Sabato 16 e Domenica 17 Maggio scorsi, nella centralissima piazza Immacolata di Taranto, si è svolta la quinta edizione dell’AdolescenDay, un evento trasversale e articolato su più fronti, tutti accomunati dall’espressione dell’immaginario giovanile: musica, videogames, cosplay, workshop, progetti per studenti e, naturalmente, fumetti, con tanto di stand tematici e incontri con gli autori. L’idea, nata nel 2011, colpisce in particolare per la prospettiva che, per una volta, non è calata “dall’alto”, con il mondo degli adulti riunito per discutere in modo problematico ciò che attiene al mondo adolescenziale. Al contrario, quello che si è offerto agli occhi di passanti e fruitori è un autentico e gioioso punto di incontro ed espressione per i giovani, chiamati a esibire le proprie passioni e i rispettivi talenti. Fra le varie germinazioni che compongono l’evento, “A-Day Comics & Games” (la parte fumettistica vera e propria), si è ritagliata da un paio d’anni a questa parte una sua particolare importanza, in un momento storico in cui l’idea della fiera dedicata alle varie subculture pop sta assumendo un’importanza particolare nel rapporto fra il pubblico più (o meno) giovane e l’immaginario popolare: molti sono infatti gli eventi specifici che nascono in Italia e, in modo particolare, anche in Puglia (tra Aprile e Giugno quasi ogni capoluogo della nostra regione ha avuto o ha in cantiere una fiera tematica). All’interno del fermento che attraversa Taranto nel suo rapporto con queste forme espressive, la città ha dunque trovato la sua fiera del fumetto? Ne abbiamo discusso con Mara Romandini, avvocato e specialista in diritti degli adolescenti, che di AdolescenDay è ideatrice e Project Leader: la conversazione ha abbracciato a largo raggio il tema e la condizione degli adolescenti nella società contemporanea.
Come nasce l’idea di AdolescenDay e di un evento cittadino collegato ai fumetti?
AdolescenDay nasce come giornata degli adolescenti, con i suoi percorsi specifici, promossa da LaWellness European Association, un’associazione senza scopo di lucro orientata al benessere della persona, di cui faccio parte. La sezione “Comics & Games”, relativa quindi ai fumetti e al cosplay, è arrivata in un secondo momento, su richiesta degli stessi ragazzi che chiedevano un evento di questo tipo. I primi anni era solo un’idea, poi nel 2014 abbiamo provato a organizzare una piccola “finestra” di due ore all’interno dell’evento generale. E’ andata bene, anche se la pioggia improvvisa ci ha poi costretto a tagliare alcune esibizioni. A parte questo sfortunato imprevisto, l’iniziativa ha comunque attirato gente persino da località come Roma o Bologna – la gara cosplay la vinse infatti una ragazza di Roma. Così, anche per accontentare chi non aveva potuto esprimersi, quest’anno abbiamo dato autonomia al tema con una giornata tutta sua: da qui la denominazione “A-Day Comics & Games”, come spin-off di AdolescenDay.
I referenti per questa sezione tematica sono due ragazzi, Cosimo Battista e Veronica Pappolla, noti in città per l’iniziativa dell’Otaku Bus, che peraltro conosco da quando erano piccoli: Veronica, in particolare, partecipò a un mio progetto organizzato con una scuola. Sono stati molto bravi, basti pensare che nel 2014 hanno organizzato la cosa in appena un mese e mezzo.
Lo staff generale come si compone?
Ci sono io, che sono l’ideatrice e Project Leader; abbiamo poi chi si occupa dell’area web; c’è la dottoressa Daniela Sannino, che è la nostra psicologa e si occupa degli aspetti legati al sostegno dei ragazzi, lavorando soprattutto nelle scuole; e infine un gruppo di ragazzi che si occupano dei vari aspetti amministrativi e organizzativi.
Volevo però capire, in maniera più specifica, come si lega l’idea al tuo percorso professionale di specialista dei diritti degli adolescenti.
