C’è un lungo filo rosso che lega alcuni alti ufficiali delle nostre forze armate a certi imprenditori. Una lunga trama che da alcune caserme della Puglia si snoda, arrivando sino a Roma, lambendo gli uffici del Ministero della Difesa, e di quello degli Interni. È il sistema delle tangenti che sarebbero state versate per pilotare l’aggiudicazione di alcune gare d’appalto milionarie bandite dagli stessi ministeri, come risulta da diverse inchieste giudiziarie, tuttora in corso, delle Procure di Bari, Roma e Taranto.
È una vera e propria Tangentopoli con le stellette. “Un articolato sistema fraudolento”, lo definisce il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari, Francesco Agnino, motivando l’ordinanza che ha portato in carcere, venerdì scorso, un generale in pensione dell’Aeronautica, Carlo Peluso, e agli arresti domiciliari l’imprenditore Giuseppe Guastamacchia, «già legale rappresentante e socio» – scrive lo stesso Gip – di una società che in Puglia sta realizzando alcuni degli appalti più importanti. Sullo stesso sito internet della Guastamacchia Spa si legge che l’azienda è attualmente impegnata nella realizzazione della nuova sede del Consiglio regionale pugliese, dell’Università di Foggia, e che ha l’appalto di Global service a Bari con Camera di Commercio, Asl e persino con il Palazzo di Giustizia. Tanto basta per rilevare la caratura economica dell’imprenditore coinvolto nell’inchiesta della Procura del capoluogo pugliese. Guastamacchia è anche uno dei membri di punta del direttivo dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) di Bari.
Gli indagati nell’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza di Gioia del Colle e coordinata dal sostituto procuratore Francesco Bertone, sono dieci in tutto. I reati contestati, a vario titolo, sono corruzione, truffa e turbativa d’asta. Oltre a Peluso e Guastamacchia sono stati colpiti da misure restrittive della libertà: il consulente commerciale barese Vincenzo Anzivino, in carcere per aver divulgato notizie di ufficio pertinenti alla gara di appalto bandita dal Ministero dell’Interno per il centro di accoglienza per migranti di Borgo Mezzanone Foggia, e Saverio Quartucci, colonnello dell’Aeronautica militare in pensione, oggi imprenditore, finito agli arresti domiciliari. Di notevole spessore sono anche i profili degli altri indagati a piede libero. Tra di essi spicca il nome di Tommaso Ricciardi, viceprefetto, funzionario del Ministero dell’Interno, a capo della Direzione per le Libertà Civili e l’Immigrazione. E poi ci sono i nomi di alcuni colonnelli dell’Aeronautica Militare: già in pensione come Giuseppe Ria, attualmente collaboratore esterno del Ministero della Difesa; o ancora in servizio, come Leonardo Losacco, Tenente Colonnello presso il 2° Reparto Tecnico Comunicazioni dell’Aeronautica Militare quale capo Ufficio Tecnico Impianti, e Giuseppe Colella, direttore del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Bari.
Al centro delle indagini tutta una serie di gare pubbliche. In particolare, la ristrutturazione di due plessi all’interno della caserma Pisano a Capo Teulada, in provincia di Cagliari. Un appalto del valore di 8 milioni di euro. “La fornitura e posa in opera di moduli abitativi” per il centro immigrati di Borgo Mezzanone, a Foggia: procedura indetta dal Viminale nel 2012 per un valore di 1 milione e mezzo di euro e poi annullata in autotutela. Gli indagati pilotavano le gare per ottenere denaro e favori, sia avvisando in anticipo le imprese compiacenti dell’uscita dei bandi, sia fornendo gli elaborati progettuali ancora segreti, inviando alle stesse aziende gli elenchi dettagliati per qualità, quantità e prezzi stimati dei materiali che sarebbero stati oggetto della commessa pubblica. Non solo. Secondo i finanzieri di Gioia del Colle: «le indagini hanno evidenziato che le predette illecite interferenze nelle operazioni di gara, venivano effettuate in cambio della promessa di denaro e/o di altri vantaggi di natura patrimoniale». Dunque, denaro, o altri vantaggi di natura economica, per avere la sicurezza di ottenere importanti commesse dalla pubblica amministrazione. La scoperta «dell’esistenza di un sofisticato meccanismo di alterazione delle gare di appalto indette dal Ministero della Difesa, caratterizzato da rapporti tra pubblici ufficiali ed imprenditori». Accordi tra questi ultimi e i militari, ma anche tra le stesse imprese potenzialmente concorrenti, attraverso “correlati meccanismi di turnazione”: un sistema teso a privilegiare gli imprenditori che effettuavano il pagamento delle tangenti. La conferma si trova ancora nell’ordinanza firmata dal Gip Francesco Agnino, dove si fa riferimento a un «quadro desolante di malaffare caratterizzato dall’esistenza di un sistema in cui era assicurata la vincita degli appalti alle imprese compiacenti, disposte anche a restare ferme per un turno per non turbare gli equilibri collusivi». Sono due imprenditori, in un’intercettazione telefonica, a spiegare come avveniva quello che è stato definito una sorta di “patto di mutuo soccorso”.
