La Puglia è terra di colori e magia, dove anche un muro a secco può prender vita. Nonna Comasia, un giorno, portò suo nipote Veleno innanzi un muro a secco, confessandogli che se avesse voluto raggiungere la “vera gioia” «avrebbe dovuto trovare un ostacolo da scavalcare». E così Veleno trascorreva le sue giornate a dare un senso a quelle parole, così profonde e cariche di magia.
Veleno è il protagonista dell’ultimo romanzo di Mario Desiati.
In realtà quello non era il suo vero nome. Gliel’avevano affibbiato perché un suo antenato aveva avvelenato il suo padrone, proprietario terriero. Uno di quei «delitti accettati dalla comunità con consapevolezza» che si tramandano di padre in figlio.
“Il libro dell’amore perduto”, è la fotografia di uno spaccato dell’Italia contemporanea. Mario Desiati parte dal Sud, il suo Sud: quello dei trulli, dei muri a secco, provinciale e nostalgico, denso di tradizione e devozione. L’autore, attraverso la descrizione meticolosa dei paesaggi e dei caratteri dei suoi protagonisti, intento a raccontarne le debolezze e le peculiarità, narra la storia di un amore impossibile, quello che desta scalpore, che è eticamente scorretto, contro i costumi e la morale. Un amore che è intriso di sacralità e devozione, che divampa come una fiamma, che distrugge e ricrea come un fiume fuori dagli argini. Una passione nata fra i banchi di scuola tra Veleno, ancora tredicenne, e la sua professoressa di Educazione Tecnica.
Chiediamo a Desiati il motivo per cui, in questa fase storica, decide di parlare dell’amore. Con il suo tono rassicurante, sereno e pacato ci confessa la sua verità: “In questo periodo di incertezza e precarietà, l’amore è l’unico punto fermo. Gli unici elementi certi della nostra esistenza sono solo i sentimenti. L’amore può essere verso un luogo o verso l’aspirazione al conseguimento di un obiettivo o semplicemente un desiderio, come ideale di libertà ed indipendenza”
Desiati lascia parlare i suoi personaggi, senza censure o filtri. Accentua le loro debolezze, rafforza le loro follie tramutandole in gesti di pura semplicità, armonizza con disinvoltura i piaceri del corpo, conduce il lettore ad assaporare ed ammirare con estrema naturalezza la delicatezza di un bacio colmo di passione.
L’amore tra Veleno e Donatella non è pura e semplice seduzione: la lingua della professoressa conta i denti del suo adepto, ma quel bacio profuma di margherite. Quel sentimento elevato è pura grazia: l’eterna bellezza. Due anime imprigionate in abiti stretti, in gabbie sociali e stereotipi imposti. «E se Veleno non avesse 13 anni? E se Veleno non fosse un ragazzo nel XX secolo?». Spesso capita di sentirci inopportuni ed ingombranti nell’epoca in cui viviamo, constatando di aver nostalgia di epoche in realtà mai vissute.
«Proibitemi di amarla e l’amerò per sempre». Questa frase diviene una sorta di mantra per Veleno: tatuata sul cuore e nella mente. Il ragazzo crescerà e nel suo percorso colmo d’ostacoli farà tanti incontri, alcuni dei quali rafforzeranno ancor di più la sua convinzione.
“Il libro dell’amore proibito” è la sinfonia del cuore pulsante.
Desiati cura con delicatezza le anime della sua narrazione, descrivendo in maniera gentile ed elegante i ruoli femminili: Azzurra, Nonna Comasia, Donatella: donne angeliche e carnali, passionali e pazienti, sagge e profetiche.
Questo romanzo ha un retrogusto di speranza, sintetizzabile perfettamente nell’accentuata capacità dell’autore di fondere il sacro e il profano.
«L’amore per crescere ha bisogno di muri, proprio come l’edera». Nonna Comasia ha insegnato questo a Veleno, aiutandolo a crescere.
L’amore è denso di ostacoli: di muri alti ed invalicabili o semplici muretti a secco di campagna, che delimitano metaforicamente la proprietà ma che sono facilmente superabili. L’ostacolo è anche supporto: l’amore, quello vero, profuma di margherite.