Qual è la trattativa che racconta Sabina Guzzanti nel suo ultimo film? Ufficialmente quella fra la Mafia e pezzi dello Stato nei primi anni Novanta, quando l’inchiesta Mani Pulite spazza via un’intera classe politica e i capi di Cosa Nostra capiscono di non avere più referenti con cui condurre la consolidata pratica del voto di scambio. Perciò usano le bombe affinché il nuovo corso si pieghi alle loro esigenze e nuove forze si facciano avanti. Per trattare con loro, appunto.
Poi c’è l’altro terreno di confronto, quello fra il cinema e la fiction: le prime battute fanno infatti pensare a un’opera di finzione, basata su una ricostruzione dei fatti, con attori che impersonano i vari personaggi nelle loro “stanze dei bottoni”: i pentiti, i boss, i politici, i magistrati, i poliziotti. Ma a un certo punto il set si allarga, svela la sua finzione e Sabina Guzzanti si presenta al pubblico: “Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo…”
L’attacco non è casuale, costituisce anzi un rimando preciso a Tre ipotesi sulla morte dell’anarchico Pinelli, segmento del film Documenti su Giuseppe Pinelli, diretto da Elio Petri nel 1970. In quel caso, il gruppo di lavoratori, con in testa Gian Maria Volonté, ricostruiva le ipotesi emerse dalle indagini sulla morte dell’anarchico Pinelli: potete vederlo su YouTube e notare come l’accuratezza della ricostruzione sia anche un meccanismo per scardinare le assurdità delle tesi volte a considerare il tragico evento come un semplice suicidio. La riproducibilità del vero, insomma, diventa strumento per smascherare le sue contraddizioni.
Ecco, lo smascherare: la scelta migliore e l’aggancio più preciso al lavoro di Petri e Volonté, Sabina Guzzanti lo compie quando gioca con questo doppio registro. Da un lato ricostruisce in modo documentato e preciso i passaggi della trattativa, dall’altro mette luce l’aura mediocritas di chi l’ha portata avanti. Perché filmare spesso è un gesto che naturalmente evoca un’epica, il canto di gesta loro malgrado ammantate da una grandezza che è quella degli uomini che creano la Storia. Invece, in questa Storia, da celebrare c’è poco, c’è tanto da far emergere e ancor più da comprendere per capire dove si è sbagliato.
Perciò la finzione del set si rivela, ma anche il gioco degli smascheramenti: attori che recitano persone reali e ne mettono in luce l’assoluta inadeguatezza al ruolo, tanto da restituire un clima di totale improvvisazione dove però l’errore riesce ad assurgere a sistema in modo talmente preciso da lasciare campo libero alla malavita. Siamo abituati in fondo a pensare al Male come a un modo di vivere capace di riverberare un suo corrotto fascino, e invece la realtà è che spesso a perpetrarlo sono uomini miseri, privi di qualsiasi virtù, spinti solo dalla voglia di restare a galla. Dove addirittura il mafioso può vergognarsi del politico e non il contrario. E non sembra essercene per nessuno: mafiosi, politici, magistrati, tutti passano per questo filtro che compie l’operazione opposta della glorificazione. Nel riprodurre in fiction le gesta dei personaggi li riporta su un piano materiale che ci mostra la loro miseria.
Così, l’intento informativo e di denuncia è di sicuro interessante, ed è quello che colpirà maggiormente il pubblico che non conosce a fondo i vari passaggi della trattativa: ma l’aspetto più affascinante è quest’opera di disvelamento della mediocrità che rende i personaggi così tragicomici e in un certo senso ci riporta anche al passato satirico dei programmi della Guzzanti, basati proprio sulla deformazione delle maschere, sul gusto grottesco del far emergere la bruttezza interiore giocando con la distorsione dell’immagine esteriore. In questa sarabanda di eventi dove il “gruppo di lavoratori dello spettacolo” mette in scena di volta in volta vari personaggi, ricompare anche la maschera del Berlusconi interpretato dalla stessa Guzzanti, come a creare proprio la continuità col passato.
Ma la risata è breve, il gusto del paradosso è troppo reale, e allora a questo è affidata la chiusura: l’artista si fa avanti e abbandona la ricostruzione documentaria per l’ultimo smascheramento, in cui immagina un’Italia migliore e per farlo mette in evidenza quello che il Paese è diventato. Un film da vedere con attenzione, dunque, per coglierne i vari livelli, magari in parallelo con l’altrettanto interessante Belluscone – Una storia siciliana di Franco Maresco (uscito giusto un mese prima nei cinema, il 4 Settembre). Qualcuno ha giocato al solito confronto per sminuire questa o l’altra opera (perché, chissà come mai, l’idea è sempre che bisogna scegliere), ma in realtà sussiste una certa complementarietà fra i due lavori che li rende entrambi necessari.
Il film sul sito del distributore