Il monumento più antico, e simbolo della città di Taranto, è sicuramente il tempio dorico di Piazza Castello. Esso, da più di duemila anni, è il testimone della straordinaria opera costruttiva dei coloni ellenici, che con la creazione del loro insediamento instaurarono sull’allora penisola (Città Vecchia) il fulcro monumentale, politico e religioso, della nuova città: l’acropoli.
I lavori di restauro e riorganizzazione della struttura urbana della Città Vecchia, intrapresi dopo l’unità d’Italia nella zona di Piazza Castello, hanno riportato alla luce resti del tempio nel vicolo compreso tra il Municipio e Palazzo Mastronuzzi (oggi non più esistente), trovando frammenti di capitelli, colonne ed altri elementi riconducibili alla peristasi dell’edificio.
Il primo ad essersi occupato dello studio del tempio è stato l’archeologo Luigi Viola. Egli ha individuato alcune colonne, ancora integre, dell’antico monumento incastonate nella costruzione della chiesa della SS. Trinità, situata nei pressi dell’attuale conservatorio Paisiello. Data la difficoltà di effettuare ampi saggi di scavo all’interno degli edifici, Viola non ha potuto fornire ulteriori informazioni, ma ha ipotizzato che il tempio fosse dedicato al dio del mare Poseidone, vista l’appartenenza della città greca di Taranto a una cultura prevalentemente marittima.
Nel 1973 la chiesa, ormai in rovina, della SS. Trinità, il vicino monastero dei Celestini e il già citato Palazzo Mastronuzzi sono stati abbattuti. La soprintendenza dei Beni Archeologici, approfittando dei lavori di smantellamento degli edifici, ha effettuato dei saggi di scavo nell’area e si è adoperata per il recupero e restauro delle colonne ancora integre, liberate dalle strutture murarie degli edifici monastici. Ulteriori lavori sono stati effettuati tra il 1992 e il 1993 per rendere facilmente fruibile l’area monumentale. I dati ricavati dagli scavi hanno rilevato una graduale cavazione della roccia a seconda delle necessità costruttive. Nel livello più basso e quindi riconducibile al banco di carparo, sia all’interno sia all’esterno della peristasi, vi sono segni della possibile preesistenza di un edificio, probabilmente ligneo, databile alla fase abitativa indigena o all’inizio della colonizzazione ellenica. Più recenti appaiono le strutture del tempio stesso, del quale si conservano tre colonne di ordine dorico scanalate relative al colonnato settentrionale, alte 8,47 metri, con un diametro di 2,05 metri e un interasse di 3,72 metri. Esse sono costruite con rocchi di pietra in carparo, cavati almeno in parte nelle immediate vicinanze della struttura, ipotesi ottenuta dalla presenza di cave nell’area.
I residui di materiale ceramico ritrovati nella stratigrafia sopravvissuta alle varie costruzioni più recenti, datano l’edificazione del tempio alla fine del primo venticinquennio del VI secolo a.C., facendo di esso il tempio greco più antico della Magna Grecia. Nella stratigrafia soprastante sono state rilevate frequentazioni che vanno dal IV al III secolo a.C., con esigue testimonianze del II e I secolo a.C. L’edificio sacro, molto probabilmente in epoca medievale, è stato riconvertito come luogo di culto cristiano o destinato ad altre funzioni, cui si può ricondurre la presenza di silos, granai e vasche di decantazione dell’argilla.
A quale dio pagano fosse dedicato questo grande monumento rimane ancora un mistero. L’ipotesi di Viola che vede in Poseidone il destinatario dei rituali connessi al tempio sembra improbabile, data l’origine spartana dei coloni, non propriamente affezionati alle divinità marittime. In anni più recenti è stata ritrovata una stipe votiva su via Duomo, in cui sono conservate come ex voto statuette in terracotta, raffiguranti un individuo di genere femminile e legate quasi sicuramente al culto del vicino tempio. La scoperta ha portato alla nuova teoria che il complesso monumentale fosse dedicato a una dea, riconosciuta in una fra Artemide, Era o Persefone.
Il tempio dorico di piazza Castello non è l’unico esempio di architettura templare sull’antica acropoli: gli scavi effettuati nel chiostro del convento di San Domenico hanno ritrovato le fondazioni di un altro tempio, simile per dimensione, di cui purtroppo non si hanno molti elementi per poterne dare una datazione precisa, anche se la sua appartenenza all’epoca arcaica è possibile. Ovviamente anche in questo caso è difficile individuare una dedica divina.
Le colonne sopravvissute del tempio dorico rappresentano ancora oggi lo splendore dell’acropoli della polis, che con le sue grandi opere monumentali abbelliva il promontorio della penisola, venendo ammirata sia via terra che via mare. Tanto è stato distrutto dalle varie ristrutturazioni che la Città Vecchia ha subito nel corso dei secoli, ma ciò che rimane del tempio dorico continua ad esistere, ricordando ai tarantini distratti di quali grandi cose erano capaci i loro avi.