Il progetto nasce appunto dal mio lavoro. Io faccio l’avvocato, ho studiato psicologia e sono sessuologa ed esperta in educazione sessuale: tutte attività che mi portano quotidianamente in contatto con il mondo dei ragazzi e che mi hanno resa cosciente di quanto gli adolescenti siano spauriti e alla costante ricerca di punti di riferimento, a maggior ragione nella società odierna. Prima, infatti, c’era il sogno di diventare adulti, per raggiungere così una stabilità nella vita, data dal lavoro, dalla famiglia e dai cosiddetti diritti acquisiti. Da un po’ di anni a questa parte lo scenario è cambiato e i ragazzi hanno sviluppato una vera e propria paura di raggiungere l’età adulta, che vedono composta da modelli assenti, insicuri, preda di crisi nel lavoro e instabili affettuosamente (i padri e le madri ormai si risposano o cambiano compagno con molta più frequenza rispetto a un tempo). Lo stesso internet è una finestra che apre a tanto, ma fa emergere pure tutta la problematicità del mondo, e questo genera naturalmente paura. L’idea fondamentale è stata dunque quella di passare del tempo con loro, dimostrando che è possibile essere adulti in modo sereno e stabile, che si può essere in pace con se stessi e trovare una propria identità. L’obiettivo è diventato quello di aiutarli a crescere, ma senza imporre loro dei modelli comportamentali, che li avrebbero soltanto spinti a trasgredire e a non accettare le regole (dire ai ragazzi come devono fare è il modo migliore per ottenere l’effetto opposto, in adolescenza è un meccanismo molto normale). Al contrario, l’idea è quella di seguire un principio di autogestione che è insito anche nella nostra legislatura: la legge, infatti, permette ai ragazzi di autogestirsi, anche se non hanno raggiunto la maggiore età, distinguendo ambiti e casi in modo più specifico, anche in materia di sessualità. I termini della sfida adolescenziale vengono quindi a cambiare: non più ragazzi che sono oggetto delle regole degli adulti, ma soggetti capaci di autodeterminarsi dimostrando di essere capaci di fare. La regola non è più un limite, ma diventa il confine di un ambito di operatività: tanto più sei responsabile, tanto più puoi fare.
La sfida vale anche nel senso opposto? Cioè come occasione offerta agli adulti perché si rendano conto delle potenzialità dei ragazzi?
Sì, assolutamente. Tutto sta nel dare una possibilità ai ragazzi e qui si viene a inserire l’idea di AdolescenDay, che è il momento finale di un percorso attivo durante l’anno con scuole e associazioni, in cui i ragazzi si cimentano in modo poi da potersi esibire in questa giornata, dimostrando i “sogni e i bisogni” della loro età. Da un corso di fotografia, ad esempio, può emergere il mondo dei ragazzi, in cui esprimono il loro modo di essere, le loro problematiche, ciò che sperano di fare: è sufficiente guardarli per capire di cosa hanno bisogno, senza che ci sia bisogno di chiederlo direttamente. Naturalmente, in questa dinamica, è importante trovare adulti accoglienti e che non stiano lì soltanto per giudicare.
La struttura dell’evento è poi “itinerante”, si svolge cioè non solo a Taranto, ma anche in altre città d’Italia contemporaneamente. Come si è arrivati a questo?
Siccome per lavoro spesso mi muovo in altre città, ho potuto far conoscere l’idea ai colleghi che vivono in posti come Milano e altri capoluoghi, e tutti hanno risposto con grande entusiasmo. L’A.I.S.P.A., l’Associazione Italiana di Sessuologia e Psicologia Applicata, è anche partner ufficiale dell’evento. Quindi anche nelle altre città in cui viene portato avanti il progetto di AdolescenDay si segue l’idea di un percorso che culmina poi in questa giornata-evento. Lo schema di base prevede sempre il protagonismo giovanile, con gli adulti chiamati ad assistere, fornendo eventualmente un orientamento di massima, fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Una volta sposata l’idea, ogni città la porta avanti nel modo che ritiene più opportuno, offrendo quindi grandi possibilità. È un modello che chiamo “switch education” (educazione capovolta), orientata appunto a fare in modo che il ragazzo acquisisca fiducia in se stesso e faccia vedere quello che vale. A noi adulti spetta il compito di fornire le occasioni giuste e orientarli verso scelte positive.
In una realtà come Taranto quali erano le occasioni che mancavano?
