Come già citato dai miei vecchi articoli, Taranto presenta innumerevoli esempi archeologici della sua lunga storia, la maggior parte dei quali sono fruibili o, perlomeno, oggetto di vari studi divulgati alla cittadinanza tramite incontri o convegni. Tuttavia vi è un piccolo scavo che, sebbene sia sotto gli occhi dei passanti, viene costantemente ignorato o oggetto di scherno dovuto alla cattiva manutenzione che porta alla condensazione delle vetrine di copertura e quindi all’impossibilità della visione da parte dell’osservatore. Questo piccolo scavo è posizionato nel pieno centro del Borgo Umbertino di Taranto, all’incrocio di via Margherita e via D’Aquino. Esso è stato indagato fra l’ottobre e il dicembre del 2003 durante i lavori di riqualificazione del Programma Urban che hanno riportato alla luce elementi riferibili all’abitato della polis coloniale greca posizionata nei pressi dell’avvallamento naturale che divideva l’acropoli (Città Vecchia) dal centro abitato (Borgo Nuovo).
La stratigrafia più antica ha riportato un’imponente canalizzazione, databile all’età classica, ricavata nel banco roccioso e coperta con blocchi regolari di dimensioni differenti, orientata N-S, probabilmente utilizzata come collettore per scarichi di edifici pubblici e privati. Il canale viene dismesso nel III secolo a.C., come rivelano i dati evidenziati dai materiali recuperati dal riempimento che oblitera il tutto per poter favorire la costruzione di un asse viario, orientato anch’esso N-S, composto da strati sabbiosi di livellamento alternati a battuti di cocciopesto.
Rilevante è stato “il rinvenimento di un poderoso basamento, conservato solo a livello di fondazione o al massimo per due assise, e costruito con materiale di spoglio: blocchi squadrati e fusti di colonne, tutti di carparo, messi in opera gli uni accanto agli altri nel senso della lunghezza; altri fusti di colonne in frammenti, non più in situ, sono stati recuperati in fase di scavo ed altri, ancora nella collocazione originaria della fase di riutilizzo, erano visibili nelle sezioni stratigrafiche”. Insieme ad altri elementi architettonici di spoglio, intonacati e dipinti, questi resti sembrerebbero provenire dalla distruzione di piccoli sacelli delle zone limitrofe o di strutture abitative private.
Nella parte orientale della strada sono stati rinvenuti alcuni ambienti databili anch’essi al III secolo a.C., come confermano i reperti numismatici. Tre piani di cottura sono stati individuati all’esterno delle strutture, che presentavano frammenti di utensili di cucina ancora in situ. Difficile è la comprensione di tali ambienti, così come l’interpretazione di un’area rettangolare caratterizzata dalla sistemazione ordinata in più strati di tegole e coppi, che obliteravano un piano di cottura con una pentola schiacciata.
Il canale del V secolo a.C. sembrerebbe essere riferibile alla ristrutturazione urbanistica che Taranto ha avuto in quel periodo storico, mentre le altre strutture sono messe in relazione agli avvenimenti delle vicende belliche avvenute durante la seconda guerra punica e l’arrivo di Annibale a Taranto. Lo scavo di via D’Aquino ha quindi confermato le fonti storiche, le quali narrano che, dopo l’occupazione cartaginese del settore occidentale della città, si iniziò sin da subito la costruzione di un muro lungo l’avvallamento naturale, oggi Canale Navigabile, per dividere il centro abitato dall’acropoli occupata dai romani dopo la fuga dovuta all’entrata in città dei punici.
Oggi lo scavo appare coperto da una serie di vetri infrangibili ed illuminato da vari fari; per fortuna lavori recenti hanno risolto il problema della condensazione delle lastre tramite opportuni scarichi di sfogo dell’umidità. Tuttavia vi è una grave mancanza nella fruibilità dello scavo: sebbene esso sia liberamente visibile, è lacunoso dal punto di vista divulgativo in quanto manca una didascalia apposta nelle vicinanze in grado di spiegare ai curiosi le caratteristiche dei resti archeologici. Io spero personalmente che questa lacuna, che io ritengo essere grave, sia al più presto colmata, non solo per questo monumento ma per ogni luogo di interesse storico tarantino.
PS. Ringrazio il gentile Mino Lo Re per avermi concesso di pubblicare le sue foto.
BIBLIOGRAFIA
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