato” a sinistra da Bakunin. Tutti i democratici però conservavano vivida la memoria del napoletano come patriota, come italiano, ma pochi erano particolarmente interessati a diffondere il suo pensiero, preoccupati di ingenerare ulteriori divisioni e così i suoi scritti ebbero pochissima diffusione. Essendo stata raggiunta l’Unità sotto lo scudo sabaudo, il principio di nazionalità sotto l’egida socialista ovvero la teoria pisacaniana che identificava la rivoluzione socialista in sé grazie e con una propria struttura militare, risultava già desueta.
Convinto che le idee vengono dai fatti e non viceversa, sul saggio “La Rivoluzione” il napoletano aveva scritto: “L’Italia trionferà quando il contadino cangerà … la marra col fucile”. Eppure il contadino che egli voleva emancipare non esitò ad infierire con quella marra sul suo corpo, straziandolo il 2 luglio 1857. Ecco perché Pisacane appartiene alla categoria di coloro che a dirla con Pantaleo Ingusci, “affrontano il martirio non solo nel fatto, ma nel pensiero, perché sono portatori di luce e di civiltà”.
Rimanevano certo validi molti concetti a supporto delle sue idee, come quello della preminenza della questione economica rispetto a quella politica, con gli “strumenti del lavoro che debbono essere in comune”, la necessità inderogabile di una riforma agraria, il federalismo comunale, l’azione del popolo dal basso nella forma della democrazia diretta; “il popolo non sarà libero quando sarà istruito, ma sarà istruito quando sarà libero”.
Dopo decenni di quasi oblio, il socialismo di Pisacane venne riscoperto a livello nazionale grazie alla biografia di Nello Rosselli pubblicata nel 1932, approfondendo tra l’altro anche il saggio “La Rivoluzione”, il cui originale, per volontà di Giovanni Gentile, era in possesso del Comitato nazionale della storia del Risorgimento a Roma, oggi ISRI [Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano], dove tuttora si trova. Rosselli, prima di allora perseguitato dal regime, godette per diversi anni della libertà grazie al suo riconosciuto valore di storico (nel 1927 aveva pubblicato “Mazzini e Bakunin”) ed ebbe alcuni incarichi da parte di società storiche italiane.
Il merito di Rosselli nel suo “Carlo Pisacane”, di cui Leogrande riporta un ampio stralcio, sta non solo nel ripercorrere passo per passo la Spedizione di Sapri, ma nell’analizzare le influenze sulla formazione del pensiero socialista di Pisacane, che si possono riscontrare preminentemente in quello francese di Blanc e Proudhon, oltre a vari influssi del citato Herzen. Ma soprattutto Rosselli indaga sulla storia personale di Pisacane, personaggio ribelle sin dalla gioventù. Con una lettera definita scandalosa dal regime borbonico, giustificò la decisione sua e di Enrichetta Di Lorenzo, sposata con figli, di fuggire dal Regno in nome della emancipazione della donna (quello di Enrichetta era un matrimonio combinato) e del loro diritto alla felicità. Concetti estremi all’epoca, le passioni che si fanno manifesto di libertà a tutti i livelli e che quasi vanno a fare il paio con la ricerca compulsiva, che accompagnerà Pisacane negli anni a seguire, per una nuova teorizzazione dottrinale tesa allo studio del miglioramento sociale delle classi disagiate. La storia, o per dirla con Herzen, la “tetra poesia” del Duca di San Giovanni è in breve qui.
Pur di portare a termine le sue teorie e i suoi appunti, oggi possiamo dirlo con un po’ di contezza, Carlo Pisacane arrivò a distrarsi dinanzi ai lamenti che provenivano da Napoli da parte del Comitato presieduto da Giuseppe Fanelli e che lo avvertiva di tante cose che non andavano nel verso giusto per il successo della Spedizione. E di questo Pisacane ne fu consapevole come si legge nel suo “testamento politico”.
Oggi Mazzini, Cattaneo, Pisacane come padri della democrazia sono ingiustamente caduti nell’oblio, ma non le loro idee che rimangono insite nel nostro modo di agire e vigilano nelle dinamiche odierne; come osserva Leogrande “non c’è libertà senza indipendenza, e non c’è indipendenza senza un sufficiente grado di autonomia che può essere raggiunto solo nel superamento della frantumazione territoriale. Una penisola ridotta in granelli di sabbia non può che essere soggetta a quei venti che spireranno più forti”.
Valerio Lisi