Molti ragazzi hanno trovato particolarmente importante il fatto di avere a disposizione un palco sul quale esibirsi. A Taranto questo aspetto è molto sentito perché non ci sono spazi particolari di espressione, le passioni vengono vissute “al chiuso”, si suona nelle cantine o nelle scuole, ma questo non permette ai giovani di esprimersi in maniera piena e libera. Un altro aspetto che ci interessa è quello di indirizzo verso i consultori, che per legge sono le uniche strutture in cui i ragazzi possono andare senza chiedere permessi (anche i minorenni non hanno bisogno dell’autorizzazione dei genitori): lì ogni ragazzo ha a disposizione psicologi, assistenti sociali, ginecologi, andrologi, avvocati e un’equipe capace di ascoltare e sostenere, senza giudicare. Il che non vuol dire sostituire, ma completare il ruolo dei genitori che dovrebbero vedere di buon grado il fatto che un figlio si rivolga ad un operatore consultoriale, piuttosto che chiudersi in se stesso o fare scelte sbagliate.
Gli enti locali come hanno risposto all’idea di AdolescenDay?
Uno degli obiettivi primari del progetto era anche quello di convogliare l’attenzione delle istituzioni sul tema. Quest’anno sia il Comune di Taranto, con l’Assessorato alle Attività produttive e turismo, che la Regione, con il contributo dell’Assessorato Area politiche per lo sviluppo rurale, hanno deciso di sostenere l’evento, attraverso facilitazioni nell’ottenimento dei permessi e la fornitura di servizi. Ho notato che c’è stata un’autentica attenzione verso il tema e il Comune si è fatto carico di contattare direttamente realtà come il Provveditorato agli Studi o il CONI e la ASL, che con il Dipartimento di Prevenzione è stata presente all’evento e alla presentazione dei progetti che i ragazzi hanno prodotto. Mi riferisco al manuale di educazione sessuale o ai fumetti sull’alimentazione, contro il bullismo: lavori semplici che però testimoniano la possibilità di lavorare su questi temi e di trasmettere dei messaggi che servano al benessere dei più giovani. Forse è proprio un atteggiamento nuovo che sta entrando in circolo e speriamo riguardi un po’ tutti a livello generale: abbiamo, per esempio, dovuto affrontare la protesta di alcuni negozianti infastiditi dall’evento nel centro cittadino… bisogna che tutti comprendano che è ora che i ragazzi amino la città e si riapproprino del territorio. D’altro canto abbiamo anche avuto il sostegno di realtà territoriali importanti come Arridea di Corso Umberto, Legea di via D’Aquino, la Vis Vigilanza e, cosa che ha molto gratificato il nostro impegno, la Camera di Commercio. Ricorderei anche l’Avis comunale e JoAn Tour, un’agenzia di viaggi messa su da due ragazzi estremamente in gamba.
Altro partner importante è la scuola di grafica e fumetto Grafite: la collaborazione con loro come nasce?
L’anno scorso, Cosimo e Veronica stavano organizzando la “finestra” dedicata ai Comics e avevano cominciato a spargere la voce: Gian Marco De Francisco, il coordinatore di Grafite, mi ha contattato via Facebook per proporre la sua scuola, come realtà esperta del settore. Da lì ci siamo incontrati ed è scattata subito un’intesa professionale fortissima. A riprova della cosa, dopo avergli illustrato per bene il progetto, gli ho proposto scherzosamente di realizzare la locandina. Non solo lui l’ha fatto, ma il bozzetto centrava perfettamente l’idea che avevo in mente: sulla torre dell’orologio di piazza Fontana, in Città Vecchia, un ragazzino con il mantello esprimeva benissimo la voglia e la forza di cambiare le cose da parte dei più giovani. La locandina di quest’anno vede lo stesso ragazzino “colorare” la città nei punti in cui passa. L’idea è poi andata ulteriormente avanti con lo spot realizzato da Carlotta Mascolo, un altro giovane talento cittadino, molto brava sia nel disegno che nel canto. Lei rappresenta anche una dimostrazione di come l’esempio positivo possa diventare “virale” e un’idea e un talento, se supportati a dovere, possano dare vita a nuove possibilità professionali: Carlotta, non a caso, ora si occupa anche di fotografia, mentre Cosimo e Veronica si sono inventati l’Otaku Bus.
AdolescenDay, oltre al fumetto, ha anche una sezione dedicata al cinema, di che si tratta?
E’ iniziata il primo anno come piccolo concorso di video, ma già nel secondo – grazie alla direzione artistica di Christian Montanaro, avvocato e filmmaker di Bari – è diventata una competizione per cortometraggi veri e propri, fino alla formula attuale, denominata “A-Day Movies”, che quest’anno ha visto partecipare anche lavori con protagonisti americani, e un evento principale che si è svolto a Bari. Chi ha vinto da noi l’anno scorso, peraltro, è stato premiato anche con il David di Donatello, e per il futuro vorremmo proprio farla diventare formalmente una competizione internazionale.