«Vedi» – dice l’imprenditore Giuseppe Guastamacchia al suo interlocutore telefonico – «tutti questi [i vari ufficiali generali come Peluso e Veri, ndr] una volta che se ne sono usciti [in congedo, ndr] anziché andare a fare il pensionato continuano a lavorare negli studi professionali (oltre che fare i consulenti per i ministeri) e siccome non possono figurare, oggi a me e domani a te, oggi a me e domani a te…». I due imprenditori, al telefono, fanno più volte riferimento al ruolo decisivo avuto nel sistema dal generale in pensione Carlo Peluso, il quale, secondo i giudici della Procura di Bari, «avvalendosi della compartecipazione anche di alti ufficiali in servizio dell’Aeronautica Militare e dell’Esercito, ha gestito fraudolentemente le operazioni di aggiudicazione di due gare d’appalto indette dal Ministero della Difesa, favorendo gli imprenditori Guastamacchia Giuseppe (per la Guastamacchia S.p.A.) e Bianchi Bruno (per la Carbotermo S.p.A., vicenda oggetto di indagine della Procura della Repubblica di Roma).» Era il potentissimo generale Peluso, dunque, fino all’arresto consulente del Ministero della Difesa e di quello degli Interni, a decidere quale impresa doveva vincere e quale, invece, doveva restare fuori per un turno. Però, dice al telefono Guastamacchia, lamentandosi di un appalto sfumato: «poteva dirlo [Peluso, ndr] devi partecipare a questa gara ma questo non è il turno tuo. Come è successo a Taranto che poi non l’ho vinta». Lasciando intravedere, evidentemente, l’esistenza di un unico sistema che vale anche per altre commesse, sempre militari.
In effetti, è di appena un mese fa l’inchiesta dei carabinieri di Taranto, coordinata dal pubblico ministero Maurizio Carbone, che ha rilevato, all’interno della Base navale militare locale, la più importante postazione italiana nel Mediterraneo, «l’esistenza nell’ambito di un collaudato e stabile accordo criminoso, di un vero e proprio sistema, che andava avanti da anni». Secondo i magistrati di Taranto sono «fatti di concussione continuata di notevolissima gravità, in quanto posti in essere nel corso degli anni in modo sistematico e diffuso, con ferrea determinazione a delinquere, invariabilmente, nei confronti di tutti gli imprenditori assegnatari di appalti di servizi e forniture da parte del V Reparto Maricommi di Taranto». Il Gip Pompeo Carriere, nell’ordinanza che lo scorso 13 gennaio ha portato in carcere sei alti ufficiali (tutti capitani) ha parlato di “vero e proprio pizzo”, e di pubblici ufficiali che avrebbero agito «sostanzialmente alla stregua dell’agire della malavita organizzata». A Taranto il funzionamento della presunta tangentopoli in divisa è stato rivelato la prima volta dalle dichiarazioni rese al Pm Maurizio Carbone dall’indagato Roberto la Gioia, il capitano di fregata arrestato il 12 marzo dello scorso anno, in flagranza di reato, poco dopo aver intascato una “bustarella”. Lo hanno seguito a ruota alcuni imprenditori. Che hanno rivelato, secondo gli stessi inquirenti, «un sistema di tangenti che ha coinvolto pubblici ufficiali ad alto livello istituzionale, alcuni in servizio presso lo Stato Maggiore della Marina Militare». Come dire, che dalle basi militari della Puglia agli uffici romani dei ministeri della Difesa e degli Interni sono in tanti, ora, a tremare.