Con questo contributo Siderlandia inaugura la rubrica “Taranto com’era”, dedicata alla storia della nostra città prima dell’avvento dell’industrializzazione. A guidarci fra fatti e leggende sarà Roberto Ferretti, giovane archeologo tarantino. Buon viaggio nel tempo!
Per raccontare ed interpretare l’evoluzione di una città bisogna partire innanzitutto dalla sua fondazione. Come data canonica di creazione della città di Taranto si utilizza il 706 a.C., l’anno in cui i profughi provenienti dalla polis di Sparta sbarcano sulle coste ioniche nei pressi dell’area marittima di Saturo. Ovviamente, il merito della creazione di un grande centro urbano, dotato delle ultime evoluzioni architettoniche, culturali e sociali, va dato agli esuli greci, ma molto spesso si ignora che il territorio dell’attuale area cittadina era occupato da un villaggio di genti iapigie. Questa popolazione era insediata soprattutto sul promontorio dell’allora penisola situata tra il Mar Grande e il Mar Piccolo, oggi conosciuta come Città Vecchia; per la precisione, gli scavi archeologici ne hanno ritrovato le tracce al di sotto di Largo San Martino e della chiesa di San Domenico. Gli Iapigi avevano già frequenti scambi commerciali con l’area greca, come dimostrano i ritrovamenti di ceramica micenea nella zona di Scoglio del Tonno. Tuttavia, quando videro navi greche avvicinarsi alle loro coste essi non immaginavano di dover lasciare le loro case in mano a degli invasori.
Ma chi erano questi greci? Essi erano denominati Partenii, e a capo della spedizione vi era Falanto, il futuro ecista di Taranto. Sull’origine dei Parteni si è discusso molto nei vari convegni storico-archeologici, ma le testimonianze letterarie a cui si fa maggiormente riferimento sono di due autori greci: Antioco ed Eforo. Antioco narra che, durante la guerra fra Sparta e Messene, gli Spartani che non vollero partire per il fronte furono declassati socialmente al livello di schiavi (iloti) e i loro figli nati durante il conflitto subirono la stessa sorte. Lo stesso Falanto viene descritto calvo e con la kunè sul capo, un berretto che ne connotava la condizione di schiavo. Chi però dà una significativa interpretazione al denominativo “Parteni” è Eforo, il quale narra che durante la guerra messenica le donne spartane si recarono al fronte ponendo un problema agli uomini: la diminuzione delle nascite. Per risolvere questo dilemma furono rimandati in patria vari soldati che si unirono con le parteniai (vergini), ma anche se nati da unioni fra cittadini eguali, alla generazione che si venne a creare non furono riconosciuti alcun genere di diritti, per ragioni ancora da chiarire.
Fra le due versioni ci sono delle differenze importanti, forse dovute, come spesso accade nelle ricostruzioni storiche, a rimaneggiamenti propagandistici che fanno apparire i Tarantini come figli di disertori e schiavi (Antioco), oppure a momenti di riavvicinamenti diplomatici, in conseguenza dei quali la leggenda viene modificata non mostrando più alcuna differenza con i cittadini della madrepatria (Eforo). Tuttora gli studiosi cercano di dare una risposta al problema storiografico, ma su un fatto sono tutti concordi: questa nuova generazione, nata durante la guerra, complottò contro Sparta, e gli Spartani, scoperta la congiura, decisero di esiliare questi individui dalla Grecia. L’oracolo di Delfi predisse allo stesso Falanto: “Popolate la grassa terra degli Iapigi e siate la loro rovina. Quando vedrai piovere dal ciel sereno, conquisterai territorio e città”. Seguendo queste indicazioni i coloni sbarcarono sulle coste di Saturo, dove la leggenda racconta che Falanto vide lacrimare la sua compagna Ethra (“ciel sereno”) e capì di essere giunto nella terra indicatagli a Delfi.
Sulla fondazione di Taranto si potrebbe discutere per giorni e giorni senza arrivare ad una soluzione definitiva. Le lacune nelle fonti, e soprattutto le discordanze storiche, non aiutano gli studiosi, ma solo una cosa sembra sicura: Taranto nasce non come un’espansione di una città in un altro territorio, ma come un nuovo posto dove vivere, un luogo dove gli esuli potessero creare un mondo nuovo in cui avrebbero evitato gli errori della patria che li aveva cacciati. Basterà solo un secolo alla città di Taranto per emergere fra le varie colonie greche in Italia, dominando la scena politica fino al III secolo a.C., quando solo una città emergente del Lazio riuscirà a domarla e conquistarla, una città chiamata Roma.
BIBLIOGRAFIA
Moggi, Taranto fino al V secolo a.C., in Taranto e il Mediterraneo, Atti del XLI Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto, 12-16 ottobre 2001), Taranto 2002, 45-78.
M. De Juliis, Taranto, Bari 2000.