Questo aspetto è interessante, perché testimonia il fermento che Taranto sta esprimendo in vari ambiti. In questo percorso, ad esempio, ne stiamo analizzando le varie articolazioni in relazione al mondo dei fumetti: è sotto gli occhi di tutti che le iniziative tematiche si moltiplicano, Taranto ha ora anche quattro fumetterie in attività, c’è sicuramente interesse. Come vedi la cosa?
E’ vero, c’è sicuramente tanta voglia di esprimersi e mi piace pensare che AdolescenDay abbia dato la spinta giusta. Per quanto riguarda le attività commerciali che si sono aperte, Antonella Fazio, la bella e brava proprietaria della fumetteria Nakama, ha esposto da noi con un piccolo stand nella scorsa edizione, prima di aprire il suo negozio, e quest’anno è stata fra le protagoniste dell’evento, grazie all’ottimo lavoro svolto con la gara dei cosplay, che ha gestito e presentato direttamente. Anche Niki Biase, youtuber e presentatore della scorsa edizione, ora gestisce una fumetteria. E quest’anno abbiamo anche avuto Aldo Rizzi della Libreria Valhalla: tanti giovani pieni di iniziativa. Dopo la nostra piccola finestra di due ore dello scorso anno è nato il Taranto Comix, che si è svolto a Dicembre del 2014: se centri il cuore del problema e inserisci la chiave giusta, la città rivive e di questo siamo tutti molto contenti.
Fumetti, cosplay, musica… fra i temi toccati c’era anche quello dei videogames.
Lì un grande riconoscimento va pure a Fabio Nitti, di Games Time: anche lui è un ragazzo meraviglioso, e proprio nel suo negozio ho provato l’Oculus Rift che quest’anno abbiamo proposto per la prima volta in Puglia durante i due giorni dell’evento. Lui già di per sé fa una sorta di attività di intrattenimento all’interno del suo negozio, i ragazzi non sono abbandonati a se stessi, ma sono seguiti con attenzione. E’ bello che questi luoghi siano anche dei punti di incontro per i giovani, oltre che delle attività commerciali vere e proprie.
Mi viene spontaneo chiederti cosa pensi nel merito di queste subculture pop.
Molte cose le ho imparate strada facendo, partendo dal confronto con i miei figli che sono molto appassionati (mia figlia ha fatto persino la tesina di maturità sugli archetipi dei supereroi). Poi anche Cosimo e Veronica mi hanno fornito molti input e ho appreso il valore di queste storie, quella che io chiamo la “nuova mitologia”, che permette ai ragazzi di identificarsi con gli eroi e di costruire anche la loro identità attraverso il confronto con simili figure. Ecco perché è utile prestare attenzione al tema. Senza considerare che, nell’attuale momento storico, è un tema che garantisce un enorme indotto: Lucca Comics vive un intero anno sulla sua fiera. Chiaramente nessuno è in grado di mettersi allo stesso livello o di fare paragoni, però l’esempio è virtuoso e si può provare a seguirne le tracce, sempre se c’è la collaborazione di tutti, dalle attività commerciali alle istituzioni.
In effetti viviamo in un particolare momento storico in cui quella che un tempo era subcultura pop sta ora diventando cultura di massa, basta pensare ai film sui supereroi che ormai attirano anche un pubblico che va al di là dei soli appassionati. L’aspetto che in questo caso ci colpisce è il fatto che una comunità di seguaci sia così viva e presente anche a Taranto.
L’anno scorso i ragazzi erano davvero molto felici dell’opportunità rappresentata dall’evento, è come se li avessimo sdoganati, avessimo permesso loro di riappropriarsi della città, anche fisicamente, perché poi i cosplayer si muovevano per le vie del centro: è un aspetto da non sottovalutare, considerando come molti di loro siano abituati a vivere queste passioni sempre al chiuso. I commenti che abbiamo raccolto dalla gente che li vedeva erano molto positivi e, anzi, gli adulti erano colpiti dalla loro capacità di divertirsi con poco e dal fatto che, nonostante questo, avessero le idee molto chiare su ciò che amano. Da parte nostra cerchiamo e cercheremo di lavorare sempre sulla qualità dell’offerta. Ora è il momento di rimboccarsi le maniche e